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UNITÀ TEMATICA N. 36
RIFLESSIONI, PROPOSTE,
SPERIMENTAZIONI DELL'OGGI

Per abitare e vivere gli insediamenti umani come una via d'uscita dalla crisi ambientale

Autrice

Tamara Alderighi

RIDEFINIRE IL PROGETTO URBANO

SCENARI DI RIFERIMENTO E PROTAGONISTI

Articolo, 1997.

 

Inviato il 14/03/2021




Sul progetto urbano, sulle appartenenze e sulla ridefinizione di nuovi comportamenti civili,  si sono avute negli ultimi anni, fra gli addetti ai lavori e nel mondo dell’associazionismo, numerose occasioni di riflessione, anche se le proposte in campo non sono ancora sufficienti per compiere azioni effettivamente incisive a largo raggio.

In ogni caso non si parte più da zero.

 

Mentre gli scenari di riferimento si estendono a livello planetario, fra gli addetti ai lavori, le occasioni rituali dei congressi nazionali, sono state utilizzate come importanti occasioni di riflessione tematica, con uno sforzo reale per una messa a fuoco delle problematiche presenti.

- l’Istituto Nazionale di Urbanistica ha scelto il tema  “La nuova legge urbanistica, principi e regole”.

- Il congresso nazionale dell’Ordine degli architetti si é svolto su “Architettura ed Opere Pubbliche: centralità del progetto e concorrenza sulla qualità”.

- Gli architetti europei hanno fatto un proprio libro bianco, su “L’Europa e l’architettura di domani”, che chiama a riflettere sui diritti dei cittadini europei, e propone, agli organismi decisionali, precise direttive da seguire.

 

Di particolare Interesse la produzione di Europan, che ha attivato, a partire dall’88, una massa ingente di energie creative di giovani architetti europei, sull’evoluzione dei modi dell’abitare e dell’architettura nella città di oggi, affrontando anche i fenomeni sensoriali ed emozionali, più difficili da misurare.

 

In questo quadro, così ricco ma profondamente frazionato, anche negli ambienti più tipicamente politico/culturali (associazioni femminili, ambientaliste, del volontariato o di specifiche categorie sociali, numerosi ambienti universitari e professionali, diversi enti locali e singoli soggetti) é stato svolto un ruolo essenziale di approfondimento su cosa si possa intendere per qualità urbana dai vari punti di vista specifici. Sono stati offerti numerosi contributi sul rapporto tempo/spazio, sulla progettazione partecipata, sul rapporto cittadino/istituzioni, sulla accessibilità urbana, sul ruolo che i vari soggetti che abitano la città, indipendente dalle loro condizioni psicofisiche/percettive e culturali (donne, bambini, anziani, immigrati, studenti, ecc.) possono avere, nell’interesse di tutti, per migliorare il proprio ambiente vitale. Sono così, diventati attributi teoricamente inseparabili dalla qualità richiesta la vivibilità dell’ambiente urbano (fruibile, sicuro, accessibile e accogliente) e la qualità globale del progetto (funzione, forma, costo, gestione e manutenzione) con tutto quello che significa soprattutto per gli spazi pubblici attrezzati in città.

 

E’, ormai generalizzata la consapevolezza della più totale assenza di identità significativa delle nuove realtà urbane.

Allo smantellato dell’idea di struttura urbana ottocentesca,  basata su una rete di “segni forti”, viali, piazze, isolati e cortili, non siamo stati in grado di sostituire una nuova idea di città capace di assumere, nell’immaginario collettivo, un peso di rilievo, chiaramente identificabile e riconoscibile.

 

Quello che ancora manca è proprio il progetto di insieme, il raccordo di tutti quegli elementi tipici della struttura morfologico/ambientale urbana, collegati sia alla riorganizzazione funzionale complessiva della vita quotidiana degli abitanti, che all’identità dei luoghi.

 

 

OTTIMIZZARE LE RISORSE PER LA RIQUALIFICAZIONE URBANA

 

Di fronte al crescente divario tra bisogni e risorse, che ha posto all’attenzione generale la necessità di una migliore utilizzazione delle risorse umane, economiche e ambientali, si é estesa l’esigenza di costruire fruttuose e “compatibili” relazioni tra i vari organismi istituzionali dello Stato ed il mondo privato imprenditoriale, inserendosi a forza nella realtà operativa e nel tradizionale dibattito connesso al controllo dello sviluppo del territorio, al regime degli immobili ed alla pianificazione (unico strumento -osteggiato o amato- di raccordo non violento tra gli operatoricoinvolti).

 

Esempio significativo di integrazione tra risorse pubbliche e private sono i programmi complessi di intervento sulla città (Programmi integrati di intervento, Programmi di recupero urbano, Programmi di riqualificazione urbana), connessi al Piano quadriennale di edilizia residenzale pubblica 92/95, che ha attivato una quantità rilevante di finanziamenti, pubblici e privati, offrendo differenti tipologie di finanziamento, legate all’utenza, per tutte le categorie di intervento collegate alla riqualificazione urbana (esproprio, urbanizzazioni, nuove costruzioni, recupero, alloggi parcheggio), favorendo il coordinamento degli interventi  di tutti gli operatori e costringendo i soggetti coinvolti a fare i conti con l’intero processo attuativo dall’ideazione alla gestione.

 

Ma questi nuovi strumenti attuativi, che costituiscono comunque un modo per acquisire risorse oggi non acquisibili all’interno delle realtà pubbliche, e possono essere anche molto efficaci per garantire livelli adeguati di qualità urbana, possono al tempo stesso rivelarsi pure e semplici operazioni immobiliari, traformandosi in occasioni perse, se non ci si dota di un quadro di riferimento giuridico/normativo certo e di strumenti efficaci di controllo complessivo preventivo della reale qualità dell’operazione. L’avere infatti reso possibile, in tempi brevi, con l’accordo di programma, lo scavalcamento delle previsioni di piano, al di fuori delle normali procedure di verifica dei vari interventi nell’insieme dello sviluppo urbano e territoriale, rischia infatti di indebolire la capacità di valutazione delle amministrazioni comunali ed  loro potere di contrattazione nei confronti dei privati, proprio in quanto apportatori di risorse.

 

Una occasione di grande rilievo per cambiare le condizioni operative di base nel settore, sarà proprio la riforma urbanistica, quantomeno per garantire un riordino ed una razionalizzazione verso l’alto della strumentazione esistente, e ridurre, almeno in parte, la complessità attuale. In proposito sono già state presentate alcune proposte di legge.

 

In ogni caso è comunque indispensabile che l’A.C. abbia un suo progetto complessivo forte dell’area da riqualificare, attento sia ai bisogni emergenti a livello sociale, che agli interessi reali degli operatori coinvolti nel processo attuativo, e che si percorrano nuove strade, al tempo stesso creative e rigorose, per individuare le soglie di qualità minima necessaria per la fattibilità di un determinato progetto e raccordare le varie esigenze e risorse nel progetto finale di riqualificazione dell’area interessata, al livello più alto possibile, all’interno di tempi e costi, realistici e sostenibili.

 

 

TRE DIREZIONI DI LAVORO

per costruire percorsi comuni di elaborazione propositiva

 

E’ quindi evidente, quanto, per incidere sull’attuale assetto urbano, non basti accumulare risorse, ma sia necessario un cambiamento radicale nelle modalità di progettazione e gestione dell’ecosistema urbano, con la ricostruzione di un quadro generale di conoscenze e di regole condivise. Questo é sicuramente un obiettivo ambizioso e difficile da realizzare, ma non è certo rimanendo all’interno di un ambito limitato di un personale o settoriale punto di vista, che si possono trovare soluzioni realmente efficaci, tali solo se capaci di dare delle riposte adeguate all’insieme delle esigenze dei vari soggetti coinvolti.

Bisogna uscire dal circolo vizioso in cui siamo finiti in questi decenni: per cui il fatto che sia entrata in crisi la fiducia nella possibilità di costruire, insieme, un progetto di reale interesse collettivo, si traduce in un freno  effettivo all’investimento di creatività propositiva personale, risorsa indispensabile per costrure un progetto complessivo; al tempo stesso l’assenza di un progetto collettivo credibile per il futuro, impedisce che si ricostruisca la fiducia di base necessaria per gli investimenti individuali. 

L’avere percorso per decenni, in varie collocazioni decisionali, differenti ambienti della progettazione urbana, mi spinge a formulare tre direzioni di lavoro, a livello disciplinare, politico culturale e di insieme.

 

1   UNA MANUALISTICA  RIGOROSA (semplice da gestire ma efficace)

 

La tendenziale separazione delle responsabilità, a livello culturale e nella pratica istituzionale, tra decisione politica (da parte degli amministratori) e concreta attuazione del progetto (da parte dei funzionari), ha portato come conseguenza normativa, il superamento dell’incarico fiduciario, per la progettazione delle opere pubbliche. L’intenzione di ottimizzare il controllo di costi e tempi, in un quadro più trasparente di responsabilità ha messo però in secondo piano il valore di avere basi comuni, ideali e di conoscenza, tra committente ed incaricato, trascurando quanto l’assenza di questa comunione ideale di atteggiamento, renda più complesso il controllo della coerenza tra obiettivo iniziale dichiarato e prodotto finale del progetto.

Questa modifica procedurale, rafforza ulteriormente la necessità di dotarsi di indicatori di qualità sufficientemente attendibili, sia per quanto riguarda la strategia complessiva dell’affidamento degli incarichi (trasparenza, equità, professionalità), che la tipologia e la qualità degli elaborati da produrre, tali da individuare e proporre, con efficacia,  in via preventiva, alla Pubblica Amministrazione ed alla futura utenza coinvolta, obiettivi, idee guida, requisiti e prestazioni delle opere che verranno realizzate.

Considerata la difficoltà ad entrare nel merito di qualità così difficili da “misurare”, forse una alternativa percorribile all’incarico fiduciario é proprio una maggiore diffusione della manualistica identificativa e prescrittiva dell”oggetto” da progettare, con la quale riuscire, in un modo trasparente, semplificato ed il più possibile immediato, a mettere a punto una metodologia di controllo preventivo, non solo degli aspetti più propriamente fisici dell’opera, ma della qualità globale dell’esito finale del progetto stesso.

 

 

2   SCEGLIERE NUOVI “INDICATORI” DI QUALITÀ URBANA:

     le donne e gli uomini che abitano le città.

 

E’ evidente che non é semplice, individuare i requisiti di qualità funzionale, morfologica ed ambientale complessiva di un insediamento abitativo, o della città vista nel suo insieme, collegati non a valori assoluti ma ai valori di chi giudica, cioé di chi utilizza i servizi della città. Valori che riguardano la riorganizzazione complessiva della vita, intesa globalmente: come vita umana, animale e vegetale, nell’insieme delle sue fasi e nelle relative interelazioni, oggi sempre più difficili da catalogare. Trovare nuove, efficaci modalità di coinvolgimento dei vari soggetti che abitano la città sta diventando pertanto, una tappa obbligata, ineliminabile, nel faticoso percorso di costruzione della qualità urbana.

 

 

3   INTEGRARE I DIFFERENTI SAPERI:

     a ciascuno un potere decisionale corrispondente al proprio "sapere".

 

La terza direzione di lavoro é la ridefinizione di un percorso di elaborazione del progetto finale che riveda il ruolo che ogni soggetto, individuale o collettivo che sia, assume nel contesto generale di costruzione del progetto. Evidenziare cioé in ogni soggetto le peculiari caratteristiche che lo contraddistinguono, le specificità che possono costituire interesse generale. Su queste, costruire la nuova articolazione decisionale delle competenze, basata su criteri di responsabilità e di equità, collegati al “sapere” di ogni soggetto, e che li raccordi, con poteri differenziati (potere decisionale, propositivo, consultivo ed anche il diritto di veto) alle scelte da compiere nello scenario urbano. In questo quadro, i saperi essenziali da coinvolgere, sono raggruppabili in quattro tipologie: Il sapere di chi rappresenta la collettività (le istituzioni, i partiti, le organizzazioni associative politico/sociali); il sapere di chi é custode della esperienza tecnica acquisita nei secoli (gli esperti nelle varie discipline); il sapere di chi é in grado di gestire con efficacia una attività produttiva imprenditoriale; ultimo, ma come abbiamo visto, essenziale, il sapere di chi abita la città, testimone ineliminabile dei propri bisogni.