L’Etica non contempla il principio di autorità né rivelazioni religiose
Non pochi, purtroppo, pensano che la sola etica ben fondata sia quella fondata su "Dio" (“Se Dio non esiste tutto è permesso”, Dostoevskij) e che la sola mistica degna del nome di mistica sia quella consistente nel "vedere Dio" o almeno fondata su una delle tante fedi in Dio. Io penso invece che siano proponibili un'etica e una mistica entrambe laiche nel senso di indipendenti da rivelazioni religiose, laiche come lo sono la matematica e la fisica, la ginnastica e l'alpinismo, la contemplazione dei tramonti e la psicologia: discipline dell'umano in quanto tale, potenziamenti delle straordinarie facoltà di logos e di esaltazione che l'universo, grazie a un travaglio di eoni, ha assunto nei corpi-mente umani. Un'etica fondata non su autorità asserite ma su argomenti; una mistica nutrita non di trascendenze asserite ma di effettive dirette esperienze.
Il tema è così ampio e cruciale che lo dividerò in due parti: questa volta parlerò di etica, la prossima volta di mistica; sempre inadeguatamente.
» Etica
Con "etica" intendo la scienza, se così vogliamo chiamarla, del vivere nel modo migliore la condizione umana, la scienza del vivere bene; nel suo significato più alto, la scienza della perfezione umana. Credo utile distinguere un'etica normativa e un'etica vocazionale.
La prima riguarda tutti gli esseri umani in quanto umani, la seconda riguarda il singolo essere umano in quanto diverso da ogni altro. Questa diversità, questa unicità è un grande valore. Ogni individuo della specie umana è potenzialmente una “cifra” originale dell’universo: l’etica vocazionale vuole che questa originalità irripetibile non venga sprecata. Mentre il comando dell'etica normativa è: sii (nel miglior modo possibile) umano, il comando dell'etica vocazionale è: sii (nel miglior modo possibile) te stesso. L'etica vocazionale non cancella l'etica normativa: aggiunge alla dimensione del bene e del male, propria dell'etica normativa, la dimensione dell'autenticità. Il mantra dell'etica vocazionale è: "Possa la mia vita accrescere la bellezza della storia dell'essere". Dovrebbe diventare questo il desiderio animatore di tutte le nostre scelte. Un anche minimo esercizio di consapevolezza ci istruisce di quanto ne distino le nostre quotidiane e biografiche motivazioni. Tengo però a dire che anche il concetto di vocazione può essere laico, non più la chiamata di una Voce soprannaturale ma il grido interiore di chi si sa unico e morituro: "oh che la mia vita non trascorra priva di significato!". Scrivendo per NonCredo mi sembra che il punto decisivo da illuminare sia: esista o non esista un'etica normativa vera, in etica non puo valere il principio di autorità. Provo a dimostrarlo con un argomento logico e con un argomento storico.
» L’argomento logico
Un'etica vera, universale, o esiste o non esiste. Se esiste, allora, come ogni verità universale e necessaria, non dipende dall'opinione o dalla volontà di un soggetto quale che sia. Non può essere prodotta, posta, votata, creata da nessuno. Deve essere scritta nelle cose stesse, come la matematica. Il principio di autore, il principio di autorità non hanno senso là dove c'è necessità logica intrinseca. A Dio potrebbe dare fastidio pigreco, questo numero irrazionale trascendente aperiodico che nemmeno Lui sa come finisce; potrebbe esserci un problema di insonnia di Dio sul pigreco simile al problema, ben più noto, della principessa sul pisello. Ma Dio non può, con uno scatto d'orgoglio, decidere "fiat un pigreco periodico". Dio (lo sapeva già sant'Agostìno) non può creare la matematica, può solo eterriamente sottoscriverla così com'è. Gli piaccia o non Gli piaccia. La verità non dipende né dal pensiero né dalla volontà di Dio. L'etica vera, come ogni logos necessario, governa Dio e non è da Dio governata; se invece un'etica vera, universale, non esiste, allora l'etica conosce solo delle autorità di fatto, ognuna delle quali può solo dire: "il mio fustino lava più bianco del tuo" e competere con le altre a colpi di guerre o di roghi o di condizionamenti mediatici oppure tollerarle in nome dell'etica della coesistenza delle libertà.
Fine dell'argomento logico: Dio come autorità è irrilevante in etica, sia se un'etica vera/universale esiste, sia se non esiste. O sottoscrive quella vera o ne inventa una sua personale.
» L’argomento storico
I "Dio" rivelazionali storici, tutti, insieme a cose belle hanno detto e fatto anche cose altamenti discutibili e altre che ci appaiono come indiscutibili mostruosità etiche (cfr. Nera Luce II.2; IV; V; VI.5; VIII.2).
E allora in etica non valgono le autorità, valgono solo gli argomenti, e l'argomento di autorità non è un buon argomento. Per esempio il papa, in etica, vale esattamente quanto i suoi argomenti; un'opinione sostenuta dal papa non ha un peso "papale", ha esclusivamente il peso degli argomenti che il papa riesce a trovare; il papa in quanto papa ha, in etica, un peso storico-politico, non un peso teorico. E infatti i cattolici più astuti presentano le loro tesi come laiche, non come cattoliche, sapendo che sul piano della verità non ha senso distinguere due etiche, una laica e una religiosa: può esserci solo un'etica laica-universale, come c'è solo una matematica laica-universale. Oppure un'etica laica-universale non c'è. Ma allora non c'è nemmeno (anzi c'è molto meno) un'etica religiosa-universale.
Il problema oggi è che il pensiero laico (voglio dire il pensiero realistico e razionale, fondato sulla scienza, sull'esperienza e sulla logica) mette in dubbio, con buoni argomenti, che si possa conoscere dimostrativamente una verità etica universale. La maggior parte dei teorici laici dell'etica è noncognitivista: sostiene che in etica non si dà vera conoscenza ma solo preferenza.
» L’essere e il valore
Io invece sono, con buoni argomenti, un cognitivista critico. Credo che le mammelle da cui fluisce il latte etico siano, come giusto, due: l'ontologia e l'assiologia, la conoscenza dell'essere e la conoscenza del valore. La prima ti dice: "tratta gli esseri (e segnatamente gli esseri dotati di soggettività, gli uomini e gli animali) in base a ciò che veramente sono", la seconda ti dice: "agisci in modo da realizzare i valori". Può sembrare lapalissiano, ma indica "dove" andare a cercare i punti di partenza di un ragionamento etico.
» La religione civile
Inoltre il noncognitivista duro si trova intrappolato in paradossi, uno dei quali è che se deriva dal noncognitivismo un'etica della tolleranza di tutte le posizioni etiche, può fondarla solo postulando cose come l'uguaglianza degli uomini, la loro pari dignità, il loro diritto alla libera manifestazione del pensiero, cioè postulando un'etica molto forte che io chiamo la religione civile dei diritti dell'uomo e che· si trova alla base precisamente dello Stato laico liberale e solidale, etica la cui "verità" sembra oggi, almeno in Occidente, accertata e non negoziabile.
Io credo che un ben motivato cognitivismo critico autorizzi a dire, e non a vuoto, il mantra che riassume in sé l'etica normativa e l'etica vocazionale:
"Possa la mia vita accrescere la bellezza della storia dell'essere".