L’idea prevalente nel mondo della danza è che il corpo, il talento e la duttilità della persona che danza siano al servizio dell’idea coreografica dell’opera d’arte che il coreografo immagina.

                     L’insegnante/coreografa si pone al servizio della manifestazione dei contenuti vitali, personali e

                     relazionali delle danzatrici e dei danzatori: offre degli stimoli per far emergere i contenuti interiori.

                     Queste idee, emozioni, intuizioni prendono forme dinamiche originali che di fatto diventano

                     una coreografia libera, ogni volta rinnovata. 

Un ingrediente essenziale è l’ascolto. Ascolto di sé, dello spazio, degli altri. E’ presenza palpabile, materia viva, verità dell’essere. Così la danza diventa una sorta di  rilevatore geiger del nostro essere. Uno specchio della nostra persona e delle nostre relazioni.

In liberadanza non si parla di un ideale di bellezza o di perfezione di esecuzione. C’è una bellezza altra. Ha luogo una trasformazione dell’estetica corrente. Diventa bellezza l’essenza di ogni essere umano nella sua globalità, con la sua verità e la sua autenticità.

Un’altra sua caratteristica primaria è l’assenza di giudizio. Solo in quel clima aperto, accogliente, non competitivo, le persone sono veramente libere e in grado di esprimere e far emergere i propri impulsi originari nel movimento e nell’espressione: la strada maestra per accedere alla creatività del corpo. In liberadanza  idealmente quello che muove è l’anelito all’essenza umana.

Infine liberadanza è relazione. Relazione tra le singole persone o con l’intero gruppo. Le interazioni danzate portano in superficie la materia vitale umana, pulsante e intensa. E’ in questa accezione che anche la danza amatoriale diventa “professionale”.