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Autore

Giuliano Beneforti

Appunti e documenti per una
STORIA URBANISTICA DI PISTOIA (1840-1940)

da Giuliano Beneforti, Appunti e documenti per una storia urbanistica di Pistoia, (1840-1940), Libreria Editrice Tellini, Pistoia 1979.

Il libro è scaricabile gratuitamente dal sito

http://urbanisticapistoia.blogspot.com/ condotto da Paolo Beneforti.

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Inviato il 15/02/2021

Introduzione

Cap. I Pianificazione ed espansione della città

Cap. II La viabilità principale

Cap. III Interventi nella prima cerchia

Cap. IV Interventi nella terza cerchia

Cap. V Principali attrezzature esterne alle mura

 

L'avvento della produzione industriale. con le nuove tecnologie costruttive e il tumultuoso fenomeno di inurbamento, ha accelerato i processi di crescita delle città sommergendo i valori architettonici e urbanistici più controllati del passato e formando i caratteri della città moderna. Questi caratteri, come quelli del passato, possono essere conosciuti attraverso la visione diretta degli spazi e degli edifici che li esprimono. mentre non altrettanto immediatamente appaiono le vicende storiche è gli intrecci sociali che, nella loro complessità, hanno determinato laspetto delle città nei loro ambiti particolari c nella loro forma generale.

La conoscenza del formarsi degli irripetibili caratteri che costituiscono la “personalità” di ogni centro urbano è oggi condizione necessaria non solo per chiarire le vicende locali, ma anche per tornire un più ampio retroterra oggettivo agli studi e alle ricerche sulla formazione delle “città industriali” in generale, per farli uscire dai limiti di astrazione nei quali rischiano di rimanere.

Questo lavoro, frutto di una minuziosa ricerca di archivio, ricostruisce la cronaca dettagliata dei più rilevanti interventi realizzati sul territorio pistoiese in un periodo cruciale per il determinarsi delle tendenze di crescita della città (dalla costruzione della ferrovia, che sconvolge irreversibilmente il precedente equilibrio “stellare”, alla seconda guerra mondiale quando si sono affermate le premesse per i massicci sviluppi ad ovest), propone riflessioni è ipotesi stimolanti per interpretare e comprendere la ‘forma’ della città di Pistoia e i motivi della sua progressiva definizione.

Ricca di documenti e di dati originali, quest'opera, utile allo studioso, vuole soddisfare la curiosità di ogni pistoiese a conoscere e a capire meglio gli ambiti spaziali nei quali si svolge la sua vita quotidiana.

 




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INTRODUZIONE

 

Quando nel 1970 terminavo questo lavoro, già in parte avviato alla facoltà di Architettura per la preparazione degli ultimi esami e della tesi, si affermava che il crescere dell'interesse per la storia della struttura fisica della città e del territorio, l'infittirsi di ricerche e pubblicazioni relative (che hanno introdotto tra l'altro importanti riflessioni innovative nella metodologia di ricerca storica), fossero indotti dalla profonda crisi della cultura urbanistica e architettonica.

 

Si era ormai completamente vanificata l'ipotesi fondamentale dell'architettura moderna di trarre dai caratteri intrinseci dello sviluppo tecnologico e della organizzazione produttiva e sociale i riferimenti materiali cui finalizzare, con l'elaborazione di specifici valori espressivi, la ricerca progettuale. E non si potevano ancora concretizzare le condizioni per il superamento della programmazione tecnocratica attraverso la partecipazione consapevole dei cittadini organizzati. L'illusione di uno sviluppo economico programmato su un territorio ordinato dalla pianificazione, nutrita dalla cultura urbanistica italiana degli anni '60, rivelava nel 1970 la sua natura tecnocratica, astrattamente basata su una insistente contrapposizione fra rendita parassitarla fondiaria e capitale produttivo in realtà intimamente e complessamente intrecciati. Di fatto l'anarchia complessiva che ha 'organicamente' e 'funzionalmente' guidato lo sviluppo capitalistico italiano, la conseguente grave inefficienza delle strutture scolastiche e universitarie e la loro astrazione dai concreti problemi della società hanno imposto un meccanismo nel quale assurdamente non c'è necessità della ricerca formale finalizzata, della progettazione unitaria e partecipata e al limite nemmeno di una seria pianificazione e di un coordinamento degli interventi sul territorio. Per cui appariva naturale affermare che il "continuo scontro delle ipotesi di moderno assetto del territorio con la struttura burocratica e legislativa imposta dagli interessi intrecciati di rendita e profitto ha costretto gli architetti a rinunciare ad un efficace impegno di lotta nello specifico 'professionale', ha distolto molte energie dall"urbanistica militante', frantumandole in altri settori di attività: dalla ricerca utopistica, allo studio degli organismi minimi sottratti al controllo sociale, all'insegnamento di altre discipline, al 'rifugio' nell'università, alla ricerca storica, all'impegno politico diretto spesso semplicistico e velleitario".

 

A rileggerla oggi la definizione di ricerca storica come "fuga dall' impegno specifico culturale e operativo " può apparire ingenua ma è certamente una espressione sintomatica della tensione ideale, della volontà di impegno del movimento e delle sue delusioni di quegli anni. Ed è sintomatica anche dello spirito con cui è stato condotto questo lavoro; entusiastico per le esperienze nuove e affascinanti che sempre suscitano le ricerche originali di archivio ed insieme insoddisfatto per la consapevole 'limitatezza' e 'marginalità' della sua efficacia pratica.

 

Chi si aspettasse di trovare una organica storia urbanistica di Pistoia rimarrebbe certamente deluso. Oltre agli evidenti limiti oggettivi di impostazione del lavoro, è da rilevare la difficoltà che nel 1970 si opponeva alla elaborazione di una storia organica. Ricerche e materiali già elaborati erano praticamente inesistenti non solo per quanto attiene l'urbanistica ma anche in altri settori, mancava un quadro di riferimento generale in cui inserire le vicende specifiche e trovare le motivazioni e i riferimenti dei fatti. In questi anni l'interesse per la storia di Pistoia si è accresciuto; soprattutto per iniziativa del Comune si sono incentivate ricerche e studi che hanno condotto ad arricchire il materiale pubblicato esistente, si è risvegliata una attività che fa sperare in una positiva crescita dei risultati e nella realizzazione di sintesi generali frutto del contributo collettivo di varie esperienze intersettoriali. In questo senso ritengo sia da sviluppare l'iniziativa del Comune nel settore della ricerca dell'assetto del territorio: in margine all'attività del Museo Civico potrebbe istituirsi una mostra permanente di materiali documenti di archivio che richiami l'attenzione e l'interesse inducendo ad ulteriori contributi di arricchimento e contemporaneamente possa valorizzare materiale prezioso preservandolo dal pericolo di deperimento e distruzione.

 

In questo lavoro sono raccolte moltissime notizie e documenti sui più importanti fatti che hanno interessato il territorio e la città di Pistoia (le infrastrutture, gli edifici, le opere pubbliche, la pianificazione territoriale) e alcune ipotesi sulle motivazioni profonde, sulla impostazione culturale che hanno informato la loro realizzazione. I documenti e le notizie sono abbondanti mentre appena abbozzato è il tentativo di dargli una struttura organica, di scoprire i precedenti delle vicende evidenziandone i meccanismi specifici in relazione alla complessiva situazione pistoiese e nazionale dei vari periodi, alle condizioni politiche e amministrative, insomma agli eventi storici nella loro complessità che solo unitariamente conosciuti e interpretati consentono un approccio soddisfacente della realtà storica svelando il complesso intreccio di motivazioni che originano i fatti.

 

Ne risulta quindi più che una storia urbanistica una cronaca minuziosa, una raccolta di documenti, un insieme di appunti. Da ciò la struttura particolare in cui sono stati organizzati i vari materiali. E' certo anche da sottolineare la maggiore difficoltà organizzativa di una cronaca di eventi che interessano la fisiologia del territorio, perché una organizzazione guidata da criteri di logica spaziale (le varie parti del territorio, la singola opera, ecc.) apparirebbe più peculiare che in una storia di avvenimenti, peraltro la rinuncia ad un rigoroso ordinamento cronologico delle vicende importerebbe una maggiore difficoltà di comprensione storica per l'attenuata interrelazione fra fatti e persone diverse che agiscono nello stesso periodo. La struttura del lavoro non tenta nemmeno un compromesso fra queste due esigenze contraddittorie.

 

Il primo capitolo sulla pianificazione ed espansione della città è forse il più organico, quello ove le vicende pur organizzate spazialmente nei vari paragrafi si succedono con una certa continuità cronologica e potrebbe costituire una bozza di struttura fondamentale per una storia urbanistica della città. Negli altri capitoli, in particolare nel quarto e nel quinto, la struttura spaziale è nettamente prevalente e le singole vicende appaiono come tante monografie di opere o zone della città descritte sulla scorta del materiale più o meno ampio reperito. Questo carattere di provvisorietà della struttura è ancora accentuato dalla ricca e non sempre elaborata presenza di citazioni e documenti che costituiscono il tessuto portante della descrizione delle vicende. Il materiale inserito nel testo è stato scelto dopo una attenta consultazione di moltissimi documenti di notevole interesse, reperiti con una faticosa ricerca nell'Archivio comunale generale e in quello dell'Ufficio Tecnico (gran parte di questo materiale si trova ora ammassato nel palazzo di S.Mercuriale e necessita di un riordino e di un restauro complessivo), nell'Archivio di Stato di Pistola e di Firenze, e nel ricco materiale miscellaneo giacente presso le Leopoldine. Di alcuni documenti sono riportate ampie citazioni, di altri il testo integrale. Ne risulta quindi un testo non sempre di facile lettura, strumento di lavoro e di consultazione, stimolo per incentivare ulteriori ricerche di sistemazione e di approfondimento.

 

Nonostante questi limiti ritengo opportuna, oggi, a nove anni di distanza dalla sua raccolta, la pubblicazione di questo materiale sostanzialmente cosi come era stato ordinato a suo tempo rifuggendo dalla tentazione di un suo approfondimento e di una sua integrale e più organica ristesura.

 

Questa pubblicazione può utilmente contribuire ad evidenziare il valore del materiale documentario grafico, rappresenta una prima risposta alla crescente curiosità dei numerosi studenti che in questi anni mi hanno ripetutamente richiesto notizie e indicazioni, intende suggerire l'avvio, con un primo contributo, di un lavoro collettivo di ricerca permanente sulla storia urbanistica della città e del territorio.

 

Inoltre la pianificazione urbanistica odierna può ricevere utili suggerimenti dalla conoscenza delle vicende del passato, soprattutto a Pistoia ove ho avuto modo di riscontrare una incredibile continuità mnemonica dei problemi urbani. Molte questioni presenti oggi sono state impostate e valutate in periodi passati, opere realizzate recentemente hanno potuto attingere idee e progetti nelle attività precedenti. Appare utile avere una conoscenza diretta e approfondita di questi motivi di continuità per dare maggiore consapevolezza alle discussioni attuali e consentire una maggiore autonomia e obbiettività di valutazione. Alcuni esempi di questa continuità sono la realizzazione del parco di Piazza della Resistenza per il quale era già stato espletato un concorso nel 1935, le discussioni sul piano delle aree ex Breda che si allacciano direttamente alle vicende del piano del 1903 e all'insediamento delle Officine S.Giorgio, le ultime discussioni sulla localizzazione dell'Ospedale sostanzialmente uguali a quelle sempre presenti a partire dal 1895, il collegamento fra il Viale Matteotti e Arcadia già appaltato nel 1936, ecc.

 

Soprattutto il problemi relativi all'espansione urbana, ai suoi caratteri, alla sua direzione avrebbero necessitato di questa continuità. Nei dibattiti per la compilazione del PRG del 1957 si trova teorizzato il modello stellare come forma guida dello sviluppo urbano e non sembra che ci si renda conto che lo schema radiale è di fatto superato dalla realtà dello sviluppo urbano. La limpidezza della struttura stellare di Pistoia caratterizzata dal centro urbano e dalle propaggini, sviluppatesi soprattutto attorno alle Porte al Borgo, Lucchese e Carratica, è sconvolta dalla sovrapposizione del tracciato ferroviario imposto da interessi e criteri esterni alla città, senza alcun riferimento ad una qualsiasi ipotesi di disegno urbano funzionale (basta vedere l'assurdità di alcuni tracciati proposti e fortunatamente non realizzati per comprendere l'inadeguatezza della cultura del periodo ad affrontare i problemi urbanistici con i criteri funzionali che la dimensione degli interventi avrebbe richiesto). Con la ferrovia si pongono di fatto le premesse per una crescita urbana secondo uno schema avvolgente che si pone in contraddizione con il preesistente schema radiale. Non sembra che ci sia una grande consapevolezza di questa contraddizione nei dibattiti che si svolgono nei vari periodi storici, l'unico problema che emerge è quello di garantire una qualunque espansione della città esternamente alle mura, non ci si preoccupa eccessivamente del suo assetto generale. Di fatto, sia pure confusamente, i due schemi si sovrappongono perché potenzialmente già espressi dall'antica radialità e dalla costruzione della ferrovia che spacca i sobborghi e impone una cintura di contenimento e di frattura del territorio.

 

La ferrovia determina anche la costruzione della prima strada esterna alle mura per congiungere la stazione con la Porta Barriera; attorno a questa strada si avvia una intensa attività edilizia che conduce già nel 1900 alla nascita del cosiddetto "quartiere della stazione". E' questo il primo fatto di espansione urbana esterna alle mura che avvia la realizzazione dello schema avvolgente e che si accompagna alla crescita dei borghi radiali esterni alle quattro porte della città. Nel 1900 il quartiere della stazione può apparire come un quinto raggio della stellarità, ma già nel 1910 è evidente che questo tipo di espansione urbana è qualitativamente diverso perché risponde in maniera diretta alle incipienti esigenze di costruire nuovi edifici manifestate con l'inizio del secolo per l'avvio del processo di accentramento della popolazione. Infatti già nel 1910 la zona della stazione si avvia alla saturazione costruttiva e assume dimensioni e aspetto non più riconducibili alla radialità; si avverte urgente l'esigenza di proseguire l'espansione e si forma un primo piano di lottizzazione della zona compresa fra il Viale della stazione e via Ciliegiole nella quale si costruiscono poi i capannoni della S.Giorgio. Con le Officine S.Giorgio prosegue l'andamento avvolgente della crescita urbana e si saturano praticamente tutti i terreni a sud fra le mura urbane e la ferrovia. Si affronta quindi (1912) il problema della espansione ad ovest con la compilazione di un piano regolatore (diviso in tre zone: prima, seconda e terza rispettivamente da sud a nord) contenuto fra le mura urbane e la ferrovia; la sua progressiva attuazione negli anni seguenti prosegue l'affermarsi dello schema avvolgente che a questo punto diviene largamente prevalente e maggiormente capace di rispondere alle esigenze di crescita urbana nelle dimensioni in cui si vengono manifestando.

 

I motivi del prevalere di questo schema avvolgente discendono direttamente dalla costruzione della ferrovia e della stazione che impongono quasi automaticamente le scelte conseguenti di espansione a sud e poi di proseguimento ad ovest; si intuisce inoltre che ad ovest operano forti interessi speculativi dei proprietari delle aree (ma su questo punto sarebbe necessaria una apposita indagine sulle trasformazioni proprietarie e i rapporti con l'amministrazione); c'è da dire inoltre che il territorio a nord e ad est della città è nettamente separato dal torrente Brana scavalcato solo dal ponte di Porta S.Marco, ad est sono localizzati i cimiteri e la Sardigna che non rappresentano certo uno stimolo alla edificabilità, a nord si costruiscono il macello e le carceri che inducono anche la costruzione di un ponte in corrispondenza della nuova apertura su Via dei Pappagalli rendendo più accessibili i terreni che però divengono meno appetibili appunto per la presenza di strutture difficilmente compatibili con la residenza.

Mentre si viene affermando nella realtà uno sviluppo urbano avvolgente e la radialità perde progressivamente significato e consistenza nel nuovo contesto urbano, si continua comunque a costruire anche nei sobborghi sia pure in quantità limitate e si realizzano alcune opere che tendono a rafforzare la radialità. I due cavalcavia di Porta Carratica e di Porta Lucchese oltre a immettere direttamente il traffico territoriale nel centro urbano con l'incredibile spaccatura dei bastioni, consentono un ulteriore sviluppo edilizio sulla Via Fiorentina e pongono le premesse per la prosecuzione dell'espansione ovest anche oltre la barriera ferroviaria. Viene così incoraggiata una spinta che già si veniva concretamente manifestando con la costruzione di edifici lungo le radiali in prossimità dei passaggi a livello. Anche la realizzazione del Viale Adua, che nasce come strada di circonvallazione, offrirà, a causa della sua insufficiente protezione, occasioni nuove di costruire edifici oltre la linea ferroviaria.

 

Nel 1940 quindi si è determinato un assetto urbano dal quale emergono chiaramente le tendenze 'oggettive' di sviluppo futuro, ma che lascia ancora ampi margini di variabilità per le scelte di pianificazione della futura struttura urbana: i terreni ad ovest oltre la ferrovia sono praticamente ancora liberi così come quelli a sud, il territorio a nord e ad est della città offre ampie disponibilità per un assetto totalmente nuovo. Ed esiste anche la ricca problematica posta dal concorso per il piano regolatore del 193436 e lasciata poi cadere dall'Amministrazione. I progetti del concorso hanno evidenziato con chiarezza la dimensione dei problemi relativi alla espansione urbana anche se hanno dato risposte assai diverse. In particolare i progetti classificati ai primi due posti si sono preoccupati essenzialmente di contenere l'espansione ad ovest entro la linea ferroviaria (il primo classificato indica addirittura come zone di rispetto i terreni fra il Viale Adua e la ferrovia), di mantenere un varco a verde a nord come apertura verso le colline, di valorizzare il Viale Adua come asse di scorrimento completando la circonvallazione con un asse sud sul quale si attestano gli insediamenti industriali.

E' il dopoguerra, dunque, che si trova ad operare le scelte determinanti per l'assetto della città di Pistoia, non partendo da zero, ma al contrario potendo disporre, oltre che delle potenzialità espresse dalla realtà territoriale e dalle esigenze della popolazione, anche di un importante materiale precedentemente elaborato, il quale purtroppo non sembra essere stato tenuto in molta considerazione. Gli studi relativi al nuovo piano regolatore si avviano nel 1950 e giungono ad una prima conclusione nel 1951 con una proposta che non viene mai adottata. Bisognerà attendere fino al 1957 per avere il primo organico piano regolatore di Pistoia. Mentre le discussioni e le proposte del 1951 mantengono una loro continuità storica e una dimensione provinciale, nel 1957 si cambia scala (forse per la presenza della personalità di Piccinato portatore di una cultura nazionale): con la previsione della nuova circonvallazione si apre la possibilità di una massiccia espansione ad ovest della città che ignora la barriera ferroviaria determinando una spaccatura verticale della città e degrada definitivamente il Viale Adua a strada di lottizzazione. Si teorizza la "stellarità" ormai praticamente inesistente, ma si pianifica la crescita un po' dovunque in maniera confusa prefigurando di fatto una 'macchia d'olio' imperfetta e gettando le premesse per la congestione di qualità evidenziata oggi dalle difficoltà di organizzare il traffico di Pistoia.

 

Solo nel 1974 con la compilazione del vigente PRG si è finalmente acquisito il senso dello sviluppo storico del territorio congelando le espansioni a sud, organizzando quelle in atto, ormai irreversibili, ad ovest e nord e inserendo i nuovi sviluppi in una logica continuità, proiettati ad est verso il cuore del territorio in uno schema lineare funzionalmente integrato e parallelo agli insediamenti industriali di S.Agostino.

 

Si avverte comunque attorno a questi problemi una carenza di discussione che si ripercuote negativamente anche sulle scelte concrete. Ravvivare il dibattito culturale su questioni generali e astratte è necessario per costituire un patrimonio di valutazioni dalle quali attingere i criteri guida per la pianificazione attiva del territorio. Voglio sperare che la pubblicazione di questo materiale rappresenti uno stimolo provocatorio per tutti i cittadini interessati alla crescita 'ordinata' e 'funzionale' della città e del territorio.

 

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