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Autore

Luigi Lombardi Vallauri

MEDITARE IN OCCIDENTE

Corso di mistica laica

da Luigi Lombardi Vallauri, Meditare in Occidente. Corso di mistica laica, Parte prima LE VIE,  Le Lettere, Firenze 2015.

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Inviato il 15/10/2020




LA VIA DELLA PACIFICAZIONE PROFONDA

E DELLA VIGILE CONSAPEVOLEZZA

 

Questo è un corso di mistica, e la cosa più mistica del corso è proprio che nell'universo, su un piccolo pianeta bellissimo, accadano corsi di mistica, qualcosa di altamente improbabile. Mistica per me vuol dire un incontro diretto con l'altamente significativo, dove il significato non è quello logico come quando si dice "questa frase non ha significato", ma è quello esistenziale come quando si dice "senza di te la mia vita non ha significato"; oppure è il significato valoriale come quando si dice "questo quadro è insignificante, è senza valore", oppure è addirittura il significato sapienziale come quando si dice che la filosofia è una ricerca della spiegazione ultima o una teoria dell'esperienza suprema, una teoria sul significato ultimo del mondo e della vita.

È di questo tipo di significato che si occupa la mistica.

Se vogliamo avere un'idea della differenza tra il significato logico e il significato esistenziale, possiamo anche ricorrere alle emozioni, alla musica. Io mi ricordo un brano, solo un brano incompleto di forse quarant'anni fa, di una canzone che non ho ritrovato e che diceva "I’ll never know what made you run away … I only know there’s nothing here for me, nothing, in that squalid world, worth for me to see". "Ora che tu sei scappata via e non saprò mai perché, non c'è niente in that squalid world, in questo mondo squallido, che abbia valore per me, se tu non tomi ancora una volta, once again." Lo stesso concetto di significato esistenziale si trova in moltissime canzoni, io ne ho scelta una: My world is empty without you, Il mio mondo è vuoto senza di te.

Essendo un'esperienza diretta la mistica non è un discorso. Non è mistico avere in proprio possesso tutte le frasi essenziali vere sul mondo e sulla vita, che è lo scopo dei filosofi. La mistica è un'esperienza diretta, emozionata, non fatta di parole. Quindi la filosofia può prepararla, può criticarla, ma non può esserla.

Un altro equivoco sulla mistica è che debba esser un'esperienza basata sulla religione e sul soprannaturale, cioè sulla fede in degli aldilà rivelati. Io qui parlerò di mistica naturale, cioè di esperienze umane che non esigono un credo religioso particolare. Queste esperienze io le chiamo le sorelle maggiori dell'anima, cioè le possibilità mistiche offerte da sempre all'anima, o forse meglio al corpo-mente umano. Grandi sorelle a cui il piccolo uomo nella sua piccola esperienza dà la mano, si lascia prendere la mano da loro, quale che sia la sua religione o la sua non religione. Se vogliamo avere un'idea di quella che può essere un'esperienza mistica senza contorni di persone soprannaturali e di dogmi, possiamo ascoltare due minuti di Lux aeterna di Ligeti: è una musica tipicamente mistica, anche se non esprime un credo religioso particolare .

 

GYÖRGY LJGETJ, Lux aeterna

 

Secondo me il bisogno di mistica assilla l'uomo quasi quanto il bisogno di pane. Forse anche gli animali hanno un'esigenza di mistica: mi hanno detto che dei topi, messi davanti a un pulsante che permetteva di ottenere l'orgasmo e a del cibo, sono morti di fame. Si vede che il nostro cervello ha questa esigenza di incontro con l'altamente significativo. E' un bisogno umano laico. Se laico non equivalesse di solito a non-mi stico, io direi -anzi lo dico proprio- che questo vuole essere un corso di 'mistica laica'.

Se dovessi scegliere un unico motto per questo corso, anzi per la mia mistica, io sceglierei la frase di Wittgenstein, forse la più famosa frase sulla mistica di un filosofo contemporaneo: "Che il mondo è, è il mistico", è la cosa mistica. Non c'è niente di più certo, di più laico, oserei dire di più terra -terra e al tempo stesso di più infinito e di più mistico, che un mondo è, che questa bolla universo si è formata nel modo in cui ce l'ha fatta a formarsi, ha trovato o creato lo spazio, si è allargata nello spazio o ha allargato lo spazio, ce l'ha fatta a essere nel modo in cui ce l'ha fatta, nel preciso modo in cui ce l'ha fatta: "che il mondo è, è il mistico". Quindi per me la mistica è un humanum laico, è laica come sono laici la matematica, il viaggio, l'innamoramento, l'arte, tutte le cose vere e belle, indipendenti dalla religione.

Parlare di mistica è serio e non facoltativo, come parlare di pane.

 

Che cos'è la meditazione? Io faccio meditazione da più di venticinque anni, ma non mi è facile spiegarla. Ricordo mio padre,un ingegnere umanista che amava tutti gli aspetti terrestri della vita, e lo rivedo ancora, vecchio, chiedermi: "Luigi, ma che cos'è questa meditazione?" E io gli dicevo: "Papà, te lo spiego in media una volta ogni sei mesi e allora se non te lo ricordi è inutile che me lo chiedi ancora una volta". Però mi rendevo conto che in realtà non glielo avevo spiegato proprio bene. Lui non capiva come mai io, che ero dotato un po' per tutto, invece di entrare, per esempio, in politica, facessi meditazione. Per me la meditazione è una ricerca metodica di mistica. Chiamerei meditazione ogni pratica psicospirituale propiziatrice di mente mistica profonda. La meditazione è via alla mistica, è via alla contemplazione.

Spesso uso anche un'altra definizione: meditare è generare in me la mente che più desidero, la mente che più completamente approvo. Se la definiamo così è chiaro che tutti gli uomini dovrebbero meditare, solo i superficiali potrebbero permettersi di vivere senza meditare. Dunque meditare è ottenere la mente che io personalmente approvo, la mente mistica che io personalmente approvo.

 

Perché io l'approvi deve essere conforme alla mia visione del mondo. Quindi meditazione e visione si generano l'una con l'altra. La visione filosofica dice al meditante quale mente sarebbe desiderabile, ma d'altra parte fare meditazione fa apparire le cose in una prospettiva diversa : la visione può cambiare, meditando. Molte costruzioni solo di parole cadono, per esempio, e sono sostituite da un risveglio alla realtà. Quindi, anche se la meditazione è regolata dalla visione, la meditazione porta con sé la propria regola. Meditazione e visione si generano a vicenda. È chiaro che un credente in Dio avrà una visione diversa da un non credente, uno scienziato avrà una visione diversa, forse, da un'artista, e quando fanno meditazione sono guidati da visioni diverse; ma la meditazione, l'ho detto, porta anche con sé la propria regola.

 

Un po' lo stesso si può dire dei rapporti tra meditazione e vita: la meditazione da sola, senza una vita yogica che la sostenga, è poco efficace: non si può fare meditazione su una barchetta agitata dalle onde. Però bisogna anche dire che una vita yogica deve essere preparata dalla meditazione, deve essere sostenuta dalla meditazione. Tra le due forse la più importante è la vita, la meditazione è per la vita e non la vita per la meditazione, ma anche qui si sostengono l'una con l'altra. E qui nasce il problema importante delle scelte di vita.

 

.\

Molte volte il bene della meditazione dura esattamente quanto la meditazione, invece le scelte di vita hanno una portata che copre tutta l'esistenza, quindi è più strategico forse fare delle scelte giuste che fare meditazione. Per esempio la scelta di far cadere l'inessenziale, la scelta di non sopravalutare la ricchezza, il potere, la carriera o le gratificazioni sentimentali. O la scelta di passare al vegetarianismo, la scelta di ridurre i consumi che danneggiano la lucidità mentale, abbandonare una religione che non ti convince: ecco, queste scelte sono strategiche, però, date le abitudini e data la paura, possono sembrare addirittura eroiche.

Allora io, tante volte, dico che per le mezze nature che non sono capaci di fare scelte strategiche, di prendere decisioni risolute, queste scelte possono essere sostituite dal frequentare la profondità. Frequentare la profondità attraverso la meditazione. E sarà la profondità a prendersi cura delle scelte. Come accade questo? Io non so fare un passo molto grande, ma so, per esempio, decidere di fare meditazione mezz'ora al giorno, un passetto molto piccolo. A poco a poco quella piccola mezz'ora sostituisce la cosa grande, un po' come nel calcolo infinitesimale, alla fine trasforma, come la goccia d'acqua, il gusto. E fare il grande passo diventa sempre più facile, anzi il passo non è più nemmeno grande, diventa molto piccolo, sì, e la decisione si prende da sé.

La grande decisione eroica diventa una spontaneità.

 

In questo corso propongo dei tipi di meditazione che ho sperimentato per circa venticinque anni, sia da solo che nei gruppi di meditazione che ho fondato a Firenze e a Milano, e queste meditazioni, pur non essendo supreme, sono comunque delle meditazioni che indicano nella giusta direzione.

 

Queste meditazioni si trovano all'intersezione di Oriente e Occidente. Io ho intitolato il corso "Meditare in Occidente" proprio perché non è ovvio meditare in Occidente. Non avrei detto "fare scienza in Occidente" e non avrei detto "meditare in Oriente", perché si sa che l'Occidente fa scienza e l'Oriente medita.

Cosa vuoi dire meditare in Occidente? Vuol dire meditare da occidentali, perché siamo occidentali. Ma io credo che ci sia una ragione più profonda della sintesi Oriente-Occidente, cioè mi sono convinto che il meglio delle grandi tradizioni culturali forse si salva non all'interno chiuso dell'una o dell'altra, ma all'intersezione dell'una con l'altra.

Per esempio l'India tende a degenerare, se rimane chiusa al proprio interno, in superstizione, e d'altra parte un mondo completamente dominato dalla cultura euro-americana, diciamo modonaldizzato, sarebbe spaventoso. Occorre quindi che gli occidentali e gli orientali, diciamo per esempio gli indiani (perché l'India è forse la grande riserva di senso non euro-americano che rimane a questo mondo), che gli uni e gli altri si aprano alla dimensione complementare, non rinunciando in nulla alle reciproche intimazioni, scientifiche, estetiche, etiche, spirituali .

 

THE MAHABHARATA-ORIGINAL SOUNDTRACK, Svetasvatara Upanisad

 

Ho detto che in questo corso vorrei proporre tre vie del meditare in Occidente: la via della consapevolezza, la via della scienza, la via delle emozioni.

La prima via, che forse più completamente si può chiamare della pacificazione profonda e della consapevolezza, occuperà quello che resta di tempo oggi.

Nelle prossime due ore parlerò della meditazione sulla scienza, della meditazione che usa la scienza come una via di contemplazione, come balcone aperto sui quattro infiniti.

 

La meditazione di pacificazione profonda e di consapevolezza è quella tradizionale in Oriente. È chiaro che si tratta di una via autonoma e forse somma, ma in questo corso, oltre che presentarla come una via, una grande via, mistica, io la userò anche come esercizio base che prepara le altre meditazioni, quella sulle scienze e quella sulle emozioni .

Perché è come una stesura del fondo dell'affresco sul quale poi possono essere disegnate le sinopie. Una mente non preparata dalla calma profonda e dalla vigile consapevolezza, una mente che si porta dietro i suoi condizionamenti, i suoi grovigli di guai, i suoi riferimenti autobiografici, non è una mente che si possa spalancare, che si possa affacciare sugli infiniti.

Secondo testi orientali la pacificazione profonda, che qui potremmo chiamare samadhi, e la consapevolezza discernente, vigile, che qui possiamo chiamare vipassana o sati, sono come le due ali di un unico volo. Non si può volare con un'ala sola, non basta la pacificazione profonda senza l'esercizio della consapevolezza, e non basta l'esercizio assiduo della consapevolezza se non si è ottenuto un grado, almeno sufficiente, di pace mentale.

 

A questo punto, io invece c e parlare di meditazione di pacificazione profonda vorrei cercare, anche con l'aiuto della musica, di generare in me e in voi la mente della pacificazione profonda, quindi io provo a proseguire con una meditazione guidata e vi invito a cercare di fare quello di cui si parla.

 

TONY SCOTT, Music for Zen Meditation: Is Not All One

(poi come sfondo)

 

Siate verticali, non protesi in avanti,

per esempio verso il futuro, verso le cose da fare, verso quello che vi

aspetta,

e nemmeno indietro,

verso il passato, la vostra storia; le vostre storie, la vostra autobiografia .

Siate verticali nel presente.

 

Chiudete le porte dei sensi, chiudete gli occhi, gli orecchi.

 

Adesso fate silenzio dentro di voi, ci sia solo buio vivo, buio vibrante.

Solo pura coscienza, niente immagini, se possibile.

Niente colori, profili, forme, paesaggi, sagome.

È molto difficile sopprimere le immagini, tendere

al grande vuoto vibrante.

Proviamo a lasciarle cadere.

 

E lasciamo cadere, lasciamo andare i pensieri discorsivi.

Lasciate cadere ogni frase appena si forma .

Lasciate i commenti.

Ripulite la mente dai commenti.

Ripulite la mente dai discorsi.

 

Questo è un po' più facile, è abbastanza facile accorgersi che uno sta cominciando un discorso dentro di sé, e !asciarlo cadere, lasciarlo andare.

 

Concentrate la mente, come un raggio laser, in un unico punto all'altezza del cuore, lungo la linea verticale c4e passa attraverso la sommità della nuca e la colonna vertebrale; dirigendosi da Un lato verso il centro di gravità del pianeta e dall'altro verso lo spazio cosmico.

 

Sentite il punto del cuore lungo la linea e sentite l'intera linea.

Fate verticalità.

 

Sentite la forza di gravità che vi preme contro il pianeta Terra.

 

Noi crediamo di essere sul pianeta con la testa in alto e i piedi in basso, in realtà per gli uomini degli antipodi siamo a testa in giù; e più veramente ancora non siamo sul pianeta, ma siamo contro il pianeta, appiccicati al pianeta, pur senza radici, dalla forza di gravità, da questa cifra cosmica del rapporto tra le masse degli atomi del pianeta e le masse degli atomi del nostro corpo.

 

Il nostro peso è una cifra cosmica quasi individuante come le

impronte digitali.

Sentite questa attrazione gravitazionale che vi consente di restare

contro il pianeta .

 

Sentite verticalità e gravitazione.

 

Mantenendo questa concentrazione lasciate che intorno alla linea retta che vi traversa, intorno alla linea retta radiale al pianeta con cui cercate di coincidere, si estenda in tutte le direzioni, a 360 gradi solidi, la bolla smisurata dell'universo notturno.

 

Ditevi con lentezza:

dentro di me niente altro che il tutto.

Niente altro che il Tutto.

 

BOMBAY S. JAYASHRI, Shravanam: Sada Bala. Segue SCOTT (sfondo)

 

Adesso lasciate che dal punto del cuore si espanda in tutte le direzioni,

a 360 gradi solidi,

una radiazione di pace.

Percepite il vostro corpo pieno di pace,

intriso di pace.

Percepite l'universo intriso della pace delle necessità intelligibili,

del logos immutabile che lo governa.

 

Per terminare questa parte sul samadhi, ascoltiamo il discorso Sul frutto dell'ascesi che viene dal Canone pali degli scritti buddisti più antichi.

 

ROBERT FRIPP AND THE LEAGUE OF CRAFTY GUITARISTS, Invocation

(sfondo)

 

"E come, o gran re, vi fosse un lago di acqua sorgiva in cui né dalla regione di levante, né dalla regione di ponente, né dalla regione di mezzanotte, né dalla regione di mezzodì sfociasse dell'acqua, né mai dal cielo cadesse scroscio di pioggia, ma in quel lago fresca acqua sgorgasse da una sorgente, sì che il lago di fresca acqua sorgente fosse pieno, colmo, perva$0, intriso, sì che la non pur minima parte del lago non rimanesse imbevuta di fresca acqua, così, o gran re, un monaco questo corpo empie, colma, permea ed intride di nata di concentrazione beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di nata di concentrazione beata gioia. Questo, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi eccellentissimo ed altissimo".

Il testo descrive qui la seconda delle quattro dimore mistiche di una gioia sempre più purificata, sbeatificata, sempre più ontologica.

Questa è un'idea che possiamo farci del samadhi.

 

La seconda ala di cui abbiamo parlato è quella della vigile consapevolezza, vipassana. Anche qui se ne potrebbe fare la teoria e cercare di spiegare qual è la differenza dalla meditazione culminante nell'estasi. Che differenza c'è tra l'estasi, punto d'arrivo della meditazione di pacificazione profonda, e la liberazione, punto d'arrivo della meditazione di vigile consapevolezza? L'estasi è uno stato privilegiato. La consapevolezza è uno stato che potremmo dire combattente, militante. Deve essere assidua, ininterrotta, deve misurarsi continuamente con tutti gli accadimenti e con tutti gli stati mentali della vita. È chiaro che questo lo si può fare in tempi forti in un ritiro, ma è anche chiaro che sarebbe desiderabile riuscire a farlo dalla mattina alla sera. Infatti la mia ultima ora sarà proprio dedicata alla giornata meditativa, alla meditazione del quotidiano.

Vediamo di generare, col tempo che resta, una mente regolata dalla meditazione di vigile consapevolezza.

 

MORTON FELDMAN, Routìne Investigations (sfondo)

 

Mantengo la verticalità,

il silenzio di pensieri e immagini, il raccoglimento,

la conseguita intimità nell'immensità.

Intimo a me stesso nell'immensità.

Familiare dell'immensità.

Io sono un familiare dell'immensità.

Mi trovo a casa in questo presso di me, in questa intimità, scavata

come una nicchia nell'immensità. Questa è la composizione di luogo

di partenza, che abbiamo già ottenuto con la prima meditazione.

 

Adesso offro il tempo, genero in me la retta intenzione:

possa la mia vita accrescere la bellezza della storia dell'essere.

Ci sarà alla fine un'unica storia dell'essere, la storia che sarà stata.

La mia vita avrà appartenuto a questa storia.

Io genero il desiderio che la mia vita

accresca la bellezza di questa storia.

Possa la mia vita e possa anche questo breve tempo di meditazione,

come la goccia che cade nell'acqua e si allarga in cerchi non più

calcolabili,

possa la mia vita e possa questo tempo di meditazione

accrescere la bellezza della storia dell'essere.

 

Ho composto il luogo nell'immensità, ho offerto il tempo.

 

Adesso porto l'attenzione, verticalmente, sul respiro

nella zona addominale, all'altezza del baricentro del corpo.

Espiro comprimendo i muscoli della pancia e inspiro distendendoli.

Non respiro con il polmone dilatando la cassa toracica,

ma espiro e inspiro - respiro - con i muscoli addominali.

Espiro comprimendo, inspiro distendendo.

Seguo con l'attenzione l'intero ciclo del respiro:

in salita, quando comprimo i muscoli innalzando il diaframma che

comprime i polmoni;

in discesa, quando distendo i muscoli addominali abbassando il

diaframma e lasciando che si riempiano i polmoni.

Sento i muscoli comprimersi e distendersi, la pancia rientrare e

sporgere.

Sento il contatto dell'aria con le narici: in uscita tiepida, in entrata un

po' più fredda

Incollo la mente al ciclo del respiro.

Mi propongo di essere niente altro che il respiro.

Vivo questo non come uno sforzo: "miodìo devo

concentrarmi sul respiro",

ma come un lasciar cadere, un lasciar accadere, un semplificare.

Non: devo essere solo respiro, ma: posso essere solo respiro.

Che sollievo, che leggerezza, che semplificazione!

Sono respiro.

 

Ma subito appaiono e si accavallano le formazioni mentali: immagini

di futuro, di passato .

Di oggetti vicini, circostanti,

di oggetti lontani.

Di oggetti piacevoli, appetibili, che suscitano desiderio,

di oggetti spiacevoli che suscitano fastidio, paura.

Appaiono abbozzi di pensieri, di ragionamenti, abbozzi di progetti,

anche fastidi fisici, per esempio per la posizione che ho preso.

Stati d'animo positivi, negativi: esaltazioni, depressioni,

demoralizzazioni; gioia, noia.

Appare il groviglio, il groviglietto dei miei guai, dei miei problemi,

questo coso annodato che mi porto sempre dietro.

Appare la mia mente come groviglio, la mia mente come tristezza,

scoraggiamento, la mia mente come tumulto.

Appaiono le formazioni mentali e cancellano l'attenzione al respiro

che mi ero proposto, alla quale volevo semplicemente abbandonarmi.

 

FELDMAN, Routine Investigations (primo piano, poi sfondo)

 

Noto con equanimità le formazioni mentali e tomo al respiro.

Noto e tomo al respiro.

Prendo nota della distrazione, accomiato la distrazione:

"puoi accomodarti altrove?",

e torno al respiro.

In questo modo ottengo autoanalisi non fine a se stessa.

Autoanalisi, perché capisco da dove vengono le mie distrazioni:

molte tornano, sempre le stesse, sono le mie ossessioni.

Autoanalisi, ma non fine a se stessa, perché non prolungo, non

sviluppo.

Prendo nota e tomo al respiro.

Non approvo e non disapprovo.

Non sto a valutare "che splendido pensiero",

non sto a spaventarmi "che orribile pensiero, ho desiderato la morte di

mio padre"

oppure a esaltarmi "ho scoperto una nuova filosofia".

Non approvo, non disapprovo.

Prendo nota e torno al respiro.

Investigo, senza fare l'investigatore,

esploro

e torno al respiro.

Così conosco le mie formazioni mentali.

Conosco il sorgere e il tramontare delle mie formazioni mentali.

Mi disidentifico dalle mie formazioni mentali.

Non sono più la serie delle mie formazioni mentali.

La mente comune è occupata da nuvolaglia, che è il suo stato in

questo momento,

e passa da un annuvolamento all'altro

invasa completamente da queste forme di annuvolamento,

senza nemmeno accorgersi del trapasso.

Io introduco una lama di consapevolezza

tra me e le mie formazioni mentali

e quindi acquisisco un sottile grado di libertà

nei confronti delle mie formazioni mentali.

E questo vuol dire che la mia mente è sempre meno gli stati mentali

ed è sempre più il campo di coscienza

che consente che esistano stati mentali.

La mia mente è sempre meno le nuvole ed è sempre più il cielo.

Io sono sempre meno le nuvole e sempre più il cielo.

Io sono sempre meno la stringa delle mie formazioni mentali

e sono sempre più il campo di coscienza,

senza il quale le formazioni mentali non sarebbero.

In questo modo avanzo verso la liberazione.

 

FELDMAN, Routine Investigations (primo piano, poi sfondo)

 

Ascoltiamo il Satipatthanasutta, il discorso sul tener desta la consapevolezza, che è la base di una delle grandi ramificazioni del buddhismo, quella del buddhismo del sud-est asiatico e in genere del buddismo hlnayana.

 

È stupefacente l'apparente mancanza di pretesa di queste direttive. Io scelgo uno dei quattro pilastri della consapevolezza di cui parla il Sutta, il più semplice: è la consapevolezza del corpo.

 

STAN RICHARDSON, Shakuhachi Meditation Music: Kyorei, Empty Bell

 

"La strada, o monaci, è quella dei quattro pilastri della conspevolezza: corpo, sensazioni, mente, elementi.

Ecco, o monaci, un monaco si siede, le gambe incrociate, diritto erigendo il corpo presente.

Nel corpo osservando il corpo dimora strenuo, attento, consapevole.

Lontane nel mondo cupidigia e sofferenza.

Consapevole egli inspira.

Consapevole egli espira.

Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo.

Dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo.

Dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo.

Ed egli vive libero e nulla brama al mondo.

Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo".

 

GIACINTO SCELSI, Okanagon

 

La via della pacificazione profonda e la via della consapevolezza discernente sono, come ho detto, le due ali di un identico volo. Ma prese separatamente sembrano diverse e forse la prima, culminante nel samadhi, appare più gloriosa: la contemplazione estatica sembra qualcosa di più grande della consapevolezza. La seconda meditazione sembra più dimessa, più sommessa. In realtà è forse la più potente, almeno in vista della liberazione, perché si può fare consapevolezza, si deve fare consapevolezza, in tutte le situazioni, anche le meno favorevoli o le più banali.

Senza l'opera assidua della consapevolezza l'estasi resta un'esperienza vetta da cui si cade, si cade continuamente. Si cade continuamente da questo paradiso ottenuto quasi per caso, da questo istante privilegiato, improbabile e saltuario.

E allora, per non terminare in modo apparentemente - solo apparentemente -dimesso, quasi rinunciatario, vi chiedo di ascoltare una musica che parla di vittoria, che viene dall'area tibetana dove il grande eremita buddista Milarepa, abitatore delle solitudini dell'Himalaya, nei suoi Centomila canti - perché è anche il più grande poeta tibetano - ha testimoniato un'esperienza tra le più vittoriose di tutti i tempi. Oggi terminiamo con un minuto di musica monastica tibetana.

 

TIBET, THE HEART OF DHARMA: Tsedrup

 

 

 

 

 

 

LA VIA DELLA SCIENZA E DELLA REALIZZAZIONE, l

 

 

 

Questa è la seconda ora del nostro corso di mistica laica. Nella prima ora ci siamo concentrati sulla meditazione di pacificazione profonda e sulla meditazione di vigile consapevolezza. Ho detto che sono due vie autosufficienti, tipiche dell'Oriente, ma che nel nostro corso ci forniscono anche una specie di esercizio base che è la premessa per gli altri tipi di meditazione. La via che cerchiamo di percorrere oggi è la meditazione della scienza o dalla scienza, intendo la grande scienza occidentale.

 

TONY SCOTT, Is Not All One (poi come sfondo)

 

È una meditazione di tipo diverso; mentre la volta scorsa abbiamo cercato di arrestare i pensieri, di creare una verticalità di coscienza pura, di presenza pura, di pura presenza di coscienza al Tutto, senza analisi, questa volta invece dobbiamo attivare il pensiero in due direzioni: la comprensione dei contenuti scientifici e la loro realization, la loro realizzazione non come semplici nozioni, ma come delle realtà con cui si entra in contatto diretto. Che cosa sia, più tecnicamente, la realizzazione è come si distingua dalla nozione lo dirò tra non molto. Come l'altra volta farò una parte teorica e una parte di meditazione guidata.

In sede di teoria della meditazione io sostengo essenzialmente due tesi.

Primo: la scienza può essere coltivata come via mistica ed è non solo possibile, ma anche desiderabile fare uso contemplativo della scienza.

Secondo: la pratica della contemplazione fondata sulla scienza,

oltre a essere desiderabile in sé, può avere delle ricadute desiderabili e importanti sia sul piano etico che sul piano sociale.

 

Cominciamo a spiegare in che senso la scienza può essere una via mistica . La grande scienza moderna può essere vista come un balcone aperto sull'infinito.

 

IANNIS XENAKIS, Metastaseis

 

È un sapere che ci consente un vedere infinitamente più grande e infinitamente più piccolo nello spazio e nel tempo e con infinitamente maggiore precisione e certezza di tutte le forme di sapere antiche.

L'uomo contemporaneo è affacciato a un balcone vertiginoso che potrebbe fare di lui oltre, o invece che il più grande consumatore, il più grande contemplativo della storia. Attraverso innesti percettivi come il radiotelescopio o il microscopio elettronico, attraverso il potere impalpabile e immenso del calcolo, la sua mente è trasportata dentro ambienti infinitamente remoti dal suo corpo e dalla portata dei suoi sensi. Remoti nello spazio e nel tempo, verso l'estremamente lontano, verso l'estremamente antico. E lontani anche nella forma, egli vede emergere scenari prima insospettati e per di più reali.

L'uomo della scienza restituisce il dono all'universo. Ne ha avuto il dono della vita e della coscienza; restituisce all'universo, o gli conferisce per la prima volta, almeno in questa zona, coscienza di sé. È come se l'universo si fosse travagliato nel parto per miliardi di anni, oscuramente, per raggiungere, nella scienza occidentale moderna, conoscenza di sé.

C'è qui un tesoro inesauribile di beni altamente soddisfacenti e al tempo stesso non esclusivi, tali cioè che il godimento da parte mia non esclude il godimento da parte di tutti gli altri. In questo senso anche inesauribili, che non fanno nascere competizione di mercato. I beni esclusivi sono quelli il cui possesso da parte di un soggetto esclude il possesso da parte degli altri. I beni contemplativi sono di tutti e ognuno può impadronirsene e goderne illimitatamente senza togliere niente a tutti gli altri. Io credo che il patrimonio delle conoscenze scientifiche, in quanto contemplabili, sia forse la grande e collettiva ricchezza della, per tanti aspetti catastrofica, civiltà moderna. Arriverei a dire che quello che offrono la scienza e la tecnologia ci mette davanti all'alternativa contemplare o morire.

Dunque la scienza è una possibile via mistica perché capace di fornire contemplabili a una meraviglia, al thaumazein, quella meraviglia che Platone e Aristotele hanno definito l'origine del filosofare; a una meraviglia e in ogni caso a una realizzazione realisticamente fondata. È una via mistica perché è capace di fornire un ampliamento, una cosmicizzazione della coscienza, attraverso il risveglio all'essere come è, non come lo deforma il mio vivermi centro dell'essere, che è la grande illusione.

 

La mia seconda tesi è che l'uso contemplativo della scienza ha delle ricadute personali e sociali altamente desiderabili. Non produce solo benessere mentale, e di un tipo molto pregiato perché non è psichedelico o evasivo, è fondato nella verità e nella volontà, non è una droga. Ma, anche, meditare con altri favorisce il loro meditare e il mio meditare, e l'essere favoriti nel meditare produce gratitudine e amicizia tra i meditanti, una peculiare amicizia che può chiamarsi amicizia di meditazione o amicizia sapienziale e di cui posso testimoniare, dopo venticinque anni di esperienza, che è gratificante, di lunga durata e di buona qualità. La scienza può dunque essere coltivata non solo come via mistica individuale, ma anche in quanto via mistica condivisa, come via di amicizia lungo la vita. Forse meglio dei barbecue di coppia e delle serate al ristorante.

E non perdo tempo a spiegare quali sono anche le conseguenze in campo etico e in campo sociale: immagina te delle persone che passano molto tempo sprofondate nella contemplazione a base scientifica, immaginate le loro interazioni, per esempio tra due coinquilini o tra due avversari politici, e voi capite quali sono le ricadute positive.

 

I contemplabili scientifici sono inesauribili, ho detto. Per questo corso io ho scelto quattro piste o meglio quattro affacciamenti, quattro spalancamenti: sull'infinitamente grande, sull'infinitamente piccolo, sull'infinitamente complesso, sull'infinitamente incomprensibile. E nell'ora di oggi cercherò di propiziare meditazione e contemplazione sui primi due infiniti, sull'infinitamente grande e sull'infinitamente piccolo.

Ma ripeto, l'ideale è un ascolto in attitudine meditativa, quella che abbiamo definito ieri: un decondizionamento dalle proprie storie personali, dai propri futuri e passati personali, dal mondo immediatamente circostante.

Siete nella vostra stanza e siete nell'universo; cercate di sentirvi nell'universo: è altrettanto reale come il fatto che siete nella vostra stanza.

E pensate che restituite all'universo sotto forma di coscienza quello che lui vi ha donato donandovi un corpo umano.

 

Iniziamo con la contemplazione dell'infinitamente grande.

 

Ho scelto come primo oggetto la nostra Galassia. Nel1922 l'astronomo Hubble ha scoperto che l'universo fino allora conosciuto da tutti gli uomini e anche dagli astronomi che lo avevano preceduto era una galassia entro un universo enormemente maggiore - di migliaia, poi si è scoperto di miliardi, di galassie. L'intero 'universo' era una galassia. In quello stesso anno Mussolini, azionando alternativamente i muscoli della coscia sinistra e della coscia destra, entrava a Roma e diventava primo ministro. Questo può dare un'idea del rapporto di grandezza che c'è tra la scienza e la politica.

La Galassia in cui ci troviamo è una galassia a spirale, come sapete, e ha il diametro lungo di centomila anni luce. L'anno luce sono 10.000 miliardi di chilometri. Cercate di memorizzare questa unità di misura del cosmo: la luce in un anno percorre non l0.000 milioni, ma l0.000 miliardi di chilometri. Il diametro della galassia è 100.000 volte 10.000 miliardi di chilometri, un miliardo di miliardi di chilometri. Un miliardo di chilometri preso un miliardo di volte.

La Galassia ruota lentamente su se stessa (cioè ruota velocissimamente su se stessa) perché nello spazio tutto ciò che è plurale e costante è rotante, altrimenti le cose precipitano le une sulle altre o si allontanano. Se restano in gruppo devono ruotare .

La Galassia ruota maestosamente su se stessa.

Noi come Sole nel braccio di Orione, come piccola stella Sole nel pulviscolo di stelle che forma il braccio di Orione della Galassia, ci spostiamo intorno al nucleo a 800.000 chilometri all'ora. Si potrebbe pensare che il giro viene presto fatto a questa velocità. Il giro richiede 240 milioni di anni, cioè 240.000 millenni. Se voi togliete i due millenni dell'era cristiana rimangono 239.998 .millenni.

Quindi possiamo costruire nella nostra mente, nel nostro cervello, la giornata galattica di ventiquattro ore di dieci milioni di anni ciascuna. Ore di diecimila millenni. Il minuto galattico è 167 millenni.

Proviamo ad ascoltare la scansione di queste ore o di questi minuti galattici.

 

GÉRARD GRISEY, Vortex temporum, II

 

Un altro modo per rendersi conto della maestà di questa rotazione della Galassia è paragonarla a un disco musicale. Sappiamo tutti che la musica è tanto più bassa quanto più il disco ruota lentamente: se voi prendete un settantotto giri e lo mettete a trentacinque o a tredici la musica si abbassa. Un disco che ruota su se stesso, che fa un giro in 240 milioni di anni, paragonato ai nostri microsolchi è talmente lento che il basso profondo della sua musica per noi è inaudibile.

 

I nostri discorsi sono degli squittii altissimi, il suono, il tenor

profondo della galassia è un basso inimmaginabile.

Possiamo simularlo con una preghiera di monaci tibetani.

 

TIBET, THE HEART OF DHARMA: Ngontog Gyan

GIoRGY KURTÀG: J.S. BACH, Gottes Zeit ist die allerbeste Zeit

(sfondo)

 

Anche degli oggetti molto più piccoli della Galassia, che si perdono nel suo pulviscolo, anche le stelle sono delle entità per noi quasi inimmaginabilmente immense, immani.

Io ho scelto per voi, e per me, le stelle di Orione, la più bella costellazione del cielo, il Grande Cacciatore dei sumeri. Vi do, in modo inizialmente solo nazionale, le misure di queste stelle. Betelgeuse, la 'spalla del gigante' (così la chiamavano i sumeri o forse gli arabi -molti nomi di stelle sono arabi-), è una gigante rossa il cui diametro può raggiungere - si espande, palpita, si allarga e si restringe - può raggiungere 1.300 milioni di chilometri. Quasi mille volte il diametro del Sole. Quasi dieci volte la distanza Terra-Sole, in modo che in Betelgeuse potrebbe rientrare buona parte del sistema solare.

Ma anche il Sole è immenso, nel suo piccolo è immenso: è circa 1.500.000 chilometri. Se idealmente lo fate iniziare al di sopra della vostra testa, si estende verso l'alto per 1.500.000 chilometri. Immaginate il cielo occupato dal Sole sopra la vostra testa: dopo 300.000 chilometri verticali, 300.000 chilometri, siete alla distanza Terra-Luna, non siete ancora a un quarto del diametro del Sole. Aggiungete il doppio, 600.000 chilometri, aggiungetene altri 600.000, tutto il cielo occupato da questa palla-Sole, aggiungetene ancora 200-300.000, avete un cielo immenso occupato da questa palla incandescente: 1.500.000 chilometri.

Betelgeuse è mille volte il diametro del Sole. È 19.000 volte più luminosa del Sole.

Le quattro stelle giganti azzurre Hatsya, Alnitak, Saiph e Rigel sono rispettivamente 20.000 volte, 35.000 volte, 50.000 volte e 60.000 volte più luminose del Sole. Rigel è 60.000 volte più luminosa del Sole, è la seconda stella in ordine di luminosità, è il ginocchio sinistro.

E queste maestose stelle non sono che pulviscolo in un braccio di polvere stellare della Galassia.

 

Prendiamo le distanze. Betelgeuse dista da noi 500 anni luce, Rigel 900 anni, Alnilam e Alnitak, nella cintura di Orione, l.600 anni luce, Mintaka e Hatsya 2.000 anni luce, Saiph 2.100 anni luce. Io ho fatto l'esperimento mentale di immaginare un viaggio verso Orione alla velocità di un jumbo, mille chilometri all'ora. Vi dico i risultati. Provate a immaginare un jumbo, un veicolo interstellare simile a quello di 2001 Odissea nello spazio, che si dirige anzitutto verso il nostro vicino cosmico, la più vicina di tutte le stelle salvo il Sole, Alfa Centauri, e poi verso le stelle di Orione.

Per raggiungere Alfa Centauri a mille chilometri all'ora, a velocità jumbo, occorrono 4.570.000 anni Per raggiungere la stella di Orione più vicina, Betelgeuse, a 500 anni luce, occorrono 571 milioni di anni; per raggiungere Saiph, la stella più lontana, occorrono 2.397 milioni di anni: per raggiungere Rigel, che è a una di- stanza media, un 1.027 milioni di anni.

 

KARLHEINZ STOCKHAUSEN, Gesang der Junglinge

 

Se vogliamo renderei conto di queste durate possiamo provare a rapportarle ai tempi geologici e paleozoici, ai tempi della vita. Queste stelle distano da noi nel futuro quanto certi nostri antenati, senza i quali non saremmo qui, distano da noi nel passato.

Alfa Centauri, il vicino cosmico, è a 4.570 millenni. Nel passato incontriamo le prime scimmie bipedi, scimmie che per milioni di anni hanno avuto solo l'idea di stare in piedi, su due zampe, di stare verticali su due zampe, senza nemmeno cominciare a scheggiare la pietra.

 

ALVIN LUCIER, Music for Piano with Amplified Sonorous Vessels;

DIAMANDA GALAS, Schrei x Live: M Dis I

 

Per raggiungere Betelgeuse occorrono, ho detto, 571 milioni di anni, 571.000millenni. Nel passato incontriamo l'esplosione delle forme di vita del Cambriano, negli oceani ; a quell'epoca la vita era solo nell'acqua. Troviamo antenati protovertebrati e certamente dalle loro uova, dal loro sperma, viene direttamente la nostra vita.

Per raggiungere Rigel occorrono un 1.027 milioni di anni. Se guardiamo ai nostri antenati ci troviamo allargo, molto al largo, degli eucarioti, dei monocellulari, esseri così piccoli che ce ne stanno intorno ai dieci milioni ogni millimetro cubo. Ma senza questi antenati microscopici nell'acqua noi non saremmo qui. Sono esistiti per un 1.500 milioni di anni. E siamo solo a metà dell'evoluzione dei monocellulari.

E infine per raggiungere Saiph occorrono 2.397 milioni di anni e qui siamo derivati, deportati allargo degli oceani nel periodo delle cellule senza nucleo, delle cellule procarioti, un periodo che è durato 1.500 milioni di anni.

Queste sono le distanze di tempo che ci separano semplicemente dalle stelle di Orione se cerchiamo di raggiungerle a mille chilometri all'ora.

Io spero con questo di avervi dato un senso della distanza stellare e delle distanze temporali. Spero di avere corretto la prospettiva per cui noi pensiamo di essere immersi in durate del tipo del secolo, dalla nascita dei genitori o dei nonni alla morte dei nostri nipotini. Il nostro ambiente totale, non meno reale del nostro ambiente autobiografico, è l'infinitamente grande.

 

La nostra seconda contemplazione di oggi, altrettanto vertiginosa, sarà l'infinitamente piccolo.

 

Anche qui mi fermo a livelli intermedi: come non ho parlato dell'universo, non parlerò delle superstringhe. Mi limito a degli enti con cui siamo familiari: gli atomi e i protoni o neutroni del nucleo degli atomi.

L'atomo dell'idrogeno ha un diametro estremamente ridotto, si trova per noi al termine di una specie di imbuto che va verso il piccolo. In un millimetro cubo possono entrare l021 atomi. Siccome 1018 è un miliardo di miliardi, 1021 significa mille miliardi di miliardi. Questa è una nozione simbolicamente semplice, l021. Provate a dedicare un pomeriggio di sabato a realizzare questa nozione: in un millimetro cubo possono entrare mille miliardi di miliardi di atomi.

 

SALVATORE SCIARRlNO, Capriccio per violino, I

 

Ma l'atomo non è una piccola massa compatta, l'atomo al suo intemo è incredibilmente vuoto: il nucleo è incredibilmente, inimmaginabilmente più piccolo della periferia, della circonferenza .

LA VIA DELLA SCIENZA E DELLA REALIZZAZIONE, l 41

 

Se l'atomo è un decimilionesimo di millimetro, come diametro, il nucleo è un millimiliardesimo di millimetro, perché il diametro del nucleo è centomila volte più piccolo del diametro dell'atomo.

Come possiamo realizzare queste nozioni simbolicamente elementari? Io ci provo con un confronto tra il sistema Sole-Terra e il sistema nucleo dell'idrogeno-elettrone. Il diametro del Sole è circa cento volte quello della Terra e la distanza Sole-Terra è circa cento volte il diametro del Sole: quindi se vogliamo visualizzare un sistema di questo tipo prendiamo un'a palla di un metro, il Sole, e a cento metri dalla palla di un metro mettiamo una biglia multicolore di un centimetro: un metro, cento metri, un centimetro. La Terra è una biglia che ruota a cento metri da una palla di un metro. Supponiamo che il nucleo sia un metro e che l'elettrone sia più o meno una biglia: non si trova a cento metri, come la Terra dal Sole, ma si trova a cinquanta chilometri dal nucleo.

 

GIÖRGY KURTAG, Blumen die Menschen, nur Blumen ...

 

E allora se prendiamo l'intera sfera con al centro il nucleo e fuori l'elettrone otteniamo una vuotità dell'atomo, una vuotità endoatomica, che è 125 milioni di volte più vuota della sfera con al centro il Sole e intorno la Terra.

 

KURTAG, Blumen die Menschen

 

Proviamo a sprofondarci fino alle dimensioni dell'atomo e dall'atomo a sprofondarci, per quella specie di vortice conico, fino al nucleo. Se entrano centinaia di migliaia di miliardi di atomi in un centimetro cubo, pensate quanti protoni o neutroni ci possono entrare. In una stella di neutroni (cioè protoni senza la nube elettronica, dove gli elettroni si sono schiacciati sul protone che ha carica positiva producendo neutroni), ecco, in una stella di neutroni un centimetro cubo di materia neutronica pesa 1014 grammi e cioè pesa cento milioni di tonnellate: in un centimetro cubo di una stella neutronica c'è una massa di cento milioni di tonnellate.

Come reagire a questo tipo di nozioni e a questo tipo di realizzazioni.

 

Io sono sicuro che molti di voi dicono "Io non sto realizzando proprio niente. Io non riesco a distinguere un anno luce di diecimila miliardi di chilometri da un millesimo di anno luce di diecimila milioni di chilometri. Io non riesco a scendere alla grandezza dell'atomo, non riesco a scendere fino al protone, non riesco a estendermi né verso il macroscopico né nel microscopico. Rimango nel mio mesoscopico umano. Il mio cervello non ce la fa".

Beh, anche realizzare questo è mistico. Realizzare che sono circondato da cose che mi superano non può farmi che del bene. In molti vecchi trattati mistici, che riguardavano Dio, si dice: Quando cerchi di realizzare l'esistenza di Dio, o la sua essenza, non vedi niente; dimora in questo non vedere. Milarepa, il mistico tibetano di cui parlavo già l'altra volta, uno dei miei guru, dice: Comprendi che tutti i fenomeni sono mente. Guarda verso la mente, non vedrai nulla. Dimora in questo non vedere.

 

GIACINTO SCELSI, Okanagon

 

Quindi il fatto di sentirsi superati, il fatto stesso di non realizzare ma di sapere che queste cose sono reali tutto intorno a noi, è già qualcosa di mistico. Tutti i mi stici emettono il lamento di non poter vivere nello stato di contemplazione 'ordinaria' oppure di vedersi impari all'oggetto di contemplazione. Ma anche realizzare che siamo circondati da ciò che ci supera può essere valorizzato misticamente

Io so che vivo come un animale domestico.

Che vivo come se il mio ambiente fosse non un universo che sprofonda vertiginosamente verso il distante, verso il passato, ma una bolla biografica di qualche chilometro e di qualche decennio terrestri.

Io so che non distinguo quarantamila miliardi di chilometri

da quarantamila milioni.

So e soffro questa pochezza mistica.

Ma contatto, sia pure oscuramente e affettivamente, il non dominabile, il ciò che mi supera.

 

BRUNO MADERNA, Serenata per un satellite

 

E quindi spesso, nelle sedute di meditazione realizzante, io consiglio di trovare un equivalente affettivo del conseguimento intuitivo recalcitrante. E qual è questo equivalente affettivo? È per esempio rannicchiarsi, come un passerotto in mani amiche, in questo buio del sapere di non realizzare. Le mani che mi custodiscono in questo sentimento senza più visione sono le mani della consapevolezza di essere circondato da un reale che mi supera.

 

JOSQUIN DESPREZ, Christus mortus est

 

In questa immensa intimità solo saputa

in questa solo saputa intimità all'immenso

mi rannicchio e dimoro.

 

Anche questo è mistico. In quei vecchi trattati si leggeva: "Quando non riesci a contemplare l'assoluto spostalo dall'intelletto al cuore, cioè raccogliti nel sapere che non riesci a contemplare e in questo solo sapere raccolto, dimora".

Quello che dicevano i vecchi mistici si può fare con le realtà inaudite dischiuse dalla scienza moderna.

Ci si può raccogliere, rannicchiare, o ci si può, leopardianamente, naufragare. Questo rannicchiamento mistico non è rinunciatario. Questo naufragare non è fallimentare.

 

Tuttavia io non vorrei concludere neanche questa volta con sensi di delusione, vorrei concludere con qualcosa di rianimante, di vigoroso, e mi sembra che questo sia l'ammirazione per l'antologia umana.

 

Oh meraviglia uomo

che compi queste escursioni intellettuali

e che patisci queste delusioni.

 

C'è un mantra tibetano che riassume in qualche modo la mia filosofia dell'uomo, la mia antropologia:

OM MANI PADME HUM

"m'inchino a te, gioiello che risplendi nel fiore del loto".

 

Io l'interpreto così:

 

m'inchino a te, ogni uomo

gioiello della mente che risplendi nel fiore di loto del corpo,

gioiello della mente spirituale

che risplendi nel fiore di loto del corpo cosmico.

 

Questo mantra si può rivolgere a ogni uomo, si può rivolgere al vostro amore. Quando non sapete che complimento fargli, ditegli: "m'inchino a te, gioiello che risplendi nel fiore del loto". Ma possiamo rivolgerlo anche a noi stessi quando ci disistimiamo. Ognuno potrebbe dire a se stesso, mettendo il proprio nome quando io faccio una piccola pausa, questo mantra:

 

"m'inchino a te, (mio nome),

gioiello della mente spirituale

che risplendi nel fiore di loto del corpo cosmico".

 

Questo mantra ci ridà autostima e questa autostima antologica non è l'ultimo dei frutti che si raccolgono praticando la meditazione sulla scienza.

 

 

ALEXANDR SKRJABIN, Vers la flamme

 

 

 

 

 

 

LA VIA DELLA SCIENZA E DELLA REALIZZAZIONE, 2

 

 

 

Oggi è la nostra terza lezione de corso su Meditare in Occidente. Ci occupiamo per la seconda volta della meditazione a base scientifica. Vi prego, se mi avete seguito fin qui, di assumere nuovamente la posizione e l'atteggiamento interno adatti alla meditazione di pacificazione profonda e di consapevolezza che abbiamo cercato di praticare nella prima ora. Quindi ripristinare la verticalità, ripristinare il senso del cosmo circostante, rifare il silenzio di discorsi e il vuoto di immagini dentro di voi, stendendo quell'affresco, quella base di affresco sul quale verranno a disegnarsi i contenuti meditabili di oggi.

Nella seconda lezione abbiamo parlato dell'infinitamente grande, cosmico - in particolare della Galassia e delle distanze stellari - e dell'infinitamente piccolo. Siamo precipitati a imbuto verso le dimensioni dell'atomo - vi ricordate? - centinaia di miliardi di miliardi di atomi in un millimetro cubo e ogni atomo milioni di volte, 125 milioni di volte più vuoto al suo interno del sistema Sole-Terra. Quindi abbiamo raggiunto degli infinitesimi e nel cuore stesso della materia un vuoto più spinto di quello del sistema solare. Due vertigini, due infiniti, reali come noi.

 

SALVATORE SCIARRINO, Capriccio per violino, III

 

Oggi rimangono l'infinitamente complesso e l'infinitamente incomprensibile. L'infinitamente complesso è il biologico, la cellula e il nostro corpo, la vita. L'infinitamente incomprensibile è il rapporto della vita, in particolare del cervello degli organismi evoluti, della materia matura, con gli intelligibili e la coscienza: il rapporto tra materia e coscienza, tra carne e concetti. Un salto in un'altra dimensione completamente eterogenea che resta davvero l'enigma continuo e contiguo in cui siamo immersi. Anzi che noi siamo, perché noi siamo questa carne matura che accede al mondo della consapevolezza lucida, dell'autocoscienza e degli intelligibili. Siamo l'interfaccia tra la carne e gli intelligibili.

 

JOHN COLTRANE, Ascension

 

Iniziamo dalla meditazione della complessità. È chiaro che la biologia, la vita, ha delle basi chimiche e precisamente elettromagnetiche. Vista molto da vicino la vita non è che elettromagnetismo. Sappiamo che le due grandi forze adunatrici e regolatrici del mondo visibile sono la gravitazione e l'elettromagnetismo; tralascio le forze che tengono uniti i nuclei. Ma a livello di atomi e di rapporti tra atomi, nel visibile, opera una sola grande forza: l'elettromagnetismo.

Io ho fatto sulla gravitazione una specie di piccolo poema lucreziano:

"Mamma Gravitazione, dopo aver convocato dallo sterminatamente rado spazio masse enormi di atomi leggeri, plasma nel suo grembo capacissimo, ossia nell'interno delle stelle da lei adunate, per gestazioni di miliardi di anni, con le pressioni e conseguentemente le temperature inaudite, necessarie a stritolare le resistenze riottose dei nucleoni, plasma i suoi figli inframicroscopici beneamati, i nuclei pesanti, prediletto tra tutti quello del talentuosissimo carbonio. I quali figli destinati a crescere in atomi e molecole, devono poi lasciare le stelle incubatrici, esplosi nell'universo dalle deflagrazioni mostruose dei grembi; e Gravitazione nuovamente allora, dopo averli formati, li raduna e ne costituisce pianeti propizi alla varietà".

Ma una volta formati e messi a contatto, gli atomi obbediscono a un'unica forza combinatoria, alla forza elettromagnetica. E questo è il dominio della chimica: brulichio combinatorio che ha della piazza di mercato, dell'orgia sessuale, della linguistica. Alcune decine di sorte di atomi si congiungono in milioni di figure di unioni di gruppo. Legami ravvicinati del primo, del secondo, del quinto tipo, tra ogni numero di partner, in tutte le posizioni. Un copulare molto fantasioso. Sembra di stare in un libro di Sade o di Calasso.

Ma forse più della coreografia sessuale è termine di paragone appropriato, già usato da Lucrezio, la combinatoria linguistica. Alcune decine di lettere dell'alfabeto atomico formano parole molecolari virtualmente a milioni, con cui dire frasi corporee, organismiche, virtualmente infinite. Questa combinatoria ha una sua grammatica e precisamente tale grammatica è la grammatica dell'elettromagnetismo. Possiamo ascoltare questa frenesia e inchinarci a questo ordine della frenesia.

 

IANNIS XENAKIS, Metastaseis

 

Un unico logos ordina un'unica forza a unificare le sofisticatissime architetture interne, a promuovere le sofisticatissime interazioni degli atomi e delle molecole. Vorrei saper celebrare le finezze della soluzione dei problemi dell'adunamento dei corpi da parte della chimica. Ma anche il quasi profano intuisce, in questo chimico logos, dei bagliori di superiore ingegnosità. Già l'invenzione del positivo e negativo, paragonabile per rilevanza nell'ambito chimico a quella del maschile e femminile in ambito biologico: positivo e negativo si attraggono, ma il logos provvede a evitare che precipitino l'uno nelle braccia dell'altro. L'elettrone rimane a distanza costante (l'elettrone negativo dal nucleo positivo): si compensano perché la carica positiva e la carica negativa sono uguali, mentre le masse sono completamente diverse.

Chi è che ha proceduto a tarare queste cariche così che l'atomo normalmente sia neutro? Non però così neutro da essere isolato e insocievole. Riesce, quest'atomo, a presentare un bilancio elettromagnetico così accortamente sbilanciato da esercitare attrazione col suo esterno negativo sugli altri esterni anch'essi negativi. Un vero colpo d'anca elettromagnetico. Un'ondulazione seduttiva che porta il nome di funzione d'onda.

Io non so se avete avuto nella vita la fortuna di ricevere un colpo d'anca da una ragazza. Sembra respingervi, ma poche cose attraggono altrettanto. Più o meno la stessa cosa sanno fare gli elettroni. Quindi dobbiamo renderei conto di quanto sia pazzescamente vibrante e proprio agli antipodi del pieno e dell'inerte, della molle plastilina, di come sia, per così dire, musicabile solo come argenteo ligetiano tremolo di migliaia di violini il mondo dischiuso dalla chimica.

 

GIÖRGY LIGETI, Ramifications

 

Eppure la biologia introduce un salto qualitativo, quasi incommensurabile. L'onda delle due grandi forze semplici e specialmente dell'elettromagnetismo si smorza ai piedi della falesia di una vertiginosa complessificazione che, senza in alcun modo abolire l'azione delle due forze, abruptamente la eccede.

Chi oserebbe dire che le equazioni di Maxwell o l'elettrodinamica quantistica implicano la superlegge della biologia molecolare "DNA codifica RNA che codifica proteina"? O dedurre dall'elettromagnetismo l'ubiquo incredibile magistero funzionale degli enzimi? Gli enzimi nella cellula sono, insieme con il DNA, una delle grandi meraviglie biologiche dell'universo. Bisognerebbe sapere intonare l'epopea degli enzimi, i grandi protagonisti del poema della cellula, le grandi proteine programma che guidano ciascuna una sola specifica reazione cellulare: accelerandola, rispetto al suo svolgersi spontaneamente, nell'ordine di centomila miliardi di volte. Cioè la probabilità che una certa reazione avvenga senza un enzima è un centomilamiliardesimo della probabilità che ha di svolgersi in presenza di un enzima.

Cerchiamo di memorizzare: una cellula vive di migliaia di reazioni chimiche specifiche diverse, governate da altrettanti enzimi che le accelerano migliaia di miliardi di volte, rendendole conpossibili in uno spazio sensazionalmente miniaturizzato.

 

GÉRARD GRISEY, Vortex temporum, I

 

Stiamo parlando della cellula come se fosse un mondo. Effettivamente la cellula è un microcosmo infinitamente più complesso del cosmo che come un infinitesimo la contiene.

Una cellula è tra un milionesimo e un decimilionesimo di millimetro cubo. Se voi prendete tra le dita, se vi date un pizzicotto alla coscia e prendete tra le dita un millimetro cubo di carne, in quel millimetro cubo c'è da uno a dieci milioni di cellule: ognuna di esse è il mondo ipercomplesso di cui vi sto parlando. Musicalmente, se paragoniamo il singolo enzima a uno strumento, il suono che proviene dall'insieme degli enzimi è quello di un concerto ipercontrappuntistico, con migliaia di parti/voci e al tempo stesso armonico, che sembra impensabile senza un direttore e comunque senza una partitura.

 

GIOACCHINO ROSSINI, L'italiana in Algeri, Finale l

 

Questa è la musica intellettuale della ipercomplessità della cellula. Secondo l'Enciclopedia Britannica la cellula contiene l012 unità di informazione, cioè mille miliardi di unità-informazione. Paragonabili a milioni di volumi dell'Enciclopedia Britannica. E tutto questo si è auto-adunato e auto-funziona in un milionesimo di millimetro cubo.

Possiamo definire la cellula, a partire dall'elettromagnetismo, un'estasi solida di improbabilità. Il numero di combinazioni tra i nucleotidi del DNA - questo acido generatore di cui si celebrano i cinquant'anni dalla scoperta - il numero di combinazioni dei suoi nucleotidi è dell'ordine di 10 alla miliardesima potenza. Così l'Enciclopedia Britannica: 10 alla miliardesima potenza (questo vuol dire che se il calcolo fosse sbagliato di un miliardo di miliardi di volte - che è un grosso sbaglio - le combinazioni, invece di essere 10 alla miliardesima sarebbero 10 alla miliardesima meno diciotto; un miliardo meno 18 è praticamente un miliardo). Questa improbabilità è una cifra transcosmica. Pensate che si dice che le particelle dell'universo sono l080, cioè 10 con ottanta zeri, uno con ottanta zeri dietro. Qui si parla di uno con un miliardo di zeri!

 

ORNETTE COLEMAN, Free Jazz

 

Guardando dalla cellula, se ci miniaturizziamo a livello della cellula, di quel decimilionesimo di millimetro cubo, e guardiamo al nostro organismo, lo vediamo come una gigantesca galassia di circa centomila miliardi di cellule (così sempre l'Enciclopedia Britannica).

 

Centomila miliardi di ipermondi ipercomplessi.

Un ipergrattacielo di centomila miliardi di laboratori in piena attività.

Oppure una città della scienza fatta di un miliardo di grattacieli,

ognuno con centomila laboratori in piena attività e tutti coordinati.

C'è quasi da mettersi in ginocchio e adorare.

 

Ricordo che una volta, alla stazione di Firenze, quando avevo scoperto questi fatti, ho contemplato i corpi umani che mi passavano davanti con gli occhi della biologia molecolare: maestose torri biochimiche emananti dolce luminescenza energetica da tutte le migliaia di miliardi delle loro finestre accese lentissime sfilavano sotto il panno grigioverde di due coscritti, sotto le forme della ragazza sexy come del vecchio impiegato, del ricco come del povero, ignari tutti della loro regale natura.

Quando passiamo vicino a un essere umano dovremmo farlo con uno stupore che ci immobilizza e ci fa continuare a girarsi verso di lui mentre si allontana in un'ammirazione che potrebbe, credo, almeno in alcuni casi, essere fraintesa.

Ma pensiamo al fatto che ci manda in visibilio di stupore: l'auto­assemblarsi di questo organismo a partire da un'unica cellula, la cellula zigote.

 

Se la cellula zigote fosse un metro, il nostro corpo sarebbe alto diciassette o diciotto chilometri, un corpo di un metro e settanta o di un metro e ottanta. E in questo gigante alto chilometri co-esistono, intricati l'uno nell'altro, attivi l'uno sull'altro, tanti giganti quanti sono i sottosistemi: il sistema osseo, il sistema nervoso con un grande bulbo in alto e tutte le terminazioni a forma di corpo fino alla pelle, il sistema circolatorio con una grande pompa al centro e tutte le terminazioni capillari fino agli estremi della pelle, il sistema respiratorio, il sistema digestivo. Tutti questi sistemi rientrano l'uno nell'altro, agiscono l'uno sull'altro all'interno del tegumento della pelle, e tutti sono stati estrusi per auto-trasformazioni successive dalla cellula zigote. Sono stati successividella cellula zigote.

L'embriologia è il processo più prodigioso dell'universo. Il cervello con i suoi mille/diecimila miliardi di connessioni, il più grande computer immaginabile, è tutto auto-assemblato insieme con il cranio e i nervi adduttori e gli occhi e gli orecchi: altri strumenti sofisticatissimi, tutti auto-prodotti dalla cellula iniziale, da questa goccia di liquido stracarico di informazione, immenso manuale sulla costruzione del corpo e macchina che lo costruisce. Ripeto, se c'è un oggetto davanti a cui prostrarsi su di un tappetino io credo sia la cattedrale biologico-molecolare del corpo umano e il processo del suo auto-assemblaggio, della sua auto-costruzione senza ingegneri, senza idraulici, senza operai di nessun genere.

Questa è la meraviglia della complessità.

 

GYÖRGY LIGETI, Kammerkonzert, III

poi GIACINTO SCELSI, Pfhat, I (sfondo)

 

A questa meraviglia inenarrabile possiamo dare una profondità storica come abbiamo fatto la volta scorsa, ripercorrendo a ritroso l'antichissimo fiume del sangue, ben più antico delle montagne perché ben più antico delle montagne è il fiume della vita.

Dalle montagne scendono fiumi d'acqua, ma le montagne si consumano. Le Alpi - dieci milioni di anni - sono state precedute dal corrugamento ercinico, che poi si è appiattito e che è stato preceduto dal corrugamento caledoniano. Ma quando ancora le montagne non erano, da migliaia di milioni di anni la vita era, la cellula era. Da centinaia di milioni di anni l'organismo vivente era. Antichissimo è il pozzo del passato, dice Thomas Mann.

 

Risalendo il fiume del sangue

io trovo antenati che non possono non dirsi umani:

protendono verso di me le loro mani.

 

Ma risalendo a passi di centinaia di migliaia di anni

trovo antenati

- miei e tuoi, perché ormai sono comuni, sono pochi -

di aspetto scimmiesco.

 

E poi antichissimi avi vertebrati, come i pesci del Cambriano.

E poi i primi cordati, con la corda neurale.

 

E poi antenati che ormai non hanno più nulla di umano,

ma che sono miei antenati diretti senza i quali non sarei qui,

nelle profondità degli oceani primordiali.

 

Antichissimo è il fiume del sangue, il fiume della complessità.

 

Io credo che contemplare questa nostra identità strutturale e temporale sia un buon modo di passare il tempo libero.

* Questo è poi il messaggio pratico del mio corso.

 

Per dare un'ultima idea sulla complessità mi fermo ancora un momento su quella meraviglia quasi gratuita che è il sesso. Secondo l'Enciclopedia Britannica, il numero delle cellule spermatiche in una singola eiaculazione umana è tre per 108, trecento milioni. Supponendo che un giovane maschio adulto sessualmente attivo abbia due eiaculazioni alla settimana, il suo apparato riproduttivo stampa più di mezzo miliardo di mezzi manuali di istruzioni per l'assemblaggio di un corpo umano alla settimana; circa trenta miliardi di mezzi manuali, cioè spermatozoi, all'anno; circa mille al secondo. Ognuno contenente un numero di unità di informazione dell'ordine di alcune migliaia di Divine Commedie. Tanto di cappello alla Tipografia Testicoli & C. che stampa questo fantastiliardo annuo di caratteri.

E l'intera tipografia è stata assemblata per opera di una piccola parte delle istruzioni contenute in uno di quei mezzi manuali del genere da lei stampato e precisamente nello spermatozoo Ulisse che fecondando in dura concorrenza con 299.999.999 Proci l'ovulo Penelope, ha coedificato il corpo maschile al quale la tipografia appartiene. Forse i maschi umani farebbero bene a meditare anche intellettualmente le proprie eiaculazioni.

 

FRANK ZAPPA, G-Spot

Poi JOHN CAGE, String Quartet in Four Parts: Nearly Stationary (sfondo)

 

Il quarto e ultimo infinito oggetto della nostra meditazione profonda riguarda anch'esso l'ontologia umana. È l'infinito di incomprensibilità: il rapporto materia-mente, cervello-concetti intelligibili. È questo mistero continuo e contiguo in cui siamo immersi e che noi siamo, e che sta accadendo in questo preciso istante.

 

In questo preciso istante un cervello nell'universo, il mio,

guidando con algoritmi supersofisticati il mio apparato fonatorio,

mi porta a trasformare i miei pensieri ancora inespressi,

in suoni che appartengono al mondo fisico

e che possono essere registrati.

Questi suoni percuotono i vostri timpani.

 

Nell'orecchio le vibrazioni del timpano vengono trasformate

in messaggi bioelettrici per nervo, trasformazione mirabile.

Questi messaggi che sono una decodificazione e ricodificazione delle

vibrazioni del timpano percorrono il nervo, che è un fatto fisico,

raggiungono zone del cervello

cioè parti di quel piccolo cavolfiore di carne speciale

che ognuno di noi porta custodito nella teca ossea del cranio

e che è l'oggetto più complesso e più misterioso

dell'universo conosciuto.

Raggiungono queste zone di carne matura come le raggiunge il

sangue,

ma il sangue attraversa il cervello come attraversa il fegato:

entra con ossigeno, esce senza ossigeno.

Entra sangue, esce sangue.

 

Qui entra biologia molecolare, entra biochimica

ed escono concetti,

concetti coscienti.

 

Il cervello fa da interfaccia: fenomeni di mondo l popperiano,

fenomeni di algoritmi materiali in strutture di carne,

di carne zuppa di sangue,

circuiti nella carne zuppa di sangue

si trasformano in concetti.

Voi mi state capendo, voi cervelli mi state capendo.

Io so quello che dico. Io cervello, carne matura inzuppata di sangue,

so quello che dico.

Tu cervello, carne matura inzuppata di sangue, sai quello che dico.

Nessuno dei neuroscienziati,

delle decine di migliaia di neuroscienziati,

cioè di cervelli di neuroscienziati

sa neppure minimamente come avviene questa trasformazione

alchemica

e ben più che alchemica.

Non il banale trasformare materia in oro, in altra materia,

ma il magico trasformare materia in concetti intelligibili, del tutto

immateriali:

in significati!

in significati coscientemente compresi!

 

Ecco il mistero.

Nella cattedrale biologica, nella cattedrale di complessità del mio

corpo

c'è una parte diversa da tutte le altre.

Nella custodia ossea del cranio

sta l'oggetto più misterioso dell'universo umanamente conosciuto,

sta ilpiccolo cavolfiore di carne speciale

capolavoro della materia matura.

Nella cranio-teca Homo sapiens sta molle computer nutrito di

sangue,

computer immenso, da mille a centomila miliardi di

neuroconnessioni,

il molle cavolfiore intriso di sangue,

l'interfaccia supremo tra la materia e la mente,

il molle cavolfiore nutrito di sangue,

l'interfaccia supremo tra la materia e la mente.

 

La materia ha estensione, forma, composizione chimica;

la mente cosciente non ba estensione, non ha forma

non ha composizione chimica.

Qual è la composizione chimica di un ricordo?

Sono due mondi fatti di stoffa completamente diversa.

 

La materia è nota ai sensi e agli strumenti, la materia è

intersoggettiva;

la mente cosciente è ignota ai sensi e agli strumenti.

I sensi e gli strumenti guardando nel cervello non trovano che

cervello,

non trovano la coscienza.

La mente cosciente è nota soltanto alla mente cosciente.

I sensi e gli strumenti incontrano solo il cervello,

incontrano solo il suono registrabile,

incontrano solo la materia e l'energia.

I sensi e gli strumenti non incontrano la mente.

Solo la mente conosce la mente.

Ed è solo nel cervello che avviene la supertrasformazione .

 

E io sono questa trasformazione.

Io sono l'interfaccia dei due mondi, io sono la materia: e l'aldilà della

materia.

Io sono il mantra tibetano OM MANI PADME HUM,

io sono "il gioiello della mente spirituale

che risplende nel fiore di loto del corpo cosmico".

Io sono questa meraviglia e questo mistero.

 

Ancora una volta, partendo dalla vita, come partendo dall'infinitamente grande e dall'infinitamente piccolo, siamo giunti sulla soglia dell'irrappresentabile: di ciò che ci supera. E ho già detto, possiamo raccoglierei in questa certezza, in questa presenza toccabile di ciò che ci supera.

Anche la consapevolezza dei nostri limiti di fantasia intellettuale, di realizzazione, è mistica, mistica laica. Ma anche stavolta non vorrei terminare in modo dimesso, vorrei che gli ultimi minuti fossero occupati da una musica che sia un inno alla meraviglia e al mistero dell'uomo.                *

 

GIACINTO SCELSI, Anahit

 

 

 

 

 

 

LA VIA DELLE EMOZIONI E DELL’ALTA IDENTITà, 1

 

 

Siamo alla quarta ora di questo nostro, chiamiamolo corso, di mistica laica. Abbiamo alle nostre spalle un'ora dedicata alla meditazione di pacificazione profonda e di vigile consapevolezza, che abbiamo chiamato la prima via, e due ore dedicate alla grande scienza occidentale, alle grandi scienze occidentali e ai paesaggi - i quattro infiniti - che queste scienze ci dischiudono.

La prima via, come è intuitivo, è quella tradizionale, orientale; la via delle scienze è un inedito, è un applicare la mente orientale alle scienze occidentali. E quello che cercheremo di fare oggi è una terza via, la via delle emozioni o la via dalle emozioni, naturalmente molto diversa dalle prime due.

 

TONY SCOTT, Is Not All One (sfondo)

 

Prima di iniziare a parlare di emozioni io credo che dobbiamo brevemente ripetere la prima via, ripercorrerla per un piccolo tratto, perché come ho detto, mentre in Oriente è la via suprema che conduce alla meta, in questi nostri incontri sarà anche l'esercizio base che prepara gli altri tipi di meditazione, e quindi vi ricordo l'atteggiamento da prendere.

Deve essere di verticalità: non protesi verso il proprio futuro, verso quello che faremo; non protesi verso il nostro passato, verso i condizionamenti che ci portiamo dentro in base alla nostra autobiografia; non in avanti, non all'indietro, non a destra, non a sinistra. Verticali, interamente nel momento presente. Cercare un filo a piombo che ci attraversa dalla sommità della nuca fino al centro sacrale, che si dirige da un lato verso il centro del pianeta e dall'altro verso lo spazio infinito. Verticali, quasi identificandoci con questo filo a piombo e spalancando la coscienza, senza contenuti, a 360 gradi solidi.

Il respiro sale quando comprimiamo la pancia e scende quando la distendiamo, lungo questa verticale, ed è il garante della nostra concentrazione e della nostra consapevolezza. È in questo modo che andrebbero ascoltate anche le cose che diremo oggi.                 *

 

La via delle emozioni si aggiunge, senza sostituirsi, alla via della scienza che abbiamo percorso fino a questo momento. Parleremo di emozioni basse e di emozioni alte.

Le emozioni basse sono algoritmi viscerali che un tempo, decine di millenni fa, erano utili alla sopravvivenza e ancora oggi servono all'antilope quando c'ha il fuoco da una parte e il leone dall'altra e non sa che cosa fare e obbedisce semplicemente alla paura e schizza via. Le emozioni alte invece sono neocorticali, sono delle esaltazioni non discorsive che accompagnano le esperienze supreme, proprio quelle esperienze nelle quali ci appare l'altamente significativo e alle quali ho dato il nome di mistica. Quindi le esperienze emozionate sono l'accesso del cervello umano all'esperienza mistica.

Queste esperienze di cui parleremo oggi sono di tipi diversi e io amo chiamarle, seguendo Péguy, le sorelle maggiori dell'anima. Prendo la sua metafora: l'anima è una bambina, dà la mano a delle sorelle maggiori, che nel suo caso sono le grandi virtù, in questo caso l'anima dà la mano alle possibilità mistiche che l'attendono e che io chiamo le sorelle maggiori dell'anima. Queste grandi sorelle che stanno per così dire in cielo, un po' come il sorriso del gatto di Alice, sono le trascendenze immanenti promesse a noi in questa stessa vita. Non sono degli aldilà dell'esperienza, sono degli .aldilà del banale.

È chiaro che le scienze e le esperienze emozionate sono diverse. Le scienze, possiamo dire, appartengono al logos, e le esperienze emozionate le possiamo raggruppare, platonicamente, sotto il concetto di eros. Io credo che logos e eros si dividano l'ottanta per cento del pensiero di Platone, che essendo arrivato per primo aveva capito già quasi tutto.

Le scienze sono degli afferramenti concettuali analitici di intelligibili, di contenuti intelligibili. Invece le esperienze di cui parliamo oggi, le emozioni, sono degli incontri con l'altamente significativo. Incontri di cui abbiamo detto l'altra volta che non sono fatti di parole. Si può anche dire che la scienza sta in rapporto col suo oggetto come l'io con il 'ciò', con l 'oggetto, mentre si può dire che l'emozione incontra il suo oggetto piutto sto come un 'tu', per riprendere una terminologi a di Buber.

 

DAVID KRAKAUER, Congo Square Doina

 

Le emozioni basse hanno come regina la paura, e questa paura regna, secondo quello che dicono i teorici delle emozioni, su altre cinque emozioni di base che abbiamo in comune con gli animali. Ufficialmente sono la rabbia, il disgusto, la gioia, la tristezza e la sorpresa. Come ho detto servivano all'animalità dell'uomo come algoritmi di sopravvivenza e di convivenza.

Che cosa farne? Io credo che le dobbiamo semplicemente superare. Credo che non servano più, credo che siano delle cattive maestre.

 

DIAMANDA GALAS, Schrei x Live: M Dis II

 

Sono proprio queste emozioni basse che colonizzano continuamente la nostra psiche e ne fanno quel groviglietto di guai di cui abbiamo già parlato e di cui la meditazione del primo tipo dovrebbe liberarci; quando io guardo dentro di me io mi dico: "Psiche, il tuo nome è Tumulto".

Non dobbiamo ignorarle. Dobbiamo osservarle, esplorarle con quella consapevolezza vipassana che abbiamo detto. Dobbiamo penetrarle senza timore, ma penetrandole dobbiamo vincerle e infine accomiatarle.

 

Oggi ci occuperemo invece delle emozioni alte. Le emozioni alte sono forse più delle esaltazioni che delle eccitazioni. Io credo utile distinguere l’eccitazione, che è qualche cosa di molto vicino ai nostri riflessi, ai nostri istinti, qualcosa che semplicemente ci muove - qualcuno dice che le emozioni sono solo delle mozioni - e invece le esaltazioni, che sono l'incontro con il significativo. Questo incontro, nella condizione umana, non avviene nel vuoto. Avviene attraverso incontri fisici con delle cose o con delle situazioni. Le emozioni alte, si può dire che in genere muovono dall'incontro di una pienezza, per esempio una pienezza sessuale, una pienezza estetica, una pienezza di affetti, una pienezza di rapporti umani, e queste cose o queste situazioni hanno chiaramente una sagoma. È la sagoma di un corpo, è il ricordo preciso di un posto dove vi trovavate.

Ma mentre l'oggetto che fa nascere l'emozione ha una sagoma,

l'emozione è senza sagoma. Si potrebbe dire, usando una terminologia buddista, è al di là di nome e forma. Quindi l'itinerario tipico della nostra mente emozionata è da un pieno, che è una pienezza, a uno stato senza sagoma che possiamo definire un vuoto. Il vuoto è più mistico del pieno. Ma nella nostra condizione non possiamo incontrare il vuoto direttamente. E bisogna anche dire che questo vuoto non è il contenuto di una scatola in cui non c'è niente, è un vuoto altamente vibrante. È una presenza vibrante della coscienza senza sagoma.

 

Musica non potuta ritrovare (flauto e colpi di tamburo)

 

Mi fa anche piacere osservare il rapporto delle emozioni col tempo.

Sono delle piccole estasi di cui non ci accorgiamo. Sono delle piccole, avvertite eternità. Se voi vi emozionate davanti a un quadro, il momento in cui ne ricevete l'impatto di bellezza è un momento fuori del tempo in cui c'è tutto quello che ci vuole, totum simul, tutto insieme quello che ci vuole. Questo esserci tutto insieme quello che ci vuole in un attimo, "fermati sei bello", è una minuscola intimazione di eternità.

Un'altra, un'ultima osservazione: nelle emozioni c'è sempre qualcosa di esclamativo, c'è sempre un qualcosa come un "ooohhh!". Ma questo esclamativo nasce da buoni indicativi, nasce da buone osservazioni. Non è affatto vero che si emoziona di più chi conosce meno. Abbiamo tutti fatto l'esperienza di guardare un quadro o di ascoltare una musica. Quello che ci emoziona e che produce i buoni esclamativi sono le osservazioni, sono i buoni indicativi. Guarda quel pezzetto di muro giallo, guarda questo, guarda quest'altro. Siamo con gli occhi fuori della testa, osserviamo e meglio osserviamo e più ci emozioniamo. Non sono gli esclamativi che generano gli esclamativi, sono gli indicativi che li generano. Sono i prelievi sensoriali e intellettuali, è la rapacità conoscitiva che genera l'emozione. Non posso negare di essere un po' emozionato mentre parlo di emozioni. Le emozioni emozionano.

 

Adesso vorrei fare una panoramica di emozioni, una fenomenologia di emozioni. Ne ho scelto sei tipi. Ce ne sono sicuramente molti altri, ma questi danno un'idea di quel paesaggio che vorrei creare davanti a voi.

Io le evocherò, le renderò presenti e può darsi benissimo che quello che io dico non corrisponda all'esperienza di ognuno. Quindi voi dovreste percepire, diciamo, le mie parole e la musica che si alternerà con queste parole, non come uno spettacolo, ma piuttosto come un sostegno, un supporto per i vostri ricordi. Cioè quando parlerò delle sei emozioni scelte per oggi l'ideale è che voi, ogni volta, piuttosto che pensare a quello che dico io, guardiate dentro di voi a delle vostre emozioni dello stesso tipo, ma altamente personali.

Allora: io ho scelto nell'ordine, l'esperienza erotica, l'esperienza estetica, l'esperienza ontologica, l'esperienza vocazionale, l'esperienza avventurale -l'avventura - e l'esperienza che possiamo chiamare tenerezza-responsabilità.

 

Musica non potuta ritrovare (flauto)

 

È chiaro che l'esperienza erotica è una gamma di tipi di esperienze che vanno dalla sensualità più libidica, quella di Pan, il dio della masturbazione e dello stupro, alla sessualità più alta, quella forse di Giove o di Venere con delle grandi componenti estetiche, o all'innamoramento: al vero e proprio modus amoris di cui parla Binswanger. A me interessa sceglierne una, perché poi la devo distinguere da tutte le altre, e allora ho scelto l'eros sensuale che possiamo chiamare una concupiscenza-sgomento.

 

LEONARD COHEN, Light as the Breeze (poi come sfondo)

 

Ma tu guarda quel sedere che si sposta col passo,

che una volta sta su una gamba e una volta sta sull'altra.

Miodìo, ma ... mi sta inclinando la scollatura, me la sta inclinando

davanti.

Miodìo che cos'è quel pancino, abbronzato, con l'ombelico di fuori

tra

l'elastico rosso delle mutandine e il cinturone di cuoio dei jeans

e sopra, il bordo agitato della maglietta.

Miodìo ma tu guarda lì dentro nella scollatura

come si dividono quelle due curvature, quei due volumi come si

distanziano,

quelle due curve-volumi di morbida femminilità,

opalescendo sullo sfondo di ombra.

Mannaggia cosa sarebbe metterle una mano verticale tra le cosce,

una mano ben rigida come la pala di un remo

con il pollice saldato agli altri diti che cozza

e ricozza contro la prua delle mutandine ben aderenti, mannaggia.

 

Credo di aver dato un'idea delle emozioni erotiche di tipo sensuale. *

 

Esperienza estetica: ho scelto qualche commento ai quadri di Vermeer, che è uno dei miei pittori preferiti.

La chiusura degli spazi (Vermeer dipinge praticamente solo stanze) produce un effetto di raccoglimento, di concentrazione, non di piccolezza o di soffocazione.

La luce, pur venendo da una finestra laterale, è come una chiarità intrinseca attribuita a tutte le cose. Le si può applicare il verso di D'Annunzio: "In ogni sostanza si tace l la luce e il silenzio risplende". In tutti gli interni di Vermeer è esattissimo, è descrittivo, è indicativo, che in ogni sostanza si tace la luce e il silenzio risplende.

La composizione di Vermeer è rigorosa all'estremo, forse la più essenziale in tutta la pittura dell'Occidente, è ottenuta per sottrazioni successive di oggetti inutili.

Ma all'essenzialità della composizione fa riscontro 1'opulenza tattile del messaggio materico da essa disciplinato. Il messaggio materico è tattile al punto da rendere percepibile addirittura il plasma interno delle sostanze, per esempio il velluto granuloso, granito, di una tovaglia. è un messaggio visivo non solo per dita che percorrono la superficie, ma anche per dita che stringono da ambo i lati le cose, come palpando stoffe, come discernendone le qualità tessutali e in qualche modo la genesi.

Quindi si può dire che Vermeer, la pittura di Vermeer, è platonismo concreto, perché la figurazione astrae da tutto l'inessenziale senza astrarre da nulla del materico.

 

LUDWIG VAN BEETHOVEN, Sonata per violino e pianoforte "Primavera", I

 

La terza sorella maggiore dell'anima la conosciamo già dai nostri incontri precedenti sulle scienze, è l'emozione ontologica.

 

Un trasalimento di stupore davanti ai due fatti fondamentali: che il mondo è, come il mondo è. Qui l'esclamazione è piuttosto del tipo: "incredibile!"

 

Vi ricordate la nostra discesa giù per il vertiginoso cono, dalla nostra dimensione a quella dell'atomo, una specie di gorgo che si appunta verso l'infinitamente piccolo? Vi ricordate le cifre? Mille volte un miliardesimo di miliardesimo del volume di un millimetro cubo. Come si fa a precipitare con la fantasia fino a quelle microdimensioni? E questo atomo infinitesimo - ce ne stanno mille miliardi di miliardi in un millimetro cubo - è uno spazio più vuoto del sistema solare. 125 milioni di volte più vuoto del sistema Sole-Terra. Quell'infinitesimo ha al centro un nucleo, e intorno un elettrone, e questo sistema è 125 milioni di volte più vuoto del sistema·Sole-Terra.

 

Oppure la cellula: mille miliardi di unità di informazione concentrati in una sferula di cui ce ne stanno da un milione a dieci milioni in un millimetro cubo. Migliaia di enzimi al lavoro come concertisti iperesperti senza direttore di orchestra.

 

ROBERT FRIPP & THE LEAGUE OF CRAFTY GUITARISTS, Askesis

 

Un mondo più complesso dell'universo che come sua infinitesima particella lo contiene. La cellula è infinitamente più complessa dell'universo. E il mio corpo è centomila miliardi di questi mondi ipercomplessi, tutti coordinati tra loro, anche in questo momento che parlo.

 

Oppure il thaumazzein, la meraviglia antologica, sul nostro cervello. Questo cavolfiore di carne speciale inzuppata di sangue che trasforma, per esempio adesso, vibrazioni di timpano in pensieri, in pensieri coscienti. Interfaccia tra il mondo ignoto a se stesso della materia e il mondo della coscienza e dell'intelligenza.

 

Questo è il tipo di immagini che suscitano l'emozione antologica, il risveglio all'essere.

 

La quarta emozione che ho scelto è l'emozione vocazionale. Tanti anni fa, nel1977, mia figlia Elena mi ha dedicato una copia del libro Il gabbiano Jonathan Livingston. È la storia di un gabbiano che invece che volare solo per andare a cercare il cibo, vola per amore del volo e raggiunge livelli supremi dell'autocoscienza. La dedica di questa bambina di dieci anni era "A papà, una cosa che lui desidera essere".

Possiamo parlare anche della vocazione in tanti modi, come dell'eros. Per esempio c'è una vocazione-chiamata che si sente da bambini, da adolescenti, un'arcana voce-non voce che ti dice: "dài tutta la vita!". È una seduzione dal lontano, dall'oltre.

Io ricordo per anni di essere stato svegliato dalla siesta, il pomeriggio, praticamente proprio nell'attimo in cui mi addormentavo, perché nel momento in cui perdevo coscienza, all'ora nona, mi accorgevo di perdere coscienza, come se fossi ·morto, e diventavo contemporaneo della mia morte, e allora dentro di me si pronunciava come un grido: "Oh che la mia vita non trascorra senza significato!". Un grido che per così dire invocava la vocazione .

 

HAMLET GONASHVlLI, Orovela

 

Ma si può anche parlare della vocazione adulta come un patto risoluto con se stessi. Come un'esaltazione sicura dei propri mezzi: "È questo che voglio fare. È questo l'effetto che voglio fare. Sto facendo quello che voglio fare. Sto per fare quello che voglio fare. Sono riuscito in pieno in quello che volevo fare".

 

LUDWIG VAN BEETHOVEN, Quartetto per archi op. 135, IV

 

La quinta sorella maggiore dell'anima è l'avventura.

Io credo che l'avventura sia lo stato di salute della vita umana.

Una vita che non è avventura o che non si trova in una fase di un'avventura, secondo me, è una vita non in perfetta salute. Bisognerebbe forse includere l'avventurosità della vita nei parametri della buona salute di cui parla l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il libro di montagna forse più bello che conosco, di Terray, alpinista francese, si intitola Les Conquérants de l'inutile, I Conquistatori dell'inutile. L'uomo avventuroso è il conquistatore della parete verticale, è il circumnavigatore degli oceani, è chi raggiunge con un viaggio che non è turismo, ma che è trasformazione di sé, l'estremamente diverso, l'estremamente lontano-da.

E anche qui possiamo distinguere tutta una gamma. Io scelgo due esempi. L'emozione 'la partenza', l'emozione il 'si va!'. Arrivano i compagni nel luogo dell'appuntamento, e a ogni tonfo dello zaino scaricato in attesa degli altri un tuffo al cuore: "si va!".

 

KING CRIMSON, Saylor’s Tale

 

Una seconda modalità dell'avventura che bo scelto è quella che chiamerei invece 'big wall', grande parete, ricordando Lynn Hill, la prima scalatrice in libera di El Capitan nel parco nazionale di Yosemite. È invece qualcosa di simile all'iperconcentrazione direi caffeinica, a un ipercontrollo e a una vittoria tecnica di ogni secondo.

 

LUCIANO BERlO, Sequenza per viola

 

La sesta e ultima emozione che ho scelto è la tenerezza-responsabilità.

Ricordo per esempio mio padre, che mi aveva suscitato anche dei sentimenti di emulazione, di contrasto cavalleresco per mia madre: quando è diventato vecchio, con la sua testa rotonda coperta di capelli argentei - era diventato più basso di me con l'età -, io entravo nel suo studio dove leggeva o faceva finta di leggere il giornale e dicevo: "Papà".

 

GIACOMO PUCCINI, La fanciulla del West: "Che faranno i vecchi miei"

 

Oppure davanti ai bambini, davanti a quello che non si può non chiamare il loro baby appeal: "Tu guarda che délice, questo collo così più piccolo della testa, questo corpicino nudo, profumato di talco, che agita i piedini e che fa uscire una bollicina di saliva dalle labbruzze che ancora non parlano".

Oppure: "Guarda questi capelli già di ragazzina, questi occhi già pensosi -questi chissà che pensieri, che problemi".

Oppure, dopo diciannove anni di vita in casa mio figlio sta partendo, mi saluta dal finestrino del treno, lascia la casa: "Questa è la sua vita".

O ancora, dal laggiù della sofferenza del letto di malato, della carrozzella, sale a me lo sguardo della persona che io assisto, che ha solo qualche mese di vita, tende verso di me le mani scarne e gli occhi scavati.

L'emozione della tenerezza, l'emozione del prendersi cura, è la nostra sesta e ultima sorella maggiore dell'anima.

 

CAETANO VELOSO, Debaixo dos Caracois

 

Io ho disposto, ho esteso davanti a voi, un paesaggio di sei emozioni alte, scelte perché diversissime una dall'altra.

Nella prossima ora ci occuperemo di cosa fame, di queste emozioni, in una prospettiva meditativa e sapienziale.

 

Ma fin da adesso vorrei, terminando, che ognuno di voi dicesse:

 

È vero, in me ci sono tutte queste cose.

Come sono ricco.

Come sono stato costruito ricco.

Che meraviglia che sono.

Il mio corpo,

quei centomila miliardi di mondi differenziati e coordinati,

è stato costruito anche per questo:

perché in me ci fossero queste possibilità

di rispondere alle sorelle maggiori dell'anima,

di 1asciarmi prendere la mano dall'eros e dall'amore,

dalla bellezza artistica e dalla bellezza dei paesaggi naturali,

dal risveglio all'essere con stupore e con meraviglia

per quanto è improbabile e meraviglioso, improbabile e necessario;

!asciarmi prendere la mano dall'avventura;

dare la vita per una vocazione;

sentire il mio cuore che si riempie di tenerezza e di responsabilità.

È vero che dentro di me ci sono tutte queste cose.

 

 

GYÖRGY KURTAG, Officium breve in memoriam Andreae Szervanszky

 

 

 

 

 

 

 

LA VIA DELLE EMOZIONI E DELL'ALTA IDENTITÀ, 2

 

 

Siamo alla quinta ora di questa osa che abbiamo chiamato corso di mistica laica.

Chi l'ha seguito fm qui ricorda che abbiamo esplorato successivamente tre vie di meditazione, tre vie del meditare in Occidente: la via della pacificazione profonda, samadhi, e della vigile consapevolezza, vipassana; la via delle scienze, della cosmicizzazione, tipicamente occidentale, ma non per questo non contemplativa: ci siamo sprofondati nell'infinitamente grande, nell'infinitamente piccolo, nell'infinitamente complesso, nell'infinitamente incomprensibile; e nell'ora precedente abbiamo iniziato a percorrere la via delle emozioni. Abbiamo distinto le emozioni basse e le emozioni alte. Le ricordiamo un momento con due brani musicali per dare un'idea della loro differenza.

 

NICK CAVE AND THE BAD SEEDS, Stagger Lee

FRYDERYK CHOPIN, Valzer op. 69 n° 1

 

Abbiamo detto che le emozioni basse devono essere il più possibile superate. Purtroppo non siamo potuti entrare nei modi del superare la paura, nei modi del superare la depressione, del superare la rabbia, la gelosia, tutte queste emozioni basse che in fondo sono il groviglio dei guai che affligge l'animo umano; hanno perso il loro antico valore adattativo, di protezione dell'animale che non ragiona, e quindi ormai sono delle palle al piede, in realtà, di cui liberarsi; non sono delle buone maestre.

Ma di tutto questo noi non ci occupiamo perché ci siamo invece rivolti verso le emozioni alte, quelle nelle quali, o con l'accompagnamento delle quali, incontriamo l'altamente significativo.

La mistica è non discorsiva ed è sempre emozionata.

 

TONY SCOTT, Is Not All One (sfondo)

 

Oggi dovremmo parlare della gestione sapienziale delle emozioni, della meditazione delle emozioni. Per farlo, come le altre volte, io propongo di usare la meditazione di pacificazione profonda, samadhi, e di vigile consapevolezza, vipassana, come esercizio base che dispone a un ascolto diverso.

Cercate di ottenere verticalità sia fisica sia psicologica.

Fisica: sedendovi ben fondati, cercando di toccare, per così dire, il soffitto con la sommità della nuca, di estendere la colonna vertebrale come il tronco di una giovane palma, estendere senza tendere.

Verticalità psicologica: smettere per un po' di protendersi verso il futuro, "Cosa farò oggi? Cosa succederà tra poco?", oppure verso il passato, "Cosa mi è capitato ieri? Con chi ce l'ho? Chi mi ha trattato bene, chi mi ha trattato male?", i ricordi. Cerchiamo di sgombrare e di giungere a una verticalità, a un filo a piombo psicologico tutto nel presente.

In questo modo disponiamo la nostra mente a una conoscenza che non ha le torsioni, le deformazioni del nostro ego-riferimento. Forse anche restituiamo un po' all'universo il dono che ci ha fatto, il dono della consapevolezza, perché è certo che almeno in questa zona del cosmo siamo noi la consapevolezza, noi umani su questo pianeta. E forse l'universo ha dovuto aspettare dieci miliardi di anni e faticare per dieci miliardi di anni perché i nostri corpi fossero.

Io vorrei che ascoltassimo le considerazioni e la meditazione guidata di oggi in questo atteggiamento di consapevolezza e di cosmicizzazione.

 

L'ultima volta abbiamo esplorato sei emozioni alte: l'emozione connessa all'eros, l'emozione-esperienza estetica, l'emozione-esperienza ontologica, l'emozione vocazionale, l'emozione avventurale, l'emozione della tenerezza-responsabilità. Queste emozioni accadono in noi come fatti, ci succede di emozionarci.

Che cosa fame? Come gestire questo reperto fondamentale?                              *

Un primo modo è semplicemente di godersele. Il viveur appassionato, l'uomo intenso desidera passare da emozione a emozione. Una vita ben organizzata è quella in cui continuamente sono state precostituite occasioni di emozioni positive. Siamo a Firenze, si passa dall'olio bono della ribollita al concerto alla Pergola del pomeriggio alla serata di bridge con gli amici. Una collana dì perle in cui è l'oggetto che fornisce l'emozione. Meglio la vita intensa che la vita inerte, meglio la fiamma, anche se è un fuoco di paglia, che una vita di cenere.

Un altro modo di gestire le emozioni, specialmente quando sono passioni che trascinano, io lo trovo in Occidente, per esempio nella filosofia di Alain che è stato il maestro di un mio maestro, è stato il maestro di molti dei maestri del pensiero in Francia: lui vede le belle arti, les beaux arts, esattamente come delle vie di accettazione e al tempo stesso superamento delle emozioni. Non c'è repressione delle passioni, c'è espressione, e nel momento dell'espressione è chiaro che la passione diventa qualcos'altro. Soddisfare una pulsione omicida uccidendo è ben diverso che descriverla anche in tutta la sua ferocia. Mi sembra che in un certo senso anche Croce abbia accettato questa eticità dell'arte e io stesso amo dire che la migliore etica è forse la po-etica.

 

Ma oggi propongo tre vie orientali connesse con la meditazione, perché stiamo parlando di un meditare in Occidente.

Una prima via, su cui non voglio fermarmi a lungo, la possiamo chiamare la via dello zen o della vipassana, della consapevolezza. Quella che Krishnamurti chiamava la choiceless awareness, la presenza di spirito senza scelta.

Ci sono le emozioni e noi assistiamo alloro sorgere e alloro tramontare. Io ricordo che qualche mese fa, influenzato da un libro bellissimo su lo zen e le neuroscienze, arrivato alla stazione di Firenze, dirigendomi verso il mio dipartimento all'università percuotevo col piede le pietre del selciato e - ecco la:descrizione dell'esperienza - le cacche splendevano di essere.

 

Quella cosa brutta

che è un escremento di cane

risplendeva di essere.

Aveva vinto il nulla.

 

Questa imparzialità quasi tautologica - l'essere risplende di essere - è una possibile descrizione di quello stato d'animo che a volte viene chiamato satori, un'illuminazione simile a quella della luna piena in una notte limpidissima.

Creiamo nel nostro animo una notte di luna di tautologica, serena, leopardianamente serena, equanimità. Accade precisamente quello che accade.

 

ANTON WEBERN, Concerto Op. 24, II

 

Io non mi fermerò su questa rispettabilissima via perché voglio segnalarne altre due e fermarmi sulla terza.

La seconda via, non meno illustre, è quella della rinuncia ascetica: le passioni devono essere semplicemente fatte cadere.

Le passioni sono un ostacolo all'illuminazione. Lo scopo della vita, il dono più grande che si riceve con la vita è la possibilità dell'illuminazione; e le passioni sono ostacoli.

Potrei leggervi qualche passo dal commento di Taimni, un chimico indiano, agli Aforismi sullo yoga di Patañjali, l'opera più autorevole dello yoga ottuplice tradizionale, là dove si parla dei grandi voti di astinenza, uno dei quali, il brahmacharya, è il voto della vita divina e cioè il voto della vita senza concupiscenza sensuale.

"L'adepto sa che la vera vita yoga non può indulgere al sesso e accettare la perdita di forza vitale che è implicita nei piaceri della vita sessuale. Il desiderio di conciliare le gioie della vita mondana con la conoscenza trascendente della vita superiore appare patetico. Chi giunga a porre sullo stesso piano, o anche a considerare confrontabili, le gioie sensuali con la pace e la beatitudine della vita superiore che lo yogi persegue, e pertanto esiti nell'abbandonare le prime, deve ancora sviluppare quella forte intuizione che ci dice inequivocabilmente di dover sacrificare una pura ombra alla cosa reale, una sensazione passeggera al massimo dono della vita.

E bisogna notare che brahmacharya non soltanto rappresenta l'astinenza dal sesso, ma anche la libertà rispetto al perseguimento di ogni tipo di gioia sensuale. Questo non significa che dobbiamo sforzarci di non provare piaceri sensuali perché è impossibile. Il difetto non sta nell'avvertire la sensazione, che è del tutto naturale e in sé innocua, ma nel desiderare la ripetizione delle esperienze che procurano quella sensazione. Non è il piacere, è l'attaccamento agli oggetti di piacere che crea l'ostacolo.

Tuttavia una condizione di distacco non si ottiene se non si fanno anche rinunce, forse l'ideale è sentire tutti i piaceri senza attaccarcisi, ma la realtà è che senza una disciplina prolungata non si arriva a questo stato. A quel punto la libertà dall'attaccamento comporta, e lo si sente sempre di più, una pace ineffabile della mente e un'energia interiore accanto alla quale le gioie dei sensi sembrano intollerabili".

Fine della citazione-epitome di Tairnni. Questa è la via della rinuncia ascetica.

 

CANTO GREGORIANO: Sanctorum meritis

SRl HARlSWAMY & VEDAPARAYANAR'S, Vedic Chanting

 

Completamente diversa, in apparenza, è la via tantrica che invece prende atto che le emozioni non sono solo non abolibili, non reprimibili, ma sono anche una grandissima ricchezza. Non so se vi ricordate, l'altra volta abbiamo celebrato questa possibilità del nostro corpo-mente di emozionarsi. E vi leggo un aforisma del Vijñanabhairava. La conoscenza del Tremendo, un testo vicino allo shivaismo kashmiro sulle centododici vie di accesso alla coscienza suprema. Una di queste vie è precisamente l'emozione sessuale:

 

PANDIT MALLIKARJUN MANSUR, Raga Marwa (sfondo)

 

"In virtù di una intensa rammemorazione del piacere che dà una donna, coi suoi baci, scotimenti e carezze,pur in assenza di essa donna, oh Signore degli Dei, si può verificare un’inondazione di beatitudine”.

 

Abbiamo visto che per Taimni o per il Patañjali di Taimni la concupiscenza erotica è incompatibile con la vita superiore. Prendiamo un testo dalla Iniziazione Kalachakra di Naropa, l’aforisma 135:

 

“Non esiste peccato maggiore della mancanza di concupiscenza, non esiste merito maggiore del piacere, sicché, o Re, devi applicare di continuo la mente al piacere immoto”.

 

Manca il tempo per un commento, ma l'idea è questa (e viene espressa molto chiaramente nel commento di Naropa): lo stato naturale della mente è la grande concupiscenza; chi discende giù dalla grande concupiscenza sarà travolto da una serie di guai, perché l'estinguersi della grande concupiscenza accenderà le piccole concupiscenze, il potere accademico, il potere tout court, le ambizioni stupide. Il grande merito, l'unico merito, è il piacere. Che cosa intende il testo con la grande concupiscenza? Io ne do un'interpretazione personale: direi che la grande concupiscenza è l'inamoramento, con una 'n' sola.

Noi possiamo essere "innamorati di" ma possiamo anche essere "inamorati da", cioè possiamo incontrare qualche cosa o qualcuno che ci colloca sull'orbita della vita come amore.

In un romanzo di Tolstoj, Anna Karenina, Levin, il protagonista, sta per sposarsi di lì a poco ed esce la mattina, e fa le cose di sempre, cioè mette i piedi sulla scaletta di pietra in discesa, compra ilgiornale ... Ebbene quel mattino tutto è diverso. I gradini sono meravigliosi, risplendono nella luce obliqua del sole, il giornalaio è un omino carico di saggezza e di sorriso, tutto risplende perché Levin è inamorato.

Io credo che si possa interpretare la grande concupiscenza di cui parla Naropa come la vita in inamoramento. Essa è il merito.       *

Quindi vedete questa opposizione apparentemente frontale tra Taimni: le passioni, le emozioni sono ostacoli all'illuminazione - e il Vijñanabhairava o l'Iniziazione Kalachakra: le emozioni e la stessa concupiscenza erotica sono veicoli verso l'illuminazione.

 

JOAN BAEZ, Gracias a la vida

 

Come funziona questo traghettamento verso lo stato sommamente desiderabile, il Vijñanabhairava, la coscienza suprema, la mente del Tremendo.

Per illustrarlo prendo un altro aforisma, l'aforisma 71 del Vijñanabhairava, che parla della beatitudine gastronomi ca. Scelgo apposta una beatitudine un po' terra terra perché così si capisce molto meglio l'iter verso la coscienza suprema e anche perché la beatitudine gastronomica, come diceva Fourier, è la più importante: ce l'hanno già i bambini e ce l'hanno ancora i vecchi, mentre quella erotica è solo in certe fasi dell'esistenza. Ecco l'aforisma:

 

"Se uno, in occasione del dischiudersi della beatitudine gustativa, manifestata da cibi e bevande, realizza nella meditazione tale stato di pienezza, allora si invera la grande beatitudine".

 

Il testo è accuratissimo. In occasione del "dischiudersi" della beatitudine gustativa: non del prodursi, come un effetto di qualcosa di esterno su di me. Si dischiude: era chiusa in sé e si apre come un fiore di carta giapponese.

Della beatitudine gustativa "manifestata" da cibi e bevande: il testo non dice prodotta da cibi e bevande, dice manifestata; ed è giusto, perché in tutte le emozioni l'oggetto non causa le emozioni ma le manifesta: manifesta, chiama, una possibilità che è in me. Io non posso emozionare la sedia su cui sono seduto: l'emozione, almeno al cinquanta per cento, nasce da una possibilità inseminata nel soggetto che si emoziona. L'emozione sono io. L'oggetto manifesta che io sono emozionabilità.

Quindi ripeto: "In occasione del dischiudersi della beatitudine gustativa, manifestata da cibi e bevande, se uno realizza nella meditazione tale stato di pienezza, allora si invera la grande beatitudine". C'è una piccola beatitudine, quella gastronomica, manifestata dal cibo, ma meditando su questa piccola beatitudine s'invera la grande beatitudine. E che cos'è la grande beatitudine? È la consapevolezza che sono io quella beatitudine, anzi che io sono, che nel più profondo di me stesso, io sono beatitudine. E questa è la grande beatitudine.

 

Io proseguirò per questa via che ho chiamato tantrica, perché penso che in Occidente non potremmo rinunciare alle emozioni. E allora passo dalla teoria a un esperimento di meditazione guidata.

Voi sapete che quando si fa meditazione guidata occorrono lunghi tempi di silenzio. Noi essendo alla radio non possiamo certo lasciare passare del tempo in silenzio e quindi intercaleremo della musica, musica che evoca le sei emozioni alte e sostituisce i tempi di silenzio.

Assumete la posizione prevista per l'esercizio base e disponete davanti a voi un orizzonte di 180 gradi come se fosse un paesaggio.

 

In questo orizzonte assegneremo un sesto, se volete 30 gradi, a ognuna delle sei emozioni di cui stiamo per parlare. Se mettiamo una musica che evoca l'emozione erotica dovete risalire a un ricordo erotico, in modo che alla fine avete davanti a voi un paesaggio,un orizzonte, di sei ricordi, uno per ognuna delle emozioni che abbiamo scelto.

 

Nel primo quadrante alla vostra sinistra collocate un ricordo erotico.

 

LEONARD COHEN, I'm Your Man

 

Nel secondo spicchio di orizzonte collocate adesso un ricordo di una intensa, appassionata emozione estetica.

 

JOHANN SEBASTIAN BACH, Variazioni Goldberg: Aria

 

Nel terzo quadrante o sestante, davanti a voi ormai, collocate un ricordo di trasalimento antologico, di meraviglia su ciò che è.

 

SALVATORE SCIARRINO, Capriccio per violino, I

 

Nel quarto segmento di orizzonte sia un ricordo di emozione vocazionale.

 

THE MAHABHARATA - ORIGINAL SOUNDTRACK, Bushi Qi Sudure

 

Nel quinto comparto evocate un ricordo di avventura.

 

LE MYSTÈRE DES VOIX BULGARES, Svatba

 

Nell'ultimo segmento alla vostra destra collocate un ricordo che suscita in voi un'emozione di tenerezza-responsabilità.

 

PINO DANIELE, Ninnananinnanoé

 

A questo punto avete davanti a voi un paesaggio di sei ricordi emozionati, uno per ognuna delle sei emozioni alte che abbiamo scelto.

 

Siete ora chiamati a un esercizio non semplice, cioè a sentire, ad assaporare il gusto delle sei emozioni separandole dal ricordo.

È molto difficile.

Sentire l'emozione sessuale, indipendentemente dalla visione dell'oggetto che l'ha suscitata, sentire l'emozione estetica.

Un po' come nel romanzo di Süskind, Il profumo, il protagonista prendeva il corpo di una ragazza, lo faceva a pezzi e ne estraeva la fiala di profumo, prendeva le foglie secche del bosco, le lavorava e ne estraeva l'essenza, così da ognuno dei sei ricordi voi dovreste estrarre la fiala dell'emozione.

Non avete più un paesaggio di ricordi emozionati,

avete davanti a voi un paesaggio di emozioni.

Non vedete cose, aspirate fiale.

Se avessimo tempo vi chiederei di memorizzare, perfettamente questo paesaggio, addirittura numerando le esperienze e dai numeri risalendo alle esperienze.

Sono diventate vostro paesaggio davanti a voi

le vive e sentite sorelle maggiori dell'anima in persona.

 

Ora si apre una nuova fase che non potremo prolungar e, cioè la fase del confronto tra queste emozioni:

-   che differenza c'è tra l'emozione erotica e l'emozione estetica; tra l'emozione estetica e l'emozione antologica; tra l'emozione antologica e l'emozione erotica; tra l'emozione antologica e l'emozione di tenerezza-responsabilità;

-   quanto eros c'è nell'estetica; quanta estetica c'è nell'eros; quanto eros c'è nell'avventura; quanto eros c'è nella tenerezza.

L'esercizio dovrebbe continuare con un confronto tra le emozioni come tra colori-luci: non luci su oggetti ma luci luminose, pura luce, come quelle che vedete se fate il bagno in Sardegna senza la maschera e ci sono zone di luce bianca, zone di luce smeraldo chiaro, zone di luce zaffiro chiaro, zaffiro profondo.

Abbiamo le emozioni non come oggetti ma come luci di colori diversi e possiamo notare che, per esempio, c'è dell'eros nell'estetica. Se l'eros lo vogliamo chiamare il rosso, c'è del rosso nell'azzurro dell'estetica, c'è dell'azzurro, cioè c'è dell'estetica, nell'eros (almeno di un certo tipo), c'è dell'estetica nell'avventura. Potremmo dedicare molto tempo a osservare e a godere questo paesaggio di luci dal diverso colore, di trasparenze dai diversi colori.

 

JOHN CAGE, String Quartet in Four Parts: Nearly Stationary (sfondo)

 

Ma dobbiamo proseguire ancora oltre secondo le indicazioni del Vijñanabhairava.

Abbiamo raggiunto quelle che il testo chiamerebbe sei beatitudi-ni e dovremmo cercare di ascendere da queste beatitudini alla beatitudine suprema, alla coscienza del Tremendo.

Qual è l'itinerario? Ognuna di queste luci è luce.Cos'hanno in comune? Hanno in comune la stoffa coscienza emozionata, hanno in comune di essere luce, hanno in comune di essere coscienza emozionata.

È questa luce che tutte le permea, si tratta di arrivare a questa luce onnipervadente e alla sua scaturigine.

 

Quest'ultimo passo ci sembra precluso.

È uno dei misteri dell'essenza umana: la nostra identità è celata.

Io non sono quel ricordo, perché potevo averne un altro,

io non sono quella emozione o quel colore, perché sono anche tutte le

altre emozioni,

io non sono questo o quello, questa o quella esperienza,

io sono la condizione di possibilità di tutte le esperienze.

Questa è la vera identità, la sola cosa che non è un questo o quello.

 

Ma siamo animali extraversi,

è più facile incontrare oggetti

che incontrare le emozioni allo stato puro,

è più facile incontrare questa o quella emozione

che incontrare la scaturigine di tutte le emozioni.

 

La cosa che io più sono mi è più nascosta.

"Riconduci tutto alla mente" dice Milarepa,

"non vedrai nulla, dimora in questo non vedere".

Ecco l'approdo previsto alla coscienza suprema.

 

A questo punto diventa chiaro che la via ascetica e la via tantrica hanno lo stesso punto di arrivo.

La prima via si misura direttamente con l'impossibile identificazione con la coscienza suprema, la seconda cerca di pervenire alla coscienza suprema attraverso le altre, cioè le coscienze inferiori, le coscienze colorate o le coscienze di oggetti, dove le emozioni non sono ostacolo ma sono veicolo.

 

 

Come concludere la terza via del meditare in Occidente, quella che abbiamo chiamato la via delle emozioni o dalle emozioni? Direi, ancora una volta: prendendo meravigliata consapevolezza di quella meraviglia che siamo.

Nella prima ora ho citato il mantra tibetano OM MANI PADME HUM, "M'inchino a te gioiello nel fiore del loto, m'inchino a te gioiello della mente spirituale nel fiore di loto del corpo cosmico".

Questa è l'essenza umana. Io sono il gioiello della mente spirituale nel fiore di loto del corpo cosmico.

 

Queste vie alimentano autostima antologica contro tutte le depressioni psicologiche.

Proviamo a ripercorrere la via estetica per capire meglio questo punto.

Inizio con la voracità dell'osservazione, con i prelievi sensoriali e intellettuali: esattamente come nell'eros mi rapporto al quadro con voracità di prelievi.

I prelievi mi eccitano, provo eccitazione estetica e giungo a un giudizio eccitato "Questo quadro è un capolavoro!".

Dall'eccitazione del giudizio cerco di passare alla esaltazione del giudizio (abbiamo distinto all'inizio eccitazioni e esaltazioni: l'esaltazione è più ampia, è più calma, è meno collegata agli algoritmi istintuali).

 

L'esaltazione sfocia in una pace di approvazione.

La pace dell'approvazione si apre nella pace della contemplazion .

Dalla beata pace della contemplazione alla meraviglia di Sé:

"Oh cosa sono io in cui accade beata pace di contemplazione".

Dalla meraviglia di Sé alla fruizione di Sé:

assaporo la mia essenza.

Dalla fruizione di Sé alla beata pace della permanente fruizione di Sé.

 

CANTO GREGORIANO, In splendoribus sanctorum

 

Se percorriamo questa via gli oggetti non sono la preda da conquistare come faceva quel viveur dell'olio bono e del concerto e del bridge. Non sono prede da conquistare ma sono rivelatori di identità. Di 'inamissibile', di imperdibile identità: io sono sempre quella coscienza beatitudine, quella coscienza luce che la piccola beatitudine gastronomica o anche la suprema esperienza estetica rivela a se stessa.

Questo io sono.

Quindi passaggio da questa o quella beatitudine a la beatitudine. Usare le emozioni come rivelatrici o rivelatori di identità; e siccome l'identità è permanente la beatitudine diventa permanente, perché la fruizione di Sé è fruizione ininterrotta .

Dalle singole beatitudini alla beatitudine di essere beatitudine.

 

GIACINTO SCELSI, Pfhat, II

 

 

 

 

 

 

UN MODELLO DI GIORNATA MEDITATIVA

 

 

Questa è la sesta e ultima ora del nostro percorso di mistica laica "Meditare in Occidente".

Ormai abbiamo alle spalle un paesaggio di meditazioni: la meditazione di pacificazione profonda, diciamo la meditazione samadhi; la meditazione di vigile consapevolezza, di presenza mentale, vipassana; le meditazioni sulla scienza, questo balcone aperto sull'infinito, sull'infinitamente grande, sull'infinitamente piccolo, sull'infinitamente complesso, sull'infinitamente incomprensibile; la scienza, questa ricchezza forse suprema dell'Occidente, come via di contemplazione. E poi ci siamo dedicati alle emozioni, alla via delle emozioni, distinguendo le emozioni basse e le emozioni alte, e dicendo che le emozioni alte sono come sorelle maggiori del!'anima dalle quali lasciarsi prendere la mano per conoscere le nostre supreme possibilità. Sono gli incontri non discorsivi, gli incontri diretti con l'altamente significativo. E quindi le emozioni alte sono, per definizione, mistica.

Ma abbiamo anche visto che non sono il punto di arrivo finale, perché forse il punto di arrivo finale è la scaturigine delle emozioni. Che cosa colpiscono, che cosa vanno a colpire dentro di me gli oggetti, le situazioni che mi emozionano? Qual è la scaturigine della luce che permea quelle luci variamente colorate che sono l'emozione erotica, l'estetica, l'antologica, la vocazionale, l'avventurale, la tenerezza?

E, abbiamo detto, questa identità suprema è celata. Si giunge al vuoto vibrante della mente pura, di quella che i tibetani chiamano la mente naturale, che non si identifica con alcun questo o quello.

 

GIACINTO SCELSI, Pfhat, IV

 

È chiaro che tutte queste meditazioni esigono preparazione - sono dei momenti privilegiati, delle peak experiences -, ma che la nostra vita non è di monaci o di eremiti himalayani. È una vita ordinaria in un mondo come quello occidentale che non ha nulla di propizio alla mistica e alla contemplazione, anche se ne ha un bisogno così assillante che la cerca nel sesso, nella droga, nell'eccitazione sportiva, in tutta una serie di surrogati. Quindi il nostro non è un discorso futile, fuori dal mondo.

E proprio per questo oggi proviamo a parlare della giornata meditativa. E possibile vivere misticamente il quotidiano.

 

THE MUSICIANS OF THE NILE, Al Bahr Al Gharam Wasah e Al-Aqsur-lsna

 

TONY SCOTT, Is Not All One (sfondo)

 

Come sempre suggerisco un tipo di ascolto non distratto. Vorrei che assumeste quell'atteggiamento di cui abbiamo parlato nella prima ora.

 

Un atteggiamento di silenzio.

Far tacere i ricordi e tutti i condizionamenti autobiografici,

far tacere per un momento i progetti e il "che cosa farò subito dopo".

Diventare verticali come se ci traversasse dall'alto al basso

un filo a piombo.

Radunarsi intorno a questa verticale

e intorno a questa far spalancarsi a 360 gradi solidi l'immensità

che è reale non meno della stanza in cui viviamo,

solo che non ce ne accorgiamo.

Siamo in questa stanza e siamo nell'infinito spazio.

 

E praticare su tutto ciò che ci distrae da questo atteggiamento

vigile consapevolezza.

Osservare le distrazioni, prenderne nota e tornare al silenzio.

Osservare le formazioni mentali, il loro sorgere, il loro tendere a

occupare la mente

- spesso ci riescono, se ne impadroniscono di colpo -,

osservarle e tornare alla vigile consapevolezza

tornare al verticale silenzio.          *

 

TONY SCOTT, Is Not All One

 

Su questo atteggiamento, come sul fondo umido dell'affresco, vorrei tracciare qualche strategia meditativa di un giorno come un altro. L'ho distinto in diciassette momenti, è chiaro che ce ne possono essere molti di più.

 

Cominciamo con qualche considerazione generale che dovrebbe concernere tutta la giornata e poi vediamo, momento per momento, qualche trucco.

 

Direi intanto che bisogna cogliere tutte le occasioni possibili di vita

yogica.

Non dobbiamo dare per scontato che la nostra vita è una vita

ordinaria.

Preferire il fuori al dentro, l'aperto al chiuso.

Usare ogni volta che è possibile la risorsa esaltante del sole.

Guardare il cielo, ce n'è sempre un pezzetto fra le case

ed è da lassù che lo spazio penetra attraverso i bordi dei tetti

fino ai nostri piedi,

lo spazio immenso.

E naturalmente coltivare anche i tempi forti.

Quindi primo precetto: dilatare gli spazi di vita yogica rispetto a quelli di vita ordinaria, nella misura del possibile.

 

LUDWIG VAN BEETHOVEN, Concerto per pianoforte  "Imperatore", II

 

Nella vita ordinaria plasmare la mente situazione per situazione, con la meditazione più adatta a quella specifica situazione.

 

Fluire vigili con le circostanze

non contrapporsi.

 

Il taoismo parla dell'acqua che scorre in fondo alla valle e considera la sua docilità il modello della mente. Fluire il fondovalle della giornata ordinaria con la docilità dell'acqua. Ma un 'acqua vigile. Fluire vigili con le circostanze, fluire vigilmente meditativi, meditativamente fluidi, con le circostanze.

 

Il segreto è: se ci riusciamo, non scendere mai.

 

Piccolissime concessioni iniziali possono avere enormi conseguenze negative. Se voi siete sulla cima della montagna, sbagliare vallone può essere una questione di due o tre metri, ma quando siete in fondo siete a distanza di chilometri .

 

Non scendere mai da una di queste tre forme della mente:

non scendere mai dalla pace o dalla consapevolezza - prima via;

non scendere mai dalla grande concupiscenza,

dal vivere inamorati con una 'n' sola- seconda via

(cioè non scendere mai dall'esaltazione, dalla poeticizzazione dell'esistenza, di cui abbiamo parlato nelle scorse due ore: la vita inamorata come quella di un innamorato, ma non necessariamente con un oggetto preciso di amore);

e -terzo -non scendere mai dalla cosmicizzazione,

dalla realizzazione che il mio corpo è un aleph, la mia mente nel

corpo è un aleph,

è un punto, come dice Borges, nel quale si raduna la totalità del

visibile e dell'invisibile.

Non scendere mai da almeno una delle tre vie di cui abbiamo parlato.

 

Quale scegliere momento per momento? Come alternarle sagacemente a seconda delle situazioni e delle possibilità? Io direi questo si può fare sotto la guida della consapevolezza, perché la consapevolezza è la più povera di queste vie ma anche la più potente, come abbiamo detto è quella che dovrebbe essere ininterrotta. Mentre le altre vie giungono a momenti privilegiati, la consapevolezza si misura momento per momento con l'ordinario, anche con l'ordinario.

 

KING CRIMSON, Prelude: Song of the Gulls

 

Ed ecco i diciassette momenti.

 

Sia primo momento l'alzarsi da letto. Io qui consiglierei vipassana pura, cioè presenza mentale a ogni gesto. Questo richiede rallentamento, scomposizione del gesto in fasi, attenzione su gesti diventati abitudinari o coatti. Come in un ritiro. Esercizi igienici, di ginnastica, abluzioni, tutto accompagnato, momento per momento, da vigile consapevolezza.

 

Terminati questi preparativi direi che dobbiamo concederci, è il secondo momento, un tempo forte. Per esempio un saluto al sole yoga o comunque una ginnastica danzata o immobile che disponga il corpo a quella flessibilità, a quella vivezza che è indispensabile per l'esercizio successivo che dovrebbe essere una meditazione, diciamo di venti minuti.

 

HARIPRASAD CHAURASIA, Raga Lalit

 

Poi la colazione, che deve essere, naturalmente, dopo lo yoga e la meditazione e non prima. Proviamo a mettere sotto la lente quell'operazione veramente ordinaria, veramente quotidiana che è (4) la preparazione della colazione. Anche qui riprendo le tre linee che abbiamo seguito finora.

Linea vipassana: agisco permeando di consapevolezza e quindi rallentando sotto il mio sguardo, rendendo non abitudinari, non automatici i miei gesti. Se voglio cedere all'estetismo posso anche vestirmi in modo adatto: invece che entrare in cucina in pigiama e vestaglia e pantofole, posso indossare una coperta leggera, un pile oppure un peplo bianco. Nessuno ci obbliga a entrare in cucina in modo sciatto.

Linea tantrica: posso per esempio erotizzare, danzare, la preparazione del caffè. Nulla impone che io mi sposti dal rubinetto dell'acqua al fornello del gas strascicando i piedi: posso muovermi nella cucina a balzi, posso nureyevizzare l'apertura del frigo, l'apertura del rubinetto facendo scorrere la prodigiosa acqua, l'elemento cosmico per eccellenza perché è la prima copula tra l'uno e il due, due uni di idrogeno e un due di ossigeno. E se voglio cedere ali'estetismo posso vestirmi in modo adatto a questa seconda scelta, posso indossare un abito da Rambo, o un tanga, o preparare il caffè nudo sotto un peplo bianco filettato di oro; anche questo non è immorale, non è vietato. Posso sentire il pavimento sotto di me come le daghe stagionate del Madison Square Garden e sopra di me le luci della ribalta: io sono un ballerino cosmico che prepara la sua prima colazione, il balletto s'intitola Prima colazione.

 

DMITRIJ SOSTAKOVIC, Suite per orchestra di varietà, valzer II

 

Una terza via è la cosmicizzazione, cioè fare astronomia terrestre, guardare la cucina dallo spazio. Mentre l'astronomia solita guarda lo spazio dalla cucina, io sono un viaggiatore cosmico e vedo che su un pianeta, fortunatissimo, ci sono cucine dove è possibile preparare il caffè. Mi ripeto "c'è preparazione di prime colazioni nell'universo".

In tutti e tre i casi posso mettere la musica adatta e trasformerò la mia prima colazione in un evento meditativo e la cucina, non dico in un tempio del piacere, ma in un tempio della contemplazione esaltante.

 

Più o meno lo stesso posso fare nel tempo successivo (5) quando mangio la mia prima colazione, quando porto fette di pane di frumento coperte di burro di bovino e di marmellata di rosa canina alla mia dentatura - spesso la sola cosa che resta degli ominidi e degli uomini preistorici, perché i denti sono l'osso più duro del corpo.

Posso - seconda linea - ritornare all'aforisma 7 1 del Vijñanabhairava sulla beatitudine gustativa: nel momento in cui il piacere di quel pane burro e marmellata colpisce i miei sensori, come la madeleine ha colpito Proust, in quello stesso istante, meditando la beatitudine gustativa, risalire alla beatitudine suprema.

Oppure, cosmicizzando, posso pensare a come mangiavano gli homines erecti nella caverna cinese di Zhoukoudian che è stata occupata da uomini del tipo erectus per centosettanta millenni, dove è stato tenuto acceso il fuoco ininterrottamente per decine di millenni. La caverna di Zhoukoudian ha conosciuto tempi umani enormemente più lunghi di tutto quello che noi chiamiamo la storia. Tutto questo posso fare durante la prima colazione.

 

Mi accorgo che siamo solo al momento 5 della giornata e che ce ne sono più di quindici: non potrò dilatare le proposte per ciascuno di questi momenti nella stessa misura. E quindi per i tempi che vengono dopo mi limiterò a suggerimenti che ognuno può sviluppare creativamente.

 

TRAFFICO METROPOLITANO (poi come sfondo)

 

Trasporti (6), spostamenti (noi occidentali siamo tutti degli spostati, non c'è nessuno che lavora là dove vive).

Se mi muovo a piedi o in bicicletta consiglio una vipassana - vigile consapevolezza - tantricamente esaltata. È bellissimo andare in bicicletta sentendo i movimenti del corpo e il freddo sulla faccia. È bellissimo percuotere con il passo marciapiedi di pietre che hanno centinaia di milioni di anni di età, a volte contengono fossili.

Se mi sposto con i mezzi pubblici qui il discorso deve essere minimalista probabilmente. Specialmente se sono in piedi, in mezzo a tutti gli altri, per esempio in metropolitana a Milano, la risorsa più ovvia è vipassana pura, pura consapevolezza. Però è sempre possibile un tentativo di cosmicizzazione: "oh meraviglia, ci sono pianeti con delle metropolitane!". Provate a pensare una notizia del genere su un altro pianeta che non sia il nostro. E naturalmente posso ascoltare musica in metropolitana.

Mi sposto in auto, la grande servitù dell'uomo contemporaneo. Mi trovo nell'ingorgo del traffico.           *

 

DIAMANDA GALÀS, The litanies of Satan

 

Mah. Posso mettere musica. Posso fare vigile consapevolezza. Posso trovare meraviglioso che ci siano pianeti così evoluti che non solo possiedono automobili, ma addirittura ingorghi del traffico: pianeti che possiedono ingorghi del traffico!

Gli spettacoli urbani (7). Le strade sono piene di spettacoli spazzatura: insegne di negozi, cartelloni pubblicitari. Di solito io sono passivo, il mio sguardo aderisce come una specie di lumaca a tutto quello che c'è da vedere. Beh, cerco di tagliare gli spettacoli spazzatura, cerco di vedere più cielo e meno messaggi commerciali, più architetture e meno manifesti affissi sulle medesime. Oppure tomo ai tipi fondamentali di meditazione. Se vedo qualcosa di bello, il sedere della fanciulla che si sposta da una gamba all'altra nel passo, l'albero con i colori della stagione autunnale, uso le tecniche Vijñanabhairava: "queste cose belle sono belle e sono dei rivelatori della mia identità profonda".

 

La coda agli sportelli in banca, all'ufficio posta le, i contrattempi (8), cioè il dover fare delle cose che non mi interessano, che vanno contro il mio tempo. A parte la risorsa della lettura e della musica, si raccomanda naturalmente vipassana, consapevolezza dell'esperienza frustrante, dell'impotenza, della fretta, del desiderio che la coda si consumi veloce, che quel signore non stia facendo un'operazione che implica la consegna, per esempio, di quaranta raccomandate; quindi dei desideri contro la realtà. Arrivo allo sportello, si blocca il computer, magari per mezz'ora. Beh se ho un po' di cioccolato posso darlo all'impiegata, possiamo umanizzare la situazione; se dal suo pullover spunta una esile spallina nera, posso provare a guardare la curvatura della spalla e la spallina e fare Vijñanabhairava su questo. Ognuno deve saper fare judo con il contrattempo.

 

Ora sono arrivato nel luogo di lavoro, c'è (9) lo studio. Sono uno studente universitario, sono uno che prepara concorsi.

 

KING CRIMSON, Discipline

 

E qui ci sarebbe da sviluppare proprio una considerazione epica dello studio, che andrebbe fatta, questa considerazione, per almeno cinque minuti prima di iniziare.

Il mio cervello, mediante algoritmi sofisticatissimi, trasformerà segni grafici in concetti. Interfaccia tra la materia e l'intelligibile, lo strumento magico della parola, ben più di un sesamo apriti che spalanca banali tesori aurei, la parola spalanca concetti. Trasmutazione alchemica ben più impressionante.

Thaumazein sul linguaggio: ho bisogno del linguaggio per sapere cosa penso ma il pensiero è cosa completamente diversa dal linguaggio. I significati sono oggetti o fenomeni completamente diversi dai significanti, grafici o fisici, che appartengono al mondo della materia.

E ancora una volta, e questa volta in modo massimo, stupore sul cervello, interfaccia tra materia e autocoscienza, tra materia e intelligibili.

 

Contempliamo anche il momento (10) della ideazione professionale.

Mi viene in mente un'idea: "sarebbe bene fare questo". Che cosa è accaduto? A chi è accaduto di avere questa idea? Al mio cervello? Che cosa significa che accade a un sistema di neuroni di avere un'idea creativa? E se non accade a un sistema di neuroni ma accade a me, sono io che ho avuto un idea creativa. Ma io non sono un pacco di neuroni, sono io, sono io che ho avuto un'idea creativa e questo io indipendentemente dai neuroni che cosa diavolo è? Come gli vengono le idee? A chi, a che cosa vengono le idee? Prima considerazione.

Seconda: l'offerta di questa ideazione. Ne abbiamo parlato nella prima ora, quando abbiamo detto che l'offerta del tempo si può riassumere nella frase: possa la mia vita accrescere la bellezza della storia dell'essere. Sono sicuro che questa mia idea accrescerà la bellezza della storia dell'essere? Sono banchiere: sono sicuro che l'investimento a cui ho pensato accrescerà il bene umano e renderà più bella la storia dell'essere? Sono un pubblicitario: mi è venuto in mente come far vendere un prodotto. Sono sicuro che il consumo di quel prodotto da parte delle persone le guiderà verso l'illuminazione?

 

BO      B DYLAN, North Country Blues

 

Ci sono poi (11) tutte le relazioni umane, che anch'esse dovrebbero essere meditate.

La meditazione di base di tutte le relazioni umane dovrebbe essere:

 

Oh che meraviglia è l'uomo!

M'inchino a te, gioiello della mente spirituale

che risplendi nel fiore di loto del corpo cosmico .

 

Vi leggo un mio vecchio passo che trattava della contemplazione del corpo umano basata sulla biologia molecolare. Come abbiamo già detto il corpo umano visto dalla biologia molecolare è una ipergalassia di centomila miliardi -centomila miliardi! - di cellule, cioè di laboratori biologico-molecolari estremamente complessi inognuno dei quali operano migliaia di enzimi che accelerano di miliardi di miliardi di volte le reazioni chimiche. Il corpo umano è una ipergalassia, un ipergrattacielo di centomila miliardi di laboratori coordinati. C'è quasi da mettersi in ginocchio e adorarlo. "Ricordo che una volta alla stazione di Firenze ho fatto l'esercizio spirituale di contemplare tutti i corpi umani che mi passavano davanti con gli occhi della biologia molecolare: maestose torri biochimiche emananti dolce luminescenza energetica da tutte le migliaia di miliardi delle loro finestre accese, lentissime sfilavano sotto il panno grigioverde d due sguaiati coscritti, sotto le forme della ragazza sexy come del vecchio impiegato, del ricco come del povero, ignari tutti della loro più vera, regale natura. Vi assicuro che le differenze di sesso, di appetibilità, di ruolo, di importanze erano scomparse: vedevo un altro mondo, dove ogni essere era ordine, pacata viva gloria, inimmaginabile complessità e grandezza. L'infinità del corpo vivente dell'uomo mi appariva ben degna dell'infinità del suo spirito". Non dovrebbe mai essere possibile incontrare un altro uomo con indifferenza.

E allora non mi trattengo sui quattro tipi principali di relazioni umane, quelle sul lavoro, quelle anonime, le amicizie e le compagnie di divertimento, le relazioni familiari, perché sarebbe troppo analitico e prenderebbe troppo tempo.

Tutte queste relazioni devono essere sottese dalla meraviglia antologica e dall'augurio fondamentale sulla vocazione:

 

M'inchino a te

gioiello della mente spirituale

che risplendi nel fiore di loto del corpo cosmico.

Possa la tua vita accrescere la bellezza della storia dell'essere.

M'inchino a te

gioiello della mente spirituale nel fiore di loto del corpo cosmico.

Possa la tua vita, la tua unica vita

accrescere la bellezza della storia,

dell'unica che ci sarà mai stata storia dell'essere .

 

SERGEJ RACHMANINOV, Liturgia di San Giovanni Crisostomo, XVI

 

E veniamo agli spettacoli e alle fruizioni culturali: tv (mi viene in mente proprio in questo momento che tv potrebbe voler dire Tiranno Visivo), lettura, musica.

Come gestire (12) la tv? Anzitutto direi: riducendola drasticamente.

Per usare una terminologia orientale: è molto difficile che guardare la televisione conduca all'illuminazione. Occidentalmente parlando: è molto difficile che conduca all'attività. È più facile che incoraggi la passività, perché guardare la televisione non è un 'iniziativa.

Comunque bisognerebbe distinguere tra come guardare la televisione a caso e come guardare un programma che ho scelto o un film che ho inserito. Ma anche qui il discorso sarebbe molto lungo.

E lo stesso vale (13) per la lettura, che certamente è molto meno passiva; ma forse sulla lettura si potrebbero riprendere quegli atteggiamenti di cui ho parlato a proposito dello studio: la meraviglia dell'atto che trasforma significanti in significati, del corpo-mente che trasforma significanti materiali in significati mentali. La musica (14): c'è un aforisma del Vijñanabhairava a proposito della musica che ripete sempre la stessa cosa: provando l'emozione o la beatitudine da musica e meditandola io accedo alla coscienza suprema. La musica colpisce in me la scaturigine delle emozioni e delle intellezioni e la rivela, la rivela a se stessa. Rivela la scaturigine a se stessa, pur celata nella sua inattingibilità.

 

Prima di coricarsi (15) suggerirei un nuovo tempo forte, cioè yoga e meditazione, del tutto simile a quello del mattino, e nel coricarsi (16), cioè negli esercizi igienici, nello spogliarsi e nell'entrare in letto: vipassana, la vigile consapevolezza che permea ogni gesto. Se ci si può addormentare (17) rendendosi conto, realizzando, che sopra la testa non c'è soltanto il soffitto, ma c'è l'universo notturno, è meglio.

 

K. SRIDHAR & SHIVAKUMAR, Raga Bageshri

 

Io immagino un'obiezione abbastanza facile: "Ma questo esige o produce solitudine. Questo farebbe di me un disadattato sociale. La mia casa non è adatta, il mio mestiere non è adatto". Beh io su questo punto sarei abbastanza deciso. Se questo tipo di vita esige più solitudine, accettare più solitudine. Se esige cambiamento di compagnie, accettare il cambiamento di compagnie. Se esige il cambiamento di casa, pensare seriamente a cambiare casa. Se esige il cambiamento o la trasformazione del mestiere, prendere in forte, in seria considerazione il cambiamento o la trasformazione dall'interno del mio mestiere. Non arretrerei davanti a queste conseguenze.

E così giungerei alla conclusione di tutto il ciclo. Che deve essere di nuovo un tempo forte, perché non di sola vita quotidiana non di sola vita ordinaria vive l'uomo, e ho detto: creare il più ampio possibile spazio per la vita yogica.

 

L'utopia di mistica laica che ha suggerito questa nostra trasmissione

è:

Trasformare la vita in un poema ininterrotto,

in un poema meditativo ininterrotto.

Soffiare ogni giorno sulla brace della vita.

Raggiungere, se possibile, lo stato di contemplazione ordinaria

avvalendosi flessibilmente, a seconda delle circostanze

di tutte le vie mistiche esplorate nei tempi forti.

Agire, per esempio professionalmente

in base alle intimazioni della contemplazione sapienziale ordinaria

(con ordinaria intendo: ininterrotta).

Interagire con gli altri

cioè anzitutto vederli, riconoscerli

e poi agire, entrare in rapporto

in base alla contemplazione sapienziale.

Visto nel modo giusto, dice Milarepa, il mondo appare come il

dharmakaya,

cioè come il corpo di dharma, il corpo di saggezza.

Vista nel modo giusto, presa nel modo giusto

la vita umana, la vita di tipo umano

è una meravigli a antologica

cosmica e transcosmica, nel visibile e nell'invisibile.

Un'altra vita è possibile.

Una vita come meraviglia è possibile.

 

ENNIO MORRICONE, The Mission: On Earth as it is in Heaven

 

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