Funzione non realizzata
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UNITÀ TEMATICA N. 1
IL CORPO DANZANTE

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DELLA UNITÀ TEMATICA

come strumento di coscienza di sé nel mondo
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Pensare che non abbiamo un corpo ma siamo un corpo che contiene in sé tutti gli elementi, fisici e spirituali, che costituiscono la nostra vita nella sua pienezza. Un corpo/essere inteso come inscindibile unità psicofisica che, non esistendo nella nostra lingua, un vocabolo adeguato per definirlo, chiamerò corpo “vivente”.

 

Pensare al corpo vivente come realtà ontologica che permette, attraverso un’esperienza vitale diretta, di entrare in contatto con il mondo. Come organismo attivo con cui l'essere umano riceve sensazioni sinestetiche dal mondo per poi filtrarle, interpretarle, rielaborarle e comunicarle in pensieri parole e atti. Un corpo come realtà globale e attiva dell’esserci umano nel mondo, che tuttavia nel tempo è stata scissa e variamente repressa, controllata e condizionata dalle visioni dominanti nella società (secolare scissione/opposizione filosofica e religiosa corpo/spirito, e conseguente svilimento e repressione della fisicità, ancora oggi non pienamente superati; manipolazione medico scientifica che frantuma il corpo vivente in oggetti di studio separato; controlli comportamentali sociali (esempio attuale la civiltà capitalistica, che vede il corpo/oggetto come fonte di consumo e impone modelli di comportamento massificati attraverso le reti di comunicazione; ecc.).

 

Pensare alla danza come fenomeno antropologico innato, attività originaria dell'essere umano, sempre esistita, che usando il corpo vivente in tutta la sua realtà olistica come sensore relazionale per ricevere -dall'interno e dall'esterno della persona- gli impulsi dinamici di trasformazione del e nel mondo, permette un’utilizzazione piena dell’essenza psicofisica del corpo attraverso il movimento e induce l’attivazione di un diverso percorso di pratiche e di pensiero che contribuiscono a sviluppare e valorizzare la capacità di trasformare creativamente se stesso e la realtà, che l'essere umano possiede.

Pensare al corpo danzante, che agisce cioè secondo modalità totalizzanti, extra-quotidiane e creative, come a un’intensificazione della sua adesione alla vita stessa, una diversa possibilità espressiva e comunicativa di relazione con il mondo, con gli oggetti, le persone e la natura intera; come stato esperienziale dell’essere versatile, complementare, complesso e multiforme, che consente agli studiosi di riscoprire e analizzare il corpo vivente, nelle molteplici sfaccettature intrinseche e implicazioni relazionali osservate nell'individuo e nella collettività, implicando prospettive di volta in volta differenti - antropologica, sociologica, pedagogica, psicologica, filosofica, politica, scientifica, artistica, storica ecc. – e contribuendo ad arricchire le conoscenze di ciascuna disciplina con sguardi inediti; come opportunità per ogni persona di scoprire e sperimentare consapevolmente le potenzialità del proprio corpo vivente e raggiungere una qualità più presente e creativa dell’esistenza anche nei comportamenti individuali e negli usi sociali quotidiani.

Autore

Alessandro Certini

Q.6

IMPROVVISAZIONE

Guardarsi dall'esterno. Improvvisazione...
... come scelta istantanea di movimento,
in bilico tra:
intenzione e ascolto (di sé e del con-te-sto)

Sintesi finale sull'insegnamento

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Inviato il 25/11/2021

Processi di autoformazione e conoscenza attivabili con la pratica dell'Improvvisazione

 

ATTIVITA’ ESPLORATIVA

Esplorare il mistero dell’imprevisto nel movimento con un pensiero aperto al subitaneo, a partire dalla percezione della propria fisicità e dal proprio immaginario, per andare oltre il gesto quotidiano ed il pensiero che lo sostiene. Integrare la materia del corpo alla materia del pensiero.

 

PROCESSO FORMATIVO

Imparare a dare forma ai movimenti aperti al cambiamento costante, in un processo creativo integrato, fatto di connessioni tra pensiero, corpo e corpi, tempo e spazio. Coltivare una duplice visione di sé, dall’interno e dall’esterno. Integrare l’immaginazione personale all’immaginazione collettiva.

 

FINALITA’ ATTESE NELLO SPECIFICO

Favorire la qualità del salto immaginativo della narrazione corporea nella danza, creando legami, interconnesioni, intrecci significanti, e facilitare la lettura del movimento, attraverso una pratica dell’ascolto della propria interiorità e del contesto (con-te-sto), in un agire condiviso orientato da decisioni di composizione estemporanea.

 

FINALITA’ ATTESE A LIVELLO ESISTENZIALE

Divenire autori/autrici del proprio movimento, attraverso una costante presenza mentale e decisioni consapevoli, senza avere aspettative precostituite o reazioni automatiche.

 

 

PAROLE CHIAVE

agire condiviso

percezione della propria fisicita'

pensiero aperto al subitaneo

processo creativo integrato

costante presenza.

 




                 VIDEO CORRELATI ALL'INSEGNAMENTO

                 Black Box. Progetti d’improvvisazione

                 Sentimento journey. Una rappresentazione ironica di danza,

                 voce e musica dal vivo.

 

P R O C E S S I  

D I   A U T O F O R M A Z I O N E   E  C O N O S C E N Z A

A T T I V A B I L I   P R A T I C A N D O   L' I M P R O V V I S A Z I O N E

 

 

A T T I V I T A’   E S P L O R A T I V A 

Esplorare il mistero dell’imprevisto nel movimento con un pensiero aperto al subitaneo, a partire dalla percezione della propria fisicità e dal proprio immaginario, per andare oltre il gesto quotidiano ed il pensiero che lo sostiene. Integrare la materia del corpo alla materia del pensiero.

 

La danza non è per tutti, è per chi vuol danzare. 

 

Penso sia essenziale che chi si vuole avvicinare all’improvvisazione si consideri un “non danzatore”, ipotizzando un ambito artistico inclusivo di tutto ciò che appartiene al movimento, in cui si vive la scena a partire dalla semplicità dei consueti movimenti del quotidiano, ma che comunemente non vengono considerati danza. Si parte tout cour dal movimento in generale (quello funzionale allo svolgimento delle consuete azioni del vivere) e si entra solo in seguito nella specificità dei gesti della danza. In questo tipo di esperienza il lavoro artistico “deve” adeguarsi alla propria fisicità, alle proprie visioni e alle proprie consuetudini di pensiero.

E’ il corpo che ci permette di esistere. Ci riconosciamo perché abbiamo un corpo atto a muoversi e a riempire la nostra esistenza. La consapevolezza del corpo diventa quindi essenziale per renderlo uno strumento duttile, adatto ad accogliere e pensare il movimento.

La capacita' fisica del danzatore va nutrita da un lavoro tecnico attento e rispettoso del corpo; un lavoro consapevole, per stimolarne ed ampliarne le caratteristiche fisiologiche, e disporre al meglio il proprio movimento nel tempo e nello spazio. Il corpo che si muove dà senso alla danza in un sistema di relazione, di interazione con l'ambiente e con gli altri; una danza che anche mentre fa spettacolo, continua a ricercare -nella possibilità tecnica del movimento- come trasformare il “corpo danzante” per renderlo sempre più “corpo naturale”; un corpo che, nonostante il cambiamento che ha subito nella danza, rimane sé stesso, visto che lavorare nella danza, con atteggiamento creativo e al tempo stesso analitico, trasforma l'estetica, ciò che si manifesta all'esterno, racconta dell'interiorita' che sostiene il pensiero.

 

La danza in quanto movimento è qualcosa che "c'è", come la musica in quanto suono. Ognuno può ascoltare, guardare e toccare i suoni e il movimento e riconoscerli come musica o come danza dal suo particolare ascolto e dalla sua lettura, interpretandoli con i propri strumenti conoscitivi; ma lo si può fare grazie alla loro presenza materica e al contesto che si può percepire concretamente.

Quando dico “danza” penso alla costruzione di movimenti originabili in un ambito creativo dove colui che si muove produce legami tra pensiero e gesto, tra corpo e corpi, tempo e spazio. Si tratta in definitiva di attivare relazioni, creare un linguaggio fisico lucido e consapevole nel contesto in cui ci si trova (teatro, sala, natura, strada, casa).  Questo modo di porsi può essere di grande aiuto per l’ispirazione e per la pratica artistica della composizione estemporanea e dell'improvvisazione; esperienze che sono destinate a non ripetersi nel tempo nella stessa forma originatasi in quell’istante; in cui il danzatore è tenuto ad aprirsi all’inaspettato, magari riscoprendole e raffinandole, elaborando un processo di ricerca (inclusivo) momento per momento.

 

In questo senso la danza d’improvvisazione,  unisce la materia del corpo alla materia del pensiero e si basa sulla trasformazione dei legami. Il processo dell'improvvisazione è aperto al cambiamento costante, alle variabili di ogni performer, facilita e allo stesso tempo permette la condivisione delle idee. Il pensiero cambia in presenza di un’altra persona vicina o di fronte a chi danza. Dentro ci sta tutto ciò che già conosciamo e ciò che ancora non conosciamo, qui e altrove. Senza i suoi legami la danza rimarrebbe una elementare esercitazione fisica, priva di significato godibile.

Si tratta di concepire il “disegno del movimento”, il gesto, immediato e articolato, vincolato allo spazio e al tempo, cercando di mantenere viva l’estemporaneità di ciò che si sta facendo, immersi nel mistero nell’imprevisto.

 

 

P R O C E S S O   F O R M A T I V O

Imparare a dare forma ai movimenti aperti al cambiamento costante, in un processo creativo integrato, fatto di connessioni tra pensiero, corpo e corpi, tempo e spazio. Coltivare una duplice visione di sé, dall’interno e dall’esterno. Integrare l’immaginazione personale all’immaginazione collettiva.

 

Il “non danzatore” predilige un approccio che, anche se con gradi diversi di consapevolezza, si radica nella percezione del movimento piuttosto che nella sua forma, convinto che conoscere la materia con cui si sta lavorando introduce comunque un cambiamento del pensiero intorno al processo in atto e quindi intorno al risultato di tale processo. La sua attenzione è rivolta a ogni movimento e fa sì che la 'forma' della danza sia secondaria rispetto alla percezione della 'materia' (il corpo).

 

Ma cosa fa il non danzatore quando danza, da solo o insieme ad altre persone?

Crea legami, interconnessioni, intrecci.

 

Lavora sull’attivazione consapevole di relazioni tra elementi presenti nel contesto dato, in grado di comunicare qualcosa alle persone che danzano o che semplicemente osservano.

Danzare pone il corpo nel tempo e nello spazio (ovviamente) ma è altrettanto importante integrare, attraverso il movimento diversi altri fattori essenziali: pensiero (passato, presente e futuro) e sentire del corpo (interno ed esterno); progetto e memoria (ogni gesto appena fatto è già nella memoria); immaginazione personale (idea-ideale) e immaginazione collettiva (visioni).

In questo senso la danza d’improvvisazione,  unisce la materia del corpo alla materia del pensiero e si basa sulla trasformazione dei legami. Il processo dell'improvvisazione è aperto al cambiamento costante, alle variabili di ogni performer, facilita e allo stesso tempo permette la condivisione delle idee. Il pensiero cambia in presenza di un’altra persona vicina o di fronte a chi danza. Dentro ci sta tutto ciò che già conosciamo e ciò che ancora non conosciamo, qui e altrove. Senza i suoi legami la danza rimarrebbe una elementare esercitazione fisica, priva di significato godibile.

Ma per poter inteagire, condividere, capire, integrare, confrontare, incontrare, ci si deve attrezzare.

Danzare insieme, sia per il piacere di farlo, che per fare spettacolo, è compiere una scelta: ci si assume una responsabilità nella comunicazione; una scelta delle parole che va sperimentata all’interno di un linguaggio comune. Quello che si sente di essere, come scegliamo di essere, i modi e i toni che scegliamo di utilizzare, fanno parte del linguaggio della danza. Acquisire e coltivare, in tali percorsi, una buona libertà di scelta, presuppone che ci si lavori con una costante attenzione.

Una pratica di singolare importanza, per governare l’insieme del percorso e la qualità stessa della danza, è coltivare un doppio sguardo su di sè: uno più tendenzialmente oggettivo, immaginando di guardarsi dall’esterno; l’altro più interno e soggettivo, centrato sulla percezione della propria interiorità.

 

 

F I N A L I T A’   A T T E S E   N E L L O   S P E C I F I C O

Favorire la qualità del salto immaginativo della narrazione corporea nella danza, creando legami, interconnesioni, intrecci significanti, e facilitare la lettura del movimento, attraverso una pratica dell’ascolto della propria interiorità e del contesto (con-te-sto), in un agire condiviso orientato da decisioni di composizione estemporanea.

 

L’insegnamento è un atto complesso, che presuppone scelte a vari livelli, anche nella relazione interpersonale tra chi insegna e chi studia; ma in ogni caso insegnare significa fornire - alla persona che ti ha scelto come riferimento per approfondire un determinato sapere - gli strumenti necessari per impararlo e utilizzarlo in autonomia, e a sua volta sviluppare un percorso indipendente.

Per trasmettere le modalità della danza d’improvvisazione è necessario stimolare chi la pratica ad essere autore consapevole del proprio “pensare in movimento”. Passare dalle azioni della danza e del quotidiano al territorio dell’improvvisazione presuppone infatti un salto immaginativo che permette di attraversare ciò che ci è familiare (muoversi per ottenere un risultato) verso un “pensiero aperto al subitaneo”, pronto ad accogliere l’inaspettato. Questo salto non può esserci in assenza dell’ascolto, che è concreto ma allo stesso tempo sorprendente. L’ascolto, comunque fondamentale per la danza in genere, diventa indispensabile per l’improvvisazione, che è radicata nel presente e accetta tempi di riflessione e di valutazione immediati, ma non “giudicanti”, anche se la valutazione è la base della riflessione e dell’analisi.

 

Ma la danza nell'ascolto può avvenire solo se si sono acquisite le condizioni “per il salto”; se si è disponibili a passare, senza timore, in un territorio imprevedibile e nuovo.

Importante imparare ad agire con una presenza consapevole, intuitiva e istantanea, esercitandosi a riconoscere - tra le numerose alternative che ci arrivano dal contesto (con-té-sto) “il pensiero” che riteniamo volta-volta più opportuno privilegiare, con una immaginazione libera da aspettative precostituite.

 

Nel lavoro improvvisativo non si ragiona nei termini tradizionali del comporre scenico, ma di una costante presenza mentale sostenuta da una costante decisione, in cui “pausa” e “azione” sono parte dell’esserci e dove il momento della riflessione va ridotto al minimo e contiene l'intervallo che precede ogni scelta. Nell’improvvisazione il non fare non corrisponde a non saper cosa fare: è una decisione, una azione ben precisa nella composizione, una scansione del tempo per misurare il movimento. In questo modo ci si predispone ad acquisire una costante consapevolezza del proprio agire, cercando di evitare le “reazioni automatiche”.

 

Solo chi guarda e chi danza - sia pure da punti di vista diversificati - può attribuire  significati godibili ai movimenti compiuti, ma è comunque evidente che la danza "esiste" in quanto "tangibile" presenza "a prescindere" da chi guarda o dalle intenzioni di chi danza.

Essere consapevoli di questo duplice aspetto, che ironicamente possiamo chiamare “duplice verità”, cercando di immaginare - istante per istante - la concreta ricaduta sull'immaginario (nostro o altrui) del movimento che stiamo compiendo, costituisce uno strumento essenziale di “consapevolezza” affinché il proprio movimento venga percepito e quindi letto come danza.

 

 

F I N A L I T A’   A T T E S E   A   L I V E L L O   E S I S T E N Z I A L E

Divenire autori/autrici del proprio movimento, attraverso una costante presenza mentale e decisioni consapevoli, senza avere aspettative precostituite o reazioni automatiche.

 

Nel lavoro improvvisativo non si ragiona nei termini tradizionali del comporre scenico, ma di una costante presenza mentale sostenuta da una costante decisione.

Fare un certo tipo di lavoro tecnico porta a coltivare un corpo che possa parlare, raccontare.

 

Coltivare l’attenzione alla percezione, e quindi ai sensi del corpo, nutre la consapevolezza del sistema propriocettivo, determinante nell’ascolto di sè e non solo.

Il lavoro sulla percezione instaura un meccanismo raffinato di comunicazione -quindi di creatività e di interazione nella relazione- che rende il corpo il più adatto possibile all’agire condiviso; nella pratica dell’improvvisazione si depositano le percezioni che attraverso i sensi, sostengono la comunicazione con l’esterno. Il corpo infatti è anche uno strumento comunicativo; e proprio per questo ci permette di rappresentare e di sublimare la vita stessa.

Per il corpo strumento, che dice a me quello che io mi sento di essere e a chi guarda quello che il proprio sguardo riesce a leggerci, ci sono vari modi di scegliere quale tipo di tono utilizzare: ti confronti con il tuo gusto, ti eserciti ad osservare cos'è che vuoi dalla danza che fai.

 

Si delineano così con chiarezza i due elementi costitutivi inseparabili dal corpo: il movimento e la percezione. Praticarli e nutrirli entrambi diventa essenziale per dare consapevolezza al corpo stesso.

Di questi due elementi vive il pensiero di chi danza, sia esso autore o interprete, in quanto persona in carne ed ossa.

 

 

PARTECIPANTI

REFERENTI DELLA UNITÀ TEMATICA

Eugenia Casini Ropa

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