L’EDITORIALE
Il 23 giugno 2025 il quotidiano francese Libération ha organizzato una serata a Parigi dal titolo “Servizi pubblici in pericolo, cultura in resistenza” invitando Francesca Corona, direttrice artistica del Festival d’Automne di Parigi a intervenire raccontando cosa sta succedendo in Italia.
Questo invito è diventato l’occasione per la scrittura collettiva di un testo, insieme a Francesca Corona, le artiste Daria Deflorian, Giorgina Pi, Martina Ruggeri, Ilenia Caleo e Silvia Calderoni. E Maria Vittoria Tessitore, straordinaria ricercatrice e professoressa in pensione di 90 anni.
Questa stessa lettera è stata pubblicata su Libération lo scorso venerdì 11 luglio.
LA LETTERA
Come si instaura un clima fascista? Cosa succede subito prima? E subito dopo? Cosa, lentamente, corrode l’orizzonte tutto intero?
Tutto questo lo osserviamo da un punto di vista situato, incarnato: quello di femministe che vivono e lavorano nel mondo delle arti e della cultura.
Cominciamo parlando di noi, di come stiamo. Vogliamo nominare l’impotenza, che è una sensazione che si diffonde ovunque. Che talvolta sfiora la depressione. Quel sentimento di incapacità, di non essere all’altezza: né come attiviste, né come artiste, né come amiche.
Il fascismo è anche questo: claustrofobia.
Per fare creazione contemporanea in Italia, siamo sempre state abituate a tagliare, cucire, rammendare – a fare molto con poco. Si può dire che abitiamo da sempre case svaligiate.
Eppure, questa estrema destra produce davvero una differenza.
Le scene
Mentre discutevamo insieme per scrivere questa “lettera”, abbiamo iniziato a elencare scene che ci hanno colpite, fisicamente.
Dettagli, da cui lievita lo spavento dell’intero.
Roma, 6 aprile 2023. Stati generali della cultura promossi dal governo. Il titolo: Pensare l’immaginario italiano. La parola “nazionale” ricorre più volte nei titoli delle slide. Relatori: 69. Di questi, 65 uomini. Tra le associazioni e le testate presenti: La Verità; Il Timone; Nazione Futura; Cultura Identità; Spirito del Risorgimento; La Voce del Patriota.
Un anno dopo, l’Albania.
Prima immagine: una nave militare piena, un centinaio di membri della marina e delle forze dell’ordine mobilitati per trasportare solo 16 persone migranti.
Rotta verso l’Albania, ex colonia dell’Italia fascista. Per noi, che abbiamo i piedi immersi nel Mediterraneo pieno di morti, è un’istantanea coloniale.
Seconda immagine: il centro di detenzione, completamente vuoto. Meloni urla: «I centri in Albania funzioneranno, anche dovessi dormirci ogni notte fino alla fine del mio mandato!».
Per fortuna, questi centri non sono ancora operativi. È un’istantanea di resistenza.
Il 31 ottobre 2022, una settimana dopo il suo insediamento, Meloni adotta un decreto che criminalizza i raduni considerati pericolosi per l’ordine pubblico – il cosiddetto decreto anti-rave, un attacco diretto al diritto di riunirsi, radunarsi, ballare. Purtroppo era solo l’inizio: in questi giorni viene approvato un nuovo decreto Sicurezza che estende la repressione al dissenso e alla resistenza passiva, in strada come in carcere.
Mentre scriviamo, operai in sciopero a Bologna bloccano qualche metro di strada: rischiano fino a due anni di carcere.
Agosto 2024, Milano. Un manifesto su una pensilina: Festival Jan Fabre, sottotitolo Amore e bellezza sono i poteri supremi, con sei spettacoli in programma.
Da quando è stato condannato nell’aprile 2022 a 18 mesi con la condizionale e cinque anni di interdizione dai diritti civili, Jan Fabre ha moltiplicato la sua presenza in Italia, mentre molte istituzioni europee hanno smesso di programmarlo.
Forse il suo cachet costa meno, e adesso possiamo permettercelo anche noi, nel sud Europa. Il discount della violenza.
Il 17 giugno 2025 il ministero della Cultura pubblica i risultati del bando triennale per la danza. Il quadro è scioccante: molte compagnie, festival, centri di produzione e percorsi formativi vengono declassati o cancellati.
La creazione contemporanea è il bersaglio: i criteri di innovazione, ricerca, multidisciplinarietà sono espulsi. L’arte non è più pensata come bene pubblico, ma subordinata a una logica commerciale, di intrattenimento, di profitto.
Gli effetti saranno devastanti. I risultati del teatro sono attesi; tre membri della Commissione si sono già dimessi, denunciando valutazioni dettate da logiche di appartenenza politica.
Abituarsi alle parole
Nel frattempo, i risultati sono usciti e il paesaggio che si delinea è molto inquietante, con conseguenze devastanti. Ecco il commento di una deputata del partito di Giorgia Meloni sulle scelte del ministero della Cultura, che tra gli altri declassa il Festival di Santarcangelo, uno dei più importanti per la creazione contemporanea in Italia: «È una scelta culturale: negli ultimi anni il Festival di Santarcangelo ha mostrato una deriva sempre più politicizzata, con spettacoli apertamente contrari ai valori fondanti della nostra società: la famiglia, la religione, la nazione – arrivando a diffondere messaggi che criticano le stesse istituzioni».
Si potrebbe dire: ecco come agisce la destra neofascista.
La differenza con le destre conservatrici di ieri è che oggi puntano all’egemonia culturale, occupando tutti gli spazi possibili, con ogni mezzo possibile, animati da uno spirito di vendetta.
Non è facile capire a che punto il compromesso per rimanere in relazione con la realtà diventa compromissione.
E così succede che non sappiamo più se stiamo praticando il camouflage come forma di resistenza o se stiamo già cedendo all’autocensura.
Si potrebbe sobbalzare a ogni parola, a ogni nuovo evento.
Poi, a un certo punto, non si sobbalza più. Ci si abitua alle parole. Ci si abitua a sentire “deportazione” e “remigrazione” nelle rassegne stampa.
La questione non è solo resistere o sopravvivere, ma anche immaginare, scavare, inventare nuovi e imprevedibili spazi d’azione. Immaginare fa parte del nostro lavoro, e ne conosciamo tutto il potenziale politico.
Serve un gesto corporeo. Bisogna spezzare la negatività. Rifiutare l’idea che non ci sia più spazio, e non cedere all’impotenza.
L’orizzonte della fine è quello che il pensiero dell’estrema destra cerca di imporre alla nostra immaginazione, a tutte noi.
Cosa potrebbe ancora esistere, là davanti, per le nostre vite?
Continuiamo a immaginare il futuro.
Saluti e baci dal neofascismo mediterraneo.
Inviato il 24/07/2025