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Autore

Sergio Bellucci

LA TRANSIZIONE POSSIBILE

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Inviato il 6/09/2019

Indice e date degli articoli

1  Il salto quantico necessario della Transizione (4 Settembre)

2  La Complessità della società e la Transizione (5 Settembre)

3  Le nostre responsabilità  nella Transizione Umana (6 Settembre)

4  La grande Transizione Umana (7 Settembre)

5  Il primo salto tecnologico (9 Settembre)

6  La Transizione Possibile (22 settembre)

 




Articoli. Settembre 2015

 

1  Il salto quantico necessario della Transizione

In questo spazio proveremo ad analizzare alcune questioni che riguardano il tema della Transizione Possibile. Indagheremo i confini del cambio di quadro e di paradigma che necessita alla società umana per sopravvivere. Quello che stiamo vivendo è un vero e proprio spartiacque della Storia Umana. In questa nuova situazione molte delle definizioni storiche con le quali la politica, gli umani si sono denominati mutano profondamente. Quello che non cambia è il senso di marcia del “fare”, l’orizzonte verso il quale muoversi, la consapevolezza delle proprie azioni in relazione al destino collettivo e individuale. Su questi punti è possibile rintracciare le matrici culturali che differenziano “destra” e “sinistra” e quelle che differenziano “conservatori” e “progressisti”. Altro ragionamento sarebbe necessario fare per quanto riguarda categorie politiche di cui il significato originario si è disperso nel tempo, come “riformisti” o “rivoluzionari”. Di queste due categorie politiche avremmo bisogno di una sintesi di “senso” necessaria allo spartiacque che stiamo affrontando. Abbiamo bisogno della capacità di costruzione consenso nei cambiamenti, caratteristico della logica delle “riforme”, unita alla velocità e alla profondità dei cambiamenti che annuncia quella della “rivoluzione”. La nostra idea di Transizione Possibile può partire da questa consapevolezza.
Iniziamo pian piano a comprendere cosa significa Transizione e perché, essendo necessaria, è Possibile.
Seguitemi in questo viaggio, anzi costruiamolo insieme!

 

2  La Complessità della società e la Transizione

Negli ultimi anni, si è sviluppata la consapevolezza di una conoscenza che spesso è rimasta ai margini della profonda comprensione dei più. Talvolta essa emerge nelle locuzioni, negli articoli, nei discorsi, ma scivola il suo senso profondo, le conseguenze che comportano aver appreso tale conoscenza. Parliamo spesso, infatti, di una “società complessa”, di una “economia complessa”, di una “situazione complessa” e quasi sempre con il significato di “quasi inestricabile”, di una situazione che ha raggiunto una tale complicazione che difficilmente sia possibile esemplificarla nelle sue dinamiche. Ma in realtà, il retro pensiero è che si avesse il tempo, la pazienza e la voglia, potremmo farlo e avere tutto il quadro sotto controllo. Invece, non è così. La complessità ha sì le sue leggi ma descrive anche la necessaria consapevolezza che il sistema, quando è complesso, vive di una autonomia inconoscibile a priori anche se all’interno di dinamiche che ne possono descrivere gli ambiti di movimento.
Le leggi della transizione delle strutture complesse possono essere indicate come nel seguente schema:

Il problema è che nessuno sviluppo può durare all’infinito e che i dati che la “biforcazione catastrofica” sia stata intrapresa sono ufficiali. Il punto è la forma dell’onda che prenderà la omeostasi superiore. Nello schema, infatti, l’oscillazione una volta raggiunto il livello superiore di complessità del sistema, sono abbastanza contenute. Nessuno, però, garantisce che l’oscillazione sia così contenuta, anzi. Tutti i fattori che possiamo prevedere con le attuali conoscenze, ci dicono che
Le potenzialità che la tecno-scienza ci mette a disposizione producono un ambiente totalmente nuovo, un ambiente nel quale il fare umano non ha né le regole sociali, etiche o morali adatte, né la consapevolezza L’umanità è entrata in una fase di drammatica transizione o, se volete, ha imboccato, da alcuni decenni, una cosa che gli scienziati della complessità chiamano “biforcazione catastrofica”. Una biforcazione catastrofica è un cambiamento generale dell’equilibrio esistente nel sistema in grado di farlo evolvere verso un nuovo quadro. Il sistema per un lungo periodo ha oscillato intorno ad un punto (definibile e percepibile come “equilibrio”) poi uno o più accadimenti producono una modificazione che punta a modificare lo stato del sistema e a portarlo verso un altro punto.
Il tema è che questo passaggio non è mai lineare.

Non si passa da un punto ad un altro con un semplice salto. Intorno al nuovo punto di equilibrio si determinano sempre oscillazioni che rappresentano la fase di assestamento del nuovo sistema complesso.

Il tema che abbiamo oggi di fronte è quando e come si produrrà, nella biforcazione catastrofica che ha già segnato la nostra umanità, il punto di inversione di tendenza e quanto saranno ampie le oscillazioni delle onde di assestamento. Queste oscillazioni saranno vissute come veri e propri ritorni al passato, ma in realtà costituiranno la fase di transizione verso il punto di equilibrio nuovo a cui tenderà il sistema.
Per questo serve una Transizione Possibile, una transizione ragionata che provi a ridurre le oscillazioni del sistema in cambio di fase e ridurre i drammi sociali, ambientali e di evoluzione a cui stiamo per assistere.

 

3  Le nostre responsabilità  nella Transizione Umana

Le questioni che riempiono i nostri giornali, telegiornali, i commenti sul web e sui social, poggiano su un cambiamento di fase che pochi stanno avvertendo con la consapevolezza necessaria. È come se ci accapigliassimo per la migliore ricetta per un pranzo di gala e non ci accorgessimo che gli ingredienti con i quali realizzarlo si sono completamente trasformati e, molto probabilmente, scarseggeranno in maniera progressiva, che la sala del banchetto è pericolante, che i posti a sedere sono uno su cento di quello che sarebbe necessario e che il conto finale, se si tenesse conto dei costi complessivi, è impossibile da saldare. Dovremmo ripensare all’intero banchetto, al luogo e alle modalità di svolgimento e provare a rendere consapevoli tutti i potenziali invitati della necessità di tale modifica, delle conseguenze delle proprie azioni.
Ci siamo seduti al tavolo degli Dei… ma non conosciamo la netiquette, le regole di comportamento, le responsabilità, le finalità del banchetto a cui ci siamo invitati. Le nostre conoscenze, le potenzialità tecnologiche, il fare umano, è giunto ad un livello in cui possiamo modificare l’evoluzione delle piante e degli animali. Possiamo e stiamo affermando di poter e voler modificare il DNA umano. Abbiamo costruito armi che sono in grado di distruggere molte volte l’intero pianeta.
Queste responsabilità, inoltre, non riguardano più solamente la nostra specie, le relazioni sociali, le forme di uguaglianza o diseguaglianza, le giustizie o le ingiustizie tra esseri umani, ma attengono allo stesso destino del pianeta, all’evoluzione e alla selezione delle specie viventi, alla trasformazione dei cicli ambientali del pianeta.
Siamo appena arrivati al banchetto e come ci siamo seduti, abbiamo iniziato a rubare cibo e bevande agli altri commensali dai loro piatti. Stiamo facendo quello che bambini inconsapevoli farebbero in un contesto che non comprendono: si muovo a caso producendo guasti immediati e a lungo periodo. Guasti che possono essere in qualche modo misurati immediatamente e sono visibili ai più (e sono quelli che riempiono le pagine dei nostri giornali o i minuti dei nostri TG). E guasti che si misureranno negli anni, nei secoli e alcuni nei millenni, modificando in maniera irreparabile non solo l’ambiente, ma la stessa evoluzione della vita nel pianeta.

 

4  La grande Transizione Umana

Le grandi questioni che stanno attraversando il pianeta, con il loro portato di novità, di drammaticità, di cambiamenti strutturali, poggiano sul grande salto che l’umanità ha compiuto in un tempo infinitamente breve. Il grafico elaborato da Ian Morris, autore di Why the Weste Rules, al di là della scelta dei parametri che compongo la sua idea di sviluppo sociale dello studioso (Morris lo divide in 4 macro-categorie – capacità di catturare l’energia, organizzazione sociale, potenzialità belliche, tecnologie dell’informazione – che raccolgono al loro interno sottocategorie con quasi tutte le attività umane) indica il salto improvviso a cui l’umanità si è trovata.

Il salto che la scienza della complessità definisce come una “Biforcazione Catastrofica”.

In pochissimi decenni, lo sviluppo umano ha intrapreso uno sviluppo che non solo non ha precedenti, ma che ha assunto una scala logaritmica, una progressione geometrica che, al momento, sta anche aumentando di intensità. Se fino a pochi anni or sono l’accelerazione aveva assunto la capacità di raddoppiare ogni 18 mesi, i calcoli degli ultimi anni hanno fatto scendere questo tempo a soli 6 mesi.

La velocità del cambiamento, oramai, ha assunto una velocità che sfugge alla possibilità di essere introiettato dai comportamenti delle persone, sia a livello individuale sia a livello sociale.

Come vedremo, le capacità combinatorie dei fattori in campo moltiplica in maniera sempre più grande il livello dello sviluppo e la complessità della struttura della realtà sociale e economica.

Quali sono stati i fattori abilitanti questa rottura? Cosa è accaduto improvvisamente nella Storia umana per determinare una simile discontinuità? Come possiamo e dobbiamo comportarci di fronte ad uno sviluppo sociale così diverso dal passato? E quello che è accaduto fino ad oggi ci sta portando ad una nuova fase stabile e di livello molto più alto del passato o rappresenta solo l’inizio di una ancor più accentuata modifica dello sviluppo sociale?

 

5  Il primo salto tecnologico

Ci sono molte analisi sulle caratteristiche della rottura, della “biforcazione catastrofica” che ha sconvolto gli equilibri delle nostre società. Proviamo ad elencare alcuni dei fattori di cambiamento strategico che ha portato alla improvvisa impennata che abbiamo visto nel post precedente.

Dobbiamo ricordare che per biforcazione catastrofica si intende un cambiamento strutturale della forma precedente. Insomma, un cambiamento di fase deciso e definitivo che tende a mutare tutti gli “equilibri”, anche se dinamici, che caratterizzavano la forma del sistema precedente. Che l’umanità abbia alle sue spalle una biforcazione catastrofica è fuor di dubbio e nessun onesto analista potrebbe contestarlo. Il punto è che le persone percepiscono, invece, una sorta di “continuità lineare” dei processi e pensano/sentono/percepiscono la loro vita in totale “continuità con il passato”. Nulla di più falso, nulla di più fuorviante. Se non si capisce la “qualità” della rottura che abbiamo vissuto, non possiamo comprendere le dinamiche che si stanno producendo e le attese, le speranze che caratterizzano una umanità alle prese con un cambiamento così strutturale.

Il primo fattore fu l’invenzione della tecnologia del vapore. L’invenzione della macchina a vapore, infatti, consentì di avere a disposizione una qualità e una quantità nuova di energia per poter iniziare a far funzionare delle macchine. Prima di allora, infatti, i processi di automazione potevano essere allocati solo nei pressi dei corsi d’acqua e, sia in termini di potenza a disposizione, sia in termini di sfruttamento della fonte, i limiti della possibilità di utilizzare energia per la produzione era fortemente penalizzante.
L’invenzione della macchina a vapore consentì la dislocazione nei territori di una numero molto grande di impianti di produzione. L’aumento del numero delle fabbriche aumentò non solo la capacità produttiva del sistema ma anche la sperimentazione di nuovi apparati, lo sviluppo di nuove tecnologie, la moltiplicazione della logica di processo produttivo legato all’industrializzazione. Iniziava ad espandersi l’idea che le cose potessero essere prodotte non artigianalmente, ma attraverso macchine contenute all’interno di edifici dedicati e fortemente specializzati per tale lavori.
L’invenzione della macchina a vapore consente, inoltre, di espandere il lavoro inteso come “lavoro salariato”, cioè un lavoro per produrre una sola cosa (o un elemento di una cosa) attraverso il quale essere remunerati con un salario attraverso il quale soddisfare “tutti” i bisogni necessari alla sopravvivenza. Non era così prima. Il lavoro era fatto di un mix di impegni, di cui solo una parte di esso (e non sempre) veniva remunerato e, spesso, non in termini orari. Il soddisfacimento dei bisogni della vita era soddisfatto attraverso tale mix di cui solo una parte era soddisfatto dalla capacità di spesa. La vita non era totalmente né mercificata, né salariata.
La macchina a vapore consentì l’inizio della fase della industrializzazione e un cambiamento strutturale della forma della società. Una trasformazione enorme di cui spesso si dimenticano le radici “tecnologiche” legate alla tecnologia del vapore.

 

6  La Transizione Possibile (epilogo)

Il secondo fattore di innovazione del processo di industrializzazione fu l’invenzione del motore elettrico. I fattori che avevano abilitato il successo delle macchine a vapore venivano ad esplodere in termini di “estrapolazione” massima delle potenzialità che le macchine a vapore avevano immesso nella nuova produzione industriale.
La potenza a disposizione aumentava a dismisura. Certo, bisognava costruire una rete che non esisteva, la rete di distribuzione elettrica. Ma questo fattore, che all’apparenza poteva rappresentare un fattore di limitazione dello sviluppo di questa tecnologia, presto si trasformò in un grande nuovo settore di sviluppo incrementale.
Il salto tecnologico successivo alla tecnologia del vapore rappresentato dall’irruzione sulla scena dell’energia elettrica, quindi, rivoluzionò la concenzione della produzione.

Anche se nei primissimi anni la logica di utilizzo di tale novità tecnologica non modificò l’approccio alla costruzione delle industrie poiché la realizzazione degli impianti era affidata agli ingegneri che si erano formati sulla logica della distribuzione della linea produttiva derivante dal vapore. Centralità della fonte energetica, allocazione degli apparati in relazione alla capacità di movimentazione delle macchine attraverso le cinghie di trasmissione, ecc… condizionavano enormemente le modalità di costruzione degli impianti e, quindi, la potenzialità della produzione. Si dovette aspettare qualche decennio per veder dispiegare la nuova potenza in tutte le sue potenzialità.

La novità era talmente tanto grande da essere compresa anche dalla sfera della politica. poter distribuire energia per le attività umane più disparate, rendeva accessibile quello che prima, in termini energetici era concesso solo alle grandi aziende.

L’elettricità diventava una tecnologia abilitante un quadro produttivo di nuova generazione ma anche un elemento facilitatore di uno schema nuovo di distribuzione delle capacità del fare. Decentramento e distribuzione delle possibilità del fare: un accesso di nuovo tipo alla attività umana e alla sua creatività.

Il comunismo è il potere dei Soviet, più l’elettrificazione di tutto il paese, dal momento che senza elettrificazione è impossibile uno sviluppo dell’Industria ebbe modo di dichiarare Lenin in un discorso pronunciato davanti alla gubernija di Mosca il 21 novembre 1920, in occasione dell’istituzione della Goerlo, la Commissione di Stato per l’elettrificazione. In tale affermazione, risiedeva una innegabile verità: senza progresso e innovazione, la tradizionale società russa non poteva aspirare ad una vera emancipazione, che vi fossero i soviet o meno.

Anche se molto concentrata sulla centralità dell’industria, la distribuzione della capacità di utillizzare energia per fare in maniera diffusa, rappresentò l’inizio di una grande rivoluzione. Cambiarono le forme della produzione artigiana. cambiò la forma del lavoro casalingo. Queste grandi rivoluzioni aprirono lo scenario per altri settori produttivi.

L’era elettrica iniziava a dispiegare la propria potenzialità trasformatrice.

 

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