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UNITÀ TEMATICA N. 14
PAROLE VERSO

Parole del passato e del presente per vedere, interpretare, trasformare, lo stato delle cose esistenti

Autrice

Tamara Alderighi

DOTARSI DI AUSILI TEMATICI DIVULGATIVI

PER RICONQUISTARE RADICAMENTO SOCIALE E TRASFORMARE IL PRESENTE. Una progettazione collegiale paritetica tra differenti saperi, organizzazioni e territori.

Intervento al Convegno: "Metropoli tra questione sociale e sfruttamento del territorio", Libera Università Ipazia & Il Giardino dei Ciliegi,

Firenze 28 ottobre 2017. (*)

 

Inviato il 26/02/2021




Come prima cosa vorrei ringraziare tutti i relatori, non solo per la qualità dei contenuti espressi, ma anche perchè ultimamente mi sono allontanata da queste problematiche e quanto detto mi ha fornito un aggiornamento veramente prezioso. Non parlerò quindi di urbanistica o di progettazione urbana o residenziale, anche se è lì, in questi ambiti, che ho esercitato la mia amatissima professione per una trentina d’anni, dagli anni settanta in poi, ma non qui a Firenze, a Pistoia.

 

E’ dall’87 che mi sono trasferita a Firenze: quarant’anni fa.

Ma non ho trovato quello che mi auguravo, trasferendomi da Pistoia, considerata allora un ambito troppo delimitato, da cui uscire.

 

Alla fine degli anni ottanta, anche a Firenze, eravamo già entrati nella fase di progressiva scomparsa della sinistra, ovvero della sua capacità di offrire una proposta alternativa globale, realistica e riconoscibile, in Italia e nel mondo.

Una sinistra che ha cominciato a dissolversi progressivamente:

- in Italia, a partire dall’assassinio di Aldo Moro del 78, seguito dopo pochi anni (nell’84) dalla morte di Enrico Berlinguer e poi dallo scioglimento del Partito Comunista Italiano nell’89; cui è seguito negli anni successivi, un progressivo frazionamento della sinistra in pezzi sempre più piccoli e invisibili, sostanzialmente inefficaci.

- nel mondo, a partire dalla caduta del muro di Berlino sempre dell’89, evento che ha definitivamente separato a livello di massa, il termine “comunismo” dal suo  potente messaggio simbolico di liberazione universale, che invece aveva tenuta alta la bandiera della libertà nell’uguaglianza, per più di mezzo secolo.

 

Ma a mio parere di questo infelice risultato non dobbiamo ringraziare solo la campagna della colonializzazione mediatica capitalistica che ha portato ad identificare il comunismo con il socialismo reale realizzatosi nell’Unione sovietica, cancellandone -nell’inconscio collettivo prevalente- il valore teorico utopico, da conquistare quotidianamente con le proprie azioni “rivoluzionarie”.

 

Di questa scomparsa -a  livello simbolico e pratico- siamo corresponsabili anche tutti noi, le singole persone che si dichiarano “comunista”; anche se la corresponsabilità va ovviamente differenziata a seconda delle diverse singole condizioni di collocazione socioeconomica e dalle proprie caratteristiche umane. Invito chi non lo avesse ancora fatto, a leggere il libriccino scritto da alcuni comunisti ed ex comunisti, uscito poco oltre un decennio dopo la caduta del muro di Berlino.

Ha un titolo duro come una condanna incisa sulla pietra: il silenzio dei comunisti; ma non si può pretendere di trasformare il presente, senza utopie universali di riferimento (anche se oggi ormai si parla di “universale plurale” per evidenziare il bisogno di salvaguardare la differenza psico-fisica e culturale di ogni individuo-persona).

 

 

Ho riportato questa date e questi episodi perchè li ritengo fondativi, ma non mi considero né una storica, né una studiosa.

Preferisco considerarmi “progettista coordinatrice di progetti complessi”. E’ questo che ho fatto con grande piacere per qualche decennio: ho progettato “insieme e al servizio di altre persone” per il raggiungimento di obiettivi comuni di interesse generale. Ho però avuto la fortuna di farlo da posizioni decisionali, ovvero dall’interno di organizzazioni che avevano strutture operative e finanziamenti. Ma -soprattutto- avevano relazioni interpersonali continuative tra due tipi di soggetto sociale:

- la persona competente, ricca di un qualche sapere specifico, esperto o esperienziale che sia, ma inevitabilmente settoriale, visto il tipo di formazione culturale in atto nel sistema socioeconomico dominante;

- la persona cosiddetta “comune”, in quanto delegata a svolgere un lavoro sostanzialmente esecutivo (e alienato), deciso da altre persone che determinano sia la qualità del prodotto che tempi e procedure produttive; persona portatrice sia di bisogni reali da soddisfare, che del proprio sapere personale che -in mancanza di una sede collegiale o di un quadro generale di riferimento verso cui convergere- rischia nei fatti di essere disperso e ingoiato nella palude socioeconomica attuale centrata sull’individualismo e sulla competizione, ambedue al servizio della proprietà privata dei mezzi di produzione..

 

E’ lì che ho acquisito quell’esperienza che mi fa dire con sufficiente convinzione che -se vogliamo trasformare il presente- dobbiamo recuperare questa intesa tra  questi due poli essenziali, per farli ricominciare a lavorare insieme. Persone con varia collocazione socio-economica, ma collegate liberamente tra di loro da interessi e desideri comuni, che possono essere sintetizzati in un bisogno umano primario:

la liberazione dell’essere umano dallo sfruttamento di altri esseri umani.

 

A mio parere è solo una loro azione comune, sul proprio ambiente vitale quotidiano, che può permettere di superare, nel tempo, questo perverso frazionamento epocale in cui siamo finiti.

 

Progettare insieme agli altri è infatti determinante perchè:

- permette di imparare molte più cose di quante ne possa contenere il nostro singolo vissuto e di superare i limiti di una conoscenza solo teorica o pratica, acquisita a livello personale;

- permette di precisare e condividere  modalità operative, insieme alle altre persone che abbiamo scelto di frequentare in quanto più simili a noi di altre, e quindi con una verifica di insieme più ampia, anche se mai esauriente del tutto;

- permette di attrezzarsi per trasformare il presente, per renderlo sempre più vicino ai nostri desideri.

 

La mia proposta si inquadra in alcuni bisogni primari:

- diventare tanti: finchè rimarremo così pochi, potremo specchiarsi nell’altro e riconoscersi, ma non otterremo grandi risultati tangibili;

- sollecitare chi viva situazioni di grande disagio a farsi protagonisti attivi di cambiamento; un cambiamento che nessuno potrà mai ottenere come singola persona;

- scegliere le azioni politiche da proporre; ma è evidente che sia la ricerca teorica di soluzioni agibili concretamente che l’efficacia di singole azioni, richiede grandi aggregazioni, che ora non siamo più in grado di fare.

 

Anche se nessuno oggi può ritenere di avere una qualche ricetta personale in tasca, io vedo con sufficiente chiarezza tre panorami di riferimento: tre indicazioni generali di lavoro (anche se probabilmente dovranno essere attivate su tavoli separati, visto lo stato di frazionamento esistente):

 

- Riprendere in mano la ricca elaborazione di carattere generale compiuta su questi temi da oltre mezzo secolo, per evidenziare i punti di forza  di carattere generale verso cui convergere, singolarmente e collettivamente, dalle diverse posizioni socioeconomiche individuali; compiere cioè una ricerca che sia in grado di essere propositiva e realistica, verso la costruzione di un futuro migliore in una società altra, tanto da essere riconoscibile sia dagli addetti ai lavori che dalla persona comune. L’ha capito la destra (assolutamente funzionale alla sopravvivenza del neo-liberismo) che in effetti sta espandendosi a macchia d’olio: ha scelto alcuni temi vitali immediatamente comprensibili da chiunque (come p.es.: la sicurezza) e su questi sta martellando, invadendo ogni spazio mediatico. Non sarà facile né immediato farlo, ma si potrebbe intanto mettere insieme un gruppo di lavoro;  non troppo piccolo, per permetterci di selezionare il sapere -esperto e esperienziale- di alcune delle realtà pulsanti più rappresentative che hanno prodotto analisi e proposte concrete, ma nemmeno troppo grande, per poter confrontare agevolmente le proprie idee. Si potrebbe ripartire dalla “Carta sulla città” di Ipazia, che peraltro è abbastanza recente (2010).

 

- Una volta individuati i punti forza concettuali, dotarsi di materiale tematico divulgativo, per fare un lavoro di informazione-formazione mirata; ricominciando a fare formazione di base, con parole e idee guida, accessibili alla persona comune, a tutte quelle persone che -stremate dalla corsa quotidiana per la propria sopravvivenza- non possono dedicare molto tempo alla lettura: l’individualismo ha portato a sviluppare solo due tipi di persone: il generale e il soldato; ognuno sente e sceglie liberamente quale dei due ruoli svolgere, a seconda del proprio carattere e del proprio vissuto. Quello che serve invece è ricominciare a lavorare per la auto-formazione del “quadro intermedio”, di quella persona che -sia pure con grande autonomia- si mette al servizio della diffusione dei concetti principali, di valore primario per l’umanità nel suo insieme. Dobbiamo trovare il modo di ricominciare a fare formazione di base, se vogliamo superare questo forsennato individualismo possessivo imperante.

 

- A quel punto, forse, potremmo essere maturi (ricchi dei punti forza e del materiale prodotto) per stimolare lo sviluppo di “campagne nazionali”, a partire da alcune aree di crisi presenti in alcune città significative (che possano fare notizia sui media nazionali) e - mettendo a disposizione, come base di lavoro- il sapere acumulato in precedenza da un lavoro collegiale costruito sul vissuto teorico e pratico di alcune persone provenienti da varie realtà territoriali (sapere da continuare a discutere e confrontare con quello altrui) portare avanti nel tempo, con continuità, una azione politica che compia eventi riconoscibili che siano di esempio anche per altre realtà territoriali, anche lontane, ma con sensibilità simili. Intanto potremmo partire da Firenze; e poi magari lavorare su Roma... e poi chi sa? Milano? Napoli?

 

 

 

(*)https://www.sismasapiens.it/resource/doc/Ipazia 28 ottobre 2017.pdf

 

 

 

Libera Università Ipazia & Il Giardino dei Ciliegi

al Giardino dei Ciliegi – via dell’Agnolo, 5 Firenze

27-28 ottobre 2017

Affari e cemento in città

 

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27 ottobre 2017,  ore 17,00

Firenze città liberista: quale alternativa?

 

con

Ilaria Agostini e Roberto Spini                                                                   

Coordina Sandra Cammelli

 

con aperitivo

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28 ottobre 2017, ore 9,30

Metropoli tra questione sociale e sfruttamento del territorio

 

Ne parliamo con

Paolo Berdini, Vezio De Lucia, Ornella De Zordo, Alberto Ziparo

 

9,30 Introduzione di Aldo Ceccoli

Letture a cura del Giardino dei Ciliegi

Coordina Anna Picciolini

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 Il “partito del mattone” è il vero “partito della nazione”, che domina da sempre nelle città, determinando una tensione tra la valorizzazione dei capitali e il deterioramento delle condizioni in cui vivono le cittadine e i cittadini. La valorizzazione del

capitale avviene in misura progressivamente più rilevante, attraverso la città, utilizzata come una sorta di fabbrica diffusa da cui estrarre profitti. Partendo dalla  vicenda della cittadella dello stadio di Tor di Valle (Roma) e vedendo il perdurare della massima edificazione possibile vorremmo, in base anche alle riflessioni e al dibattito delle giornate,  andare oltre le necessarie geografie di resistenza ai singoli eventi e porre al centro del dibattito politico locale e nazionale la questione delle città divenute la grande discarica degli effetti della globalizzazione.

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