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UNITÀ TEMATICA N. 1
IL CORPO DANZANTE

come strumento di coscienza di sé nel mondo

Autrice

Eugenia Casini Ropa

OGNI UOMO E' UN DANZATORE:
la visione antropologica di Rudolf Laban

Breve articolo inedito che introduce il pensiero antropologico del movimento in R. Laban, 2019.

 

 

Inviato il 13/03/2025

Rudolf Laban é stato il coreografo/ricercatore  che più ha influito sul pensiero e le pratiche di danza nell’ultimo secolo. Il suo studio dei principi di una “danza libera”  e la sua convinzione che ogni persona possa danzare, il suo approccio filosofico e scientifico alle leggi dello spazio, del tempo e dell’energia nel movimento, hanno posto basi essenziali non solo per l’arte della danza moderna e contemporanea, ma anche per l’uso della danza come strumento pedagogico e riabilitativo  in ambito sociale. L’articolo propone la nascita del suo pensiero su corpo, persona e comunità  nei prime decenni del suo studio sul movimento e la danza.

 

PER APPROFONDIRE. R: Laban, L’arte del movimento, Ephemeria, Macerata 1999; R. Laban, La danza moderna educativa, Ephemeria, Macerata 2009; J. Newlove, J. Dalby, Laban per tutti, Dino Audino, Roma 2008. V. Maletic, Rudolf Laban. Lo sviluppo del suo pensiero in movimento, Dino Audino, Roma 2023.

 




Rudolf (von) Laban (1879-1958), artista visivo, danzatore e coreografo, è stato probabilmente il maggior teorico e ricercatore del XX secolo nell’ambito della danza e del movimento. La sua ricerca si è principalmente incentrata sull’analisi e la sperimentazione scientifica e artistica dei fattori fisici che intervengono nel movimento e degli impulsi interiori che lo motivano e che in esso si manifestano. I suoi studi non hanno soltanto largamente influenzato la nascita e l’evolversi della danza moderna e contemporanea, ma, con il loro orientamento antropologico e sociale, hanno permesso la diffusione di una concezione della danza come attitudine e modalità espressiva innata dell’essere umano, strumento comunicativo personale e sociale con proprietà creative, pedagogiche, terapeutiche e relazionali.

 

Lineamenti biografici

Figlio di un alto ufficiale dell’impero austroungarico Rudolf von Laban nasce in Boemia e trascorre l’infanzia e la prima adolescenza diviso tra l’ordinato rigore   dell’ambiente militare e il disordinato fervore della sua immaginazione: dal primo riceve l’interesse per i grandi movimenti collettivi nello spazio, come le parate festive delle truppe, e dall’altro la passione per i miti e le leggende e l’attrazione per l’espressione artistica. Sperimenta la poesia, la musica, il teatro e infine si orienta sulle arti visive iniziando lo studio del disegno e sviluppando una particolare sensibilità per l’analisi dello spazio. Trasferitosi a Parigi, si diploma in disegno all’Accademia di Belle Arti e sperimenta una vita da bohémien animata dalla curiosità filosofica e antropologica per le diverse espressioni artistiche dell’uomo. Avvicinatosi alla danza, come arte del movimento che nei primi anni del XX secolo andava cercando nuove modalità artistiche al di fuori dell’ambito accademico del balletto, finisce per eleggerla a campo privilegiato dei suoi studi, riconoscendo l’arte del movimento come la più completa e totalizzante per l’essere umano, perché capace di attivare tutte le sue potenzialità espressive fisiche e spirituali. Negli anni dieci crea una comunità di giovani danzatori con la quale si trasferisce a Monte Verità, una località assai particolare del Canton Ticino, sede di una comunità dedita alla ricerca utopica di ideali e modi di vita alternativi e salutari a contatto con la natura. Qui fonda una scuola per la formazione interdisciplinare in tutte le arti, ma sperimenta soprattutto la possibilità di creazione di una nuova danza che parta senza costrizioni preconcette dalle leggi naturali del movimento, liberando il corpo tanto dalle consuetudini della vita quotidiana quanto dai clichet della danza di tradizione. Nasce così la sua “danza libera”, che si fonda sulla convinzione che ogni individuo possa danzare, creando la propria danza a partire dal proprio corpo reso libero e consapevole del proprio movimento come espressione diretta e simbolica nel tempo e nello spazio, guidata da impulsi interiori e supportata dall’energia dinamica. Laban individua così gli elementi fisici costitutivi del movimento, “tempo, spazio, peso, flusso” insieme a quello altrettanto essenziale e più connesso all’interiorità che denomina “effort” (sforzo) impulso. Sull’analisi e la sperimentazione di questi principi crea una vera teoria scientifica del movimento, del quale elabora anche una completa modalità simbolica di scrittura, la Cinetografia o Labanotation, ancora oggi ben nota e utilizzata in coreografia e in terapia.

A seguito dell’esperienza fondante, creativa e pedagogica, degli anni Dieci, Laban fonda con i suoi allievi una compagnia di danza e scrive i suoi primi testi teorici. Negli anni Venti si impone come caposcuola della Nuova Danza espressiva tedesca (Ausdruckstanz) e della danza moderna europea in generale, affiancando il suo lavoro di coreografo per il proprio gruppo professionale ad esperienze di forme corali di movimento (Bewegungschor) che coinvolgono grandi numeri di persone comuni. La sua ricerca intorno alla liberazione di ogni singolo individuo attraverso il movimento espressivo, si espande così all’armonizzazione delle peculiarità individuali in una comunità danzante.

All’inizio degli anni Trenta è direttore del ballo dell’Opera di Stato di Berlino, maestro e coreografo riconosciuto in Germania e all’estero. Con l’avvento del nazismo, però, entra presto in contrasto con il potere, deciso ad annullare l’espressione individuale a vantaggio di una uniformità massificata, finché è costretto ad emigrare per ragioni politiche. Trasferitosi in Inghilterra, malato e provato dagli eventi, trova asilo presso un importante centro di sperimentazione artistica e, con il contributo di allieve capaci e fedeli, riprende lo studio e il lavoro. Qui, negli anni Quaranta e Cinquanta, si dedica particolarmente ai versanti di applicazione sociale della danza, indagandone e diffondendone le proprietà educative per la formazione di bambini e adolescenti, quelle ergonomiche per il miglioramento del lavoro ripetitivo nelle fabbriche e quelle terapeutiche per la riabilitazione fisica. Scrive anche i suoi testi teorico-pratici più maturi, in cui elabora ed espone i suoi principi di fondo sul movimento e sulla danza, i suoi metodi di analisi e didattici, con particolare riguardo al rapporto tra lo spazio e il corpo danzante, ambito fondamentale delle sue ricerche.

Attraverso il grande lavoro delle sue allieve e collaboratrici, le sue idee si diffondono soprattutto in Germania, negli Stati Uniti e nei Paesi del Sud America.

Oltre al suo acuto metodo di Analisi del Movimento e la Labanotation, a lui si deve l’inizio della Danza Educativa e della Danzaterapia (Laban-Bartenieff).

 

Persone e comunità danzanti: il pensiero originario

        Oggi sono molti gli studi che analizzano l’opera di Laban nei suoi differenti versanti e molte sono le applicazioni del suo insegnamento nei vari campi in cui la danza e il movimento espressivo si muovono e variamente si evolvono. Il fenomeno che motiva questo scritto è la recente diffusione di esperienze di danza, tanto laboratoriali quanto performative, rivolte alle persone comuni di ogni età e condizione come condivisione di un vissuto poetico personale e sociale in forma comunitaria. Poiché Rudolf Laban può essere considerato un iniziatore di queste forme e del pensiero che le anima nell’epoca contemporanea, ci piace fermare l’attenzione sul momento in cui il suo pensiero al proposito ha preso forma, come stimolo a riflettere anche sulle motivazioni dei nostri giorni. Al di là delle esposizioni più metodiche e funzionali del pensiero labaniano messe a punto negli anni inglesi, può essere così suggestivo e istigante risalire al fervore delle sue origini sperimentali, negli anni Dieci del novecento e nel singolare  insediamento di Monte Verità.

Monte Verità, collina che sovrasta Ascona nel Canton Ticino e si affaccia sul Lago Maggiore, è stata, nei primi decenni del secolo scorso, il luogo emblematico di raccolta scomposta delle teorie e delle sperimentazioni epocali più radicali di riforma della vita e di rigenerazione dell'essere umano, elaborate e messe alla prova da una comunità singolare e variegata di residenti. Negli anni il Monte ha visto passare esuli, dissidenti ed eccentrici di ogni tipo: artisti, politici, filosofi e scienziati (da Mühsam a Toller, da Jung alla Duncan, da Krishnamurti a Hesse, da Schlemmer a H.H. Lawrence, da Fromm a Kérenyi ecc.) insieme a molti altri visitatori e osservatori più o meno illustri che ne hanno promosso e spesso mitizzato il ricordo. Sorta nel 1900 come sanatorio per "bagni di aria e luce", negli anni Dieci la “colonia individualista”, vegetariana e naturista di Monte Verità era popolata di "stranieri" di ogni provenienza, dissidenti rispetto alla società dell'epoca ed eterogenei tra loro, ma accomunati da una grande tolleranza etica, politica e religiosa interna e dalla condivisione di un'esperienza di vita alternativa. La riforma della vita (Lebensreform) che qui si perseguiva, con tendenze anarcoidi, esoteriche e utopistiche, passava sostanzialmente attraverso la liberazione e la rigenerazione dell'uomo, inteso nella sua totalità di corpo, anima e intelletto, e delle sue potenzialità fisiche, psichiche e mentali represse e controllate dalle varie costrizioni della civilizzazione, attraverso il ritrovato contatto con la natura e le sue leggi primarie. Modi di vita semplici, igienici e salutistici (vegetarismo, eliminazione di alcool e tabacco, vita all'aperto, esercizio fisico, abiti sciolti o addirittura nudismo, prime manifestazioni di quella diffusa cultura del corpo - Körperkultur - che si sarebbe sviluppata nel decennio successivo in Germania) si accompagnavano alla coltivazione di orti e alla produzione autonoma ed essenziale di cibi, mobili, tessuti, indumenti e calzature. Psichiatri e psicanalisti d'avanguardia sondavano lì i misteri della mente e della psiche sperimentando terapie innovative e azzardate; filosofi eccentrici, teosofi, mistici orientali e utopisti sognatori elaboravano le loro visioni dell'universo e del destino dell'Uomo Nuovo che avrebbe costruito un avvenire luminoso, mentre pittori esaltavano e immortalavano la salute e la bellezza dei corpi nudi, idealizzandoli in un'aura pagana di divinità.

         Il corpo vivente e senziente e il suo rinnovato rapporto con la propria natura e con quella del mondo d'intorno erano con evidenza al centro di questo progetto di riforma verso una nuova qualità della vita, ed è quindi facilmente comprensibile come la danza, arte del corpo in movimento e manifestazione poetica e simbolica della globalità psico-fisica dell’essere, potesse essere accolta come espressione artistica rappresentativa dello spirito del luogo.

         È lì, infatti, che Rudolf Laban si stabilisce nell’estate del 1913 con un gruppo di giovani allievi e collaboratori, dando inizio a un’intensa sperimentazione intorno a quell’arte che aveva da poco individuato come “prima e primaria dell'uomo”. È il momento per lui, trentenne, in cui desiderio e volontà sono al massimo livello, la sua mente è un crogiuolo di idee ed è in atto un suo sforzo di autodefinizione che va di pari passo con quello di ricerca sulla danza, tanto nella sua essenza motoria quanto nella sua valenza antropologica, sociale e pedagogica.

Tra il 1913 e il '14, nel lavoro sperimentale di Laban sono già presenti in potenza tutti gli elementi che verranno in seguito sviluppati attraverso una ricerca durata tutta la vita. L'interesse per un'arte teatrale totale (Tanz-Ton-Wort - danza-suono-parola), concretizzato nella sua Scuola d’Arte, in cui le fondamentali forme dell'espressione umana trovino la perfetta interazione rappresentativa; l'affermazione della supremazia della danza come arte in sé completa, fondata sulla connaturata espressività del movimento che nasce da un impulso interiore; l'individuazione di energia, spazio e tempo (Kraft-Raum-Zeit) come elementi fondamentali della danza e l'avvio di quel metodo di analisi del movimento ancora oggi fondamentale per artisti e studiosi; i primi tentativi di cinetografia (Kinetographie), la notazione più completa della danza di cui siamo tuttora in possesso; e ancora il duplice, costante lavoro sull'individuo, con le sue potenzialità personali di espressione corporea, e sul gruppo, quel "coro di movimento" (Bewegungschor) manifestazione simbolica di una comunità danzante.

             Convinto che il movimento sia "l'esperienza fondamentale della vita", che la danza appartenga a tutti ("ogni uomo è un danzatore") e che in essa si eserciti una forza che nasce dal più profondo livello di coscienza dell'essere, ne esplora le modalità concrete e ne elabora una possibile filosofia fondante. Si impegna, infatti, per riuscire ad afferrare il processo intimo del movimento del corpo nello spazio e nel tempo, la formazione dei suoi ritmi, le sue modalità espressive, i suoi flussi energetici, dando inizio ai suoi profondi studi coreologici. E, contemporaneamente, indaga a fondo il mistero del mondo creativo dell’uomo che danza e della comunità danzante. Per esprimere in danza gli impulsi più genuini e peculiari ma anche quelli condivisi e comuni, lui crede, oltre a lavorare su se stesso e sulla propria espressione individuale, occorre che il danzatore impari a liberarsi dell’egocentrismo e delle voci superficiali del suo io e giunga ad attingere nel profondo a quella nascosta “terra del silenzio”, in cui in cui le radici di ogni individuo si fondono con quelle dell’intera umanità o almeno di una comunità coesa, animata dalla stessa necessità d’espressione vitale e dalla stessa volontà di soddisfarla.  Per raggiungere quella "danza libera" dai vincoli delle convenzioni culturali che va ricercando e che recuperi il suo perduto significato antropologico, lo seduce il sogno utopico di una comunità danzante, un "tempio vibrante" fondato su un'esperienza comune di vita, che potrà costituire una futura, laica "cattedrale dell'avvenire". E Monte Verità si rivela il luogo ideale per mettere alla prova questa coreosofia.

 

        Trovammo nelle piccole case di legno di una colonia vegetariana di allora un alloggio adeguato ed economico, bagni d’aria, prati, un piccolo regno che abbellimmo e completammo con altre costruzioni, fatte da noi stessi. La mattina presto suonavo il gong sulla veranda della mia casetta circondata da cespugli. Tutti si presentavano al lavoro. Gli attrezzi venivano distribuiti e ancor prima della colazione un gruppo andava nei diversi orti per diserbare, vangare, piantare o fare altri lavori necessari. Gruppi di donne andavano nelle stanze del cucito, dove si confezionavano abiti per la danza e sandali; avevamo anche un forno e più tardi addirittura due telai, che ci fornivano i tessuti necessari. Si facevano conserve di frutta e in turni diversi si preparavano e si servivano i pasti. La nostra preoccupazione erano gli spazi per la danza. All’inizio usammo i prati erbosi esistenti. Più tardi furono recintati e circondati da posti a sedere. Si progettò la costruzione di un bello spazio doppio, con una parte coperta per il cattivo tempo e l’altra metà sotto il cielo libero". 

 

        Così Rudolf Laban descrive, vent'anni dopo nella sua autobiografia, il suo insediamento al Monte Verità. Danza e vita si fondono per la piccola comunità: spinti dalle stesse motivazioni, si sperimentano gesti e ritmi antichi del lavoro insieme a semplici ritualità quotidiane, confidando nella loro capacità di propiziare lo spirito comunitario e tradursi nel linguaggio corporeo di una nuova danza, che esprima in movimento il pensiero condiviso.

        Se questo ideale di vita espresso in danza può apparire romantico e colorato di utopia, lo stimolo che offre ha permeato tutto il lavoro di ricerca, di analisi e di sperimentazione di Laban, traducendosi in consapevolezza, scientificità e nuovi modi di rivalutazione della danza nell’arte e nelle sue applicazioni sociali. Nei nostri giorni la riscoperta a ogni età e in ogni condizione delle potenzialità peculiari, motorie ed espressive, del nostro corpo non è soltanto recupero di sicurezza, equilibrio e benessere fisico e mentale. L’esperienza poetica di tradurre e comunicare in danza il proprio mondo interiore e la propria visione del mondo esterno, messa alla portata di ogni persona, offre la possibilità di creare attraverso il linguaggio metaforico del movimento condivisione di emozioni e relazioni non verbali immediate e profonde con gli altri.

        Oggi, dopo cent’anni, in un’epoca malata di disillusione e di apatia, ripensare alla fede del giovane Laban nelle potenzialità rigeneratrici della danza per l’unità psicofisica dell’essere umano e per lo spirito comunitario dei gruppi, può aiutarci riflettere non solo sulla forza animatrice dell’utopia, ma anche, più concretamente, sulle motivazioni che oggi si possono attribuire al fenomeno della “danza per tutti”, erede delle scoperte di allora. Quale pensiero la guida in un mondo tanto diverso? Quale efficacia le si può riconoscere nella nostra società? Quale impatto sulla persona e sulla comunità? Quale contributo a una riscoperta di valori dimenticati e a una diversa qualità della vita?