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Autore

Mauro Marrani

ILDEGARDA DE BINGEN
Una scenziata visionaria

Articolo inedito

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Inviato il 15/03/2025




Ildegarda di Bingen, mistica e teologa tedesca, oltre ad essere venerata come santa è anche “Dottore della Chiesa” (titolo attribuito a religiosi che in vita hanno dimostrato, attraverso le loro opere, particolari doti di illuminazione e di dottrina: finora se ne contano solo 36 nell’arco di duemila anni di storia ecclesiale) da quasi un decennio, ad opera di Papa Ratzinger, ossia Benedetto XVI. È una figura poliedrica con numerosi talenti innati: profetessa, filosofa, musicista, cosmologa, artista, guaritrice, naturalista, erborista, poetessa e drammaturga. Nacque nel 1098 nell’attuale Assia Renana, ultima di dieci fratelli. Cagionevole di salute fin da piccola, a soli otto anni fece il suo ingresso nell’Abbazia di Disibodenberg e ancora adolescente prese i voti dal Vescovo Ottone di Bamberga.

Le sue visioni sembra siano iniziate già in tenera età, per poi contrassegnare tutta l’esistenza, tuttavia iniziò a parlare delle visioni – «visioni non del cuore o della mente, ma dell'anima» – soltanto verso i quarant’anni.

Ildegarda si trovò spesso in contrasto con il clero, prediligendo la predicazione volta all’esterno rispetto a quella tradizionale della clausura. Fu lo stesso Papa Eugenio III nel 1147 ad autorizzare Ildegarda a scrivere ed esporre in pubblico le sue visioni. Di queste numerosissime visioni ci ha lasciato dettagliati resoconti, illustrati nei suoi manoscritti, e la magna pressura (stretta acuta e dolorosa), la sua voce interiore, fu da lei stessa definita «Luce del Dio vivente».

Sebbene non avesse potuto studiare nelle scuole, inspiegabilmente seppe scrivere in latino dotto, con competenza ed erudizione sulle materie più disparate: scienze naturali, medicina, letteratura, filosofia, teologia, diritto, politica, ecc. Dai suoi scritti emerge l’onnipresenza di un’umiltà costante, arrivando a definirsi più volte addirittura paupercula forma (povera, piccola figura). 

Dopo essere diventata priora, per far fronte al crescente numero di novizie, si trasferì nel monastero da lei stessa fondato nel 1150 a Bingen sul Reno, le cui rovine verranno rimosse a metà Ottocento per il passaggio di una tratta ferroviaria. 

Nella sua interpretazione della creazione l’uomo rappresentava la divinità di Dio e la donna personificava l’umanità di Cristo. Quindici anni più tardi fondò un’altra sede ad Eibingen, sulla sponda opposta del Reno, tuttora visitabile e dove si possono ammirare affreschi con i momenti salienti della vita di Ildegarda fino alla sua scomparsa, avvenuta il 17 settembre 1179. 

 

«Io sono un essere senza istruzione, e non so nulla delle cose del mondo esteriore, ma è interiormente nella mia anima che sono istruita».

 

Ildegarda ci ha lasciato alcuni libri profetici come lo Sci vias (Conosci le vie), il Liber Vitae Meritorum (Libro dei meriti della vita) e il Liber Divinorum Operum (Libro delle opere divine), e un’ingente quantità di lavori musicali, raccolti nella Symphonia harmoniae celestium revelationum (Sinfonia dell'armonia delle rivelazioni celesti), articolata nei Carmina (Canti) e nell’Ordo Virtutum (La schiera delle virtù).

Nel corso della sua lunga vita diede anche un notevole contributo alle scienze naturali, scrivendo due trattati enciclopedici racchiudenti tutto il sapere medico e botanico del tempo. Celebri sono pure le sue lettere indirizzate a vari destinatari, ove Ildegarda tratta di diversi argomenti, soprattutto elargendo consigli di ordine spirituale che le erano stati richiesti.

Di grande valore sono pure i 308 quesiti sottoposti ai monaci di Villers (Solutiones triginta octo questionum), i quali vertono sull’essenza della Creazione, sul rapporto fra Dio e gli uomini, sui concetti di corpo e anima, e molto altro ancora.

 

«L'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, affinché agisca tramite i cinque sensi del suo corpo; grazie ad essi non è separato ed è in grado di conoscere, capire e compiere quello che deve fare [...] e proprio per questo, per il fatto che l'uomo è intelligente, conosce le creature, e così attraverso le creature e le grandi opere, che a stento riesce a capire con i suoi cinque sensi, conosce Dio, quel Dio che non può essere visto se non con gli occhi della fede».

 

Con il rimando alla viriditas classica, alludente al vigore e alla vivacità della gioventù, la santa volle riferirsi al colore “verde” e a tutto ciò che proprio ad esso idealmente si collega quanto a crescita vitale, forza e vigore: la parola fu utilizzata così in un'accezione nuova, ad indicare una forma di energia spirituale densa e ancora inespressa nei germogli, che si sostanzia in quel colore.

Questa monaca “aristocratica” si definì come «una piuma abbandonata al vento della fiducia di Dio». Il suo stesso nome, “protettrice delle battaglie”, rimanda alla battaglia che condusse per tutta la vita: scuotere gli animi e le coscienze del suo tempo. Per questo, non ebbe alcun timore di uscire dalle mura del monastero, per incontrare principi, vescovi e “imminenti” santi … nel 1146 scrisse in una lettera a Bernardo di Chiaravalle, suo coetaneo: «sono un essere senza istruzione e non so nulla sulle cose del mondo esteriore, ma è interiormente nella mia anima che sono istruita».

 

Le opere visionarie di Ildegarda superano non solo le conoscenze scientifiche della sua epoca, ma anche quelle del nostro tempo, soprattutto nel campo delle scienze naturali, della medicina e della teologia. Tutto questo non deve destare stupore perché le sue conoscenze, imperniate nel connubio fra Uomo e Natura, fra Terra e Cosmo non si basavano su ricerche ed esperienze prettamente scientifiche, ma scaturivano dal dono di riuscire a scorgere i diversi strati della realtà cosmica e divina.

I suoi manuali cosiddetti “di medicina” sono, come tutte le sue altre opere, redatti in latino: il Liber simplicis medicinae (Libro della medicina semplice) e il Liber compositae medicinae (Libro della medicina composta). 

Per Ildegarda una sana alimentazione riveste più importanza di qualsiasi farmaco o azione terapeutica: tutto ciò che si assume mangiando e bevendo fortifica o indebolisce l’uomo dal punto di vista fisico, esattamente come i pensieri positivi o negativi fortificano o sovraccaricano l’anima...

«Siamo ciò che mangiamo!».

 

Dopo ben otto secoli tutti i suoi “manuali” appaiono davvero moderni, universali, senza spazio né tempo, e soltanto le nostre conoscenze attuali ci offrono una chiave di lettura per capire appieno quanto divulgato dall’autrice. 

 

Per questo possiamo affermare a ragione che la dottrina medica di Ildegarda non contraddice il nostro sapere, anzi lo completa e lo arricchisce. 

 

La medicina ildegardiana è a tutti gli effetti un’arte per guarire l’anima.

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