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UNITÀ TEMATICA N. 2
ANIMALI

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Quattro prospettive etiche: animalismo ambientalista, animalismo animalista, animalismo umanista, animalismo spirituale. Traduzioni giuridiche
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LE RAGIONI DELL’ANIMALISMO

 

Gli animali sono meritevoli di tutela in base a due criteri: il valore e la soggettività.

 

1 Il loro valore è quello di bioarchitetture meravigliose per ingegneria, grazia, mistero, sconfinata fantasia; vivificano con la propria presenza gli ecosistemi, ispirano potentemente, in tutte le culture, l'autocomprensione dell'uomo. La tutela in base al valore, che riconosce loro lo status di beni equiparabili ad altri beni ambientali o ai beni culturali, s'iscrive nel quadro più ampio della tutela della biodiversità: difendere contro l'invasione antropocentrica moderna la bellezza/ricchezza immemoriale del mondo.

 

2 La soggettività si accerta attraverso lo studio dei sistemi nervosi centrali e dei comportamenti. Segnatamente i vertebrati sono esseri senzienti, comunicanti, in grado di soffrire, godere, apprendere, provare affetti, emozioni, sviluppare capacità: doti che in condizioni favorevoli si manifestano pienamente ma che subiscono una mortificazione quasi totale nella dismisura della violenza cui le vittime sono sottoposte dentro gli allevamenti. intensivi, gli impianti di macellazione, i laboratori di sperimentazione/vivisezione. Di fronte all'attuale barbarie sarebbe comunque preferibile uno scenario vita degna-morte indolore; preferibile ma non aproblematico, in quanto la privazione di una vita degna massimizza il danno.

 

3 All'animalismo ambientalista (del valore) e all'animalismo animalista (della soggettività) è importante affiancare un animalismo umanista, in difesa dell'onore dell'uomo. L'uomo è disonorato dal modo in cui tratta gli animali. Non è "sviluppo della persona" (art. 3.2 della Costituzione italiana) maltrattare e uccidere animali, servirsi per cibo, vestito, dei loro corpi reificati. L'imperativo di “pietà e giustizia“ si estende anche sul carnefice, non solo sulla vittima. Noblesse oblige: la nobiltà crea doveri, non privilegi. I due animalismi sono sinergici: più è vero che gli animali sono senzienti e intelligenti, più sono gravi i doveri dell'uomo nei loro confronti; più è vero che l'uomo supera gli animali non umani in razionalità e spiritualità, più sono gravi i suoi doveri nei loro confronti.

 

4 E il diritto? Tutte le ricerche registrano uno spostamento del baricentro del diritto, negli ultimi due decenni, da un'attenzione quasi esclusiva per gli interessi umani a una qualche considerazione per gli interessi animali. L'articolo 13 del Trattato di Lisbona del 2009, norma europea di rango paracostituzionale, statuisce che "l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti". Il Titolo IX-bis del codice penale italiano, entrato in vigore nel 2004, prevede sanzioni carcerarie e pecuniarie a carico di chi, per crudeltà o senza necessità, uccida, maltratti, abbandoni, detenga animali in condizioni produttive di gravi sofferenze. Esistono leggi. di protezione delle diverse specie animali destinate alla macellazione. Al tempo stesso la macellazione è espressamente esentata, insieme alla caccia, alla pesca, alla sperimentazione/vivisezione, dalla qualifica di "uccisione" e di "maltrattamento". La contraddizione delle leggi speciali con i principi generali e con il realismo ontologico è evidente e può sanarsi solo attraverso un sempre maggiore riconoscimento dei diritti animali.

 

5 Alle quattro forti ragioni fin qui evocate vorrei, a titolo personale, aggiungerne una quinta, più selettiva: una ragione spirituale. Nessun uso violento, non necessario, degli animali, cioè finalizzato principalmente al piacere o al guadagno, è dharmico, perché il dharma include come elemento essenziale la non violenza (ahimsa), l'amore-compassione (karuna). La violenza sugli esseri senzienti, sia quella consapevole e culturalmente/religiosamente legittimata, sia quella non consapevole, perpetrata per abitudine e psicologicamente rimossa, non può non costituire un ostacolo sulla via della liberazione sapienziale, verso la mente dell’illuminazione-beatitudine, che non è concepibile come egoica e priva di compassione.

Autore

Luigi Lombardi Vallauri

DUE PROPOSTE ACCADEMICHE

Corsi universitari di Diritto animale. Laurea per veterinari obiettori

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Inviato il 12/05/2019

La prima è l'istituzione di cattedre o almeno corsi di diritto animale, all'incrocio di molte discipline e dipartimenti universitari. Riguarderebbero una ampia e diversificata gamma di studenti, di operatori economici e sociali, di cittadini consapevoli.

La seconda è una duplicazione dei corsi di laurea in medicina veterinaria, per consentire a eventuali studenti "obiettori di coscienza" di dedicarsi, vocazionalmente, solo a curare il benessere degli animali, senza dover sovrintendere anche alle procedure di sfruttamento violento degli animali per uso dell'uomo.

 




da Luigi Lombardi Vallauri, Scritti animali, Capitolo XII, Gesualdo Edizioni, Gesualdo 2018.

 

1. Corsi universitari di Diritto animale

 

La questione animale, fino a poco tempo fa periferica e sollevata quasi solo da animalisti militanti, occupa ormai spazi sempre più ampi e centrali anzitutto in etica, ma anche in filosofia della mente, in antropologia, nelle agende ecologica, economica, di “giustizia alimentare internazionale”, medica (per le critiche sempre più forti alla scientificità della sperimentazione animale), dietetica e perfino gastronomica: diciamo in molti e rilevanti campi del pregiuridico. Inoltre, e in conseguenza, gli ultimi decenni hanno propiziato un’espansione impressionante della questione animale anche proprio in campo giuridico: chi confronti, operando due sezioni sincroniche, il diritto animale 1990 e il diritto animale 2018 in Italia e in Europa non può non constatare, diacronicamente, una fruttificazione forse superiore a quella di ogni altro ramo dell’albero del diritto.

Il corpus scientiae e il corpus iuris animali sono ormai così articolati e complessi da meritare l’istituzione di cattedre apposite, un po’ come è accaduto per la bioetica e il diritto dell’ambiente. Segnatamente gli aspetti giuridici confluiscono in un insieme normativo al tempo stesso specifico, non ricomprensibile senza forzature in sovrainsiemi troppo generici, e ramificato in quasi tutti i settori del pensiero giuridico: dal diritto costituzionale al diritto civile, dal diritto penale al diritto amministrativo, dalla scienza della legislazione al diritto comparato e alla filosofia del diritto. Senza contare la stratificazione per livelli: Unione Europea, Stati nazionali, regioni, province, comuni, ognuno dotato di autonoma competenza normativa. Non sembra che l’istituzione di cattedre di diritto animale sia, anche in questi tempi di penuria, un multiplicare entia sine necessitate.

In attesa di cattedre stabili, ritengo proponibile fin d’ora l’istituzione di corsi universitari di diritto animale.

Questi corsi, dato il loro carattere pionieristico, potrebbero essere relativamente leggeri (penso a 6 CFU, a una trentina di ore di lezione), ma dovrebbero interessare studenti di più facoltà o dipartimenti universitari: Giurisprudenza, Scienze politiche, Economia; Lettere e Filosofia; Medicina, Scienze naturali e biologia, Agraria, Veterinaria. Il loro argomento concerne anche: a) professionisti operanti a vario titolo nel settore (agricoltori, piccoli allevatori; gestori di allevamenti/trasporti/impianti di macellazione industriali; ristoranti e alberghi; imprese di abbigliamento a base animale; laboratori di ricerca e allevamenti di cavie per i medesimi); b) cacciatori, pescatori; c) addetti ai controlli (le guardie zoofile, il corpo forestale e di vigilanza ambientale, la polizia stradale e giudiziaria, i carabinieri, i sorveglianti di parchi e aree protette); d) le associazioni animaliste, gli insegnanti di scuole elementari e medie responsabili dell’educazione etica e ambientale; e) almeno indirettamente tutti i cittadini, a cominciare dai milioni di proprietari di animali da compagnia.

Il presente volume potrebbe fungere da testo base.

Ritengo che un corso di diritto animale, per il suo carattere al tempo stesso plausibile e innovativo, costituirebbe un “fiore all’occhiello” dell’ateneo che osasse, saggiamente, istituirlo.

 

2. Laurea per veterinari obiettori

La professione veterinaria è travagliata da un dilemma: il veterinario è chiamato a 1) curare il benessere degli animali considerati come fini in sé, 2) sovrintendere alle procedure di allevamento intensivo, trasporto, macellazione, produzione di cavie, sperimentazione/vivisezione e altri interventi sugli animali considerati come strumenti e vittime dell’uomo. Per esempio, a vegliare sulla salubrità delle carni.

Mi chiedo se non sia proponibile una offerta universitaria e professionale rispettosa delle aspirazioni di quegli studenti “obiettori di coscienza” che intendano dedicare la propria attività, vocazionalmente, solo a curare il benessere degli animali.

Ho in mente una duplicazione dei corsi di laurea in medicina veterinaria. Gli studenti sarebbero liberi di scegliere tra un corso di laurea abilitante esclusivamente alla cura degli animali e un corso di laurea abilitante sia alla cura degli animali che alla sorveglianza sulle menzionate procedure di trattamento violento.

Mi rendo conto che un’eventuale scelta massiva per il corso di laurea “animalista” da parte degli studenti in veterinaria, scelta che alcuni sondaggi personali mi fanno ritenere non del tutto irrealistica, creerebbe un enorme problema. Oso quasi dire meglio così. Sarebbe un fattore cruciale di coscientizzazione.

 

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