1. Un nuovo soggetto politico per ri-dare senso e sostanza alle nostre parole
Da tempo ci siamo detti e ci diciamo della necessità e dell'urgenza di un nuovo soggetto politico per ridare senso e sostanza a parole come sinistra, rappresentanza, democrazia, partecipazione. Da tempo, in premessa dei nostri ragionamenti, delle parzialità con cui ci interroghiamo e patiamo un disagio, una distanza sempre più forte tra politica e vita, un'estraneità alla politica, ci diciamo della necessità di dare senso, cercare, costruire parole del nostro conoscere e riconoscerci in un’ idea di società altra. Parole per dire e darci i nostri fondamenti. Per dirci e darci un'idea di società da lungo tempo assente in una sinistra afasica e incapace di leggere la realtà, i cambiamenti avvenuti, le nuove soggettività in campo. Da questo nesso ineludibile tra nuovo soggetto politico e idea di società dobbiamo partire, cercando parole per capire a che punto siamo, cosa è cambiato, quali conflitti si agitano dentro la società, chi sono i soggetti del conflitto.
2. Dare risposta a domande ormai ineludibili
Perché i neoliberismi, nel nostro paese i berlusconismi, sono diventati -e sono- così forti e pervasivi?
La prima domanda che viene in mente, a cui non abbiamo saputo ad oggi dare risposte convincenti, pur sapendone la complessità, è sulle ragioni, sui perché i neoliberismi, nel nostro paese i berlusconismi, siano diventati e siano così forti, così pervasivi. Sui perché siano stati e siano determinanti nella formazione del senso comune, negli stili di vita, nelle aspettative, nel dirsi di sé nel nostro paese e in Europa, per limitarci a questa parte del mondo, da parte della maggioranza dei cittadini. Su cosa sia oggi la cittadinanza, questo stare al mondo che esclude, isola, divide, parla e dà forma, costruisce paure ed egoismi, cancella comunità e solidarietà. Su cosa siano i diritti e le libertà agiti dentro recinti, dentro scelte che fanno di ognuna e di ognuno un'isola a sé stante e in conflitto con gli altri. Diritti e libertà che si affermano negando, disconoscendo la libertà e i diritti degli altri. Disconoscendo,cancellando l'altro da sé. La prima domanda è perché, a che punto siamo. Se siamo ancora in tempo, su come agire pratiche di partecipazione, riflessioni, idee di società, sul senso del lavoro come bene comune, sul conflitto tra beni comuni e proprietà. Domande ineludibili se vogliamo ragionare sui fondamenti teorici e culturali, sull'agire e sui contenuti di un nuovo soggetto politico, sull'identità e le idee di una sinistra che da tempo non alberga più nei partiti e nei partitini che conosciamo, ridotti a ceti politici scissi dalla vita quotidiana delle persone, innanzitutto dei lavoratori.
Cosa è cambiato nel profondo dell’essere umano contemporaneo, nel modo di essere, organizzarsi, vivere?
A che punto siamo, cosa è cambiato nel profondo ,nel modo di essere, di organizzarsi, di vivere? Una mutazione antropologica è da tempo squadernata davanti a noi; facciamo fatica a leggerla perché le nostre categorie interpretative, a partire dalla centralità del lavoro, sono rimaste ferme ad una lettura di quel difficile compromesso tra capitale e lavoro che da tempo i neoliberismi hanno mandato in crisi, hanno cancellato. Compromesso che si stava già lacerando, si era lacerato perché le lotte avevano poste domande di diritti, di dignità, di autorealizzazione, a partire-e non solo dal cammino di autodeterminazione delle donne, dalla loro autonomia. Compromesso che era già entrato in crisi di fronte a domande di senso della democrazia. Una democrazia incompiuta e fragile che iscrive formalmente nel suo registro uguaglianza ed equità sociale come precondizioni di una trama di libertà, ma fa fatica a misurarsi, a creare condizioni reali per eliminare ostacoli, dare sostanza, attraverso pratiche inclusive, al costituirsi di una comunità in cui l'autonomia dei singoli è fondante di un diverso modo di stare insieme, di pratiche culturali e politiche innervate in percorsi di partecipazione. Crisi del patto sociale che la sinistra, chiusa nel suo politicismo, nel suo inseguire - e spesso fintamente -moderatismi e massimalismi sterili, non ha saputo o voluto leggere.
3. Da dove ricominciare
Abbandonare scorciatoie elitarie populistiche e finte contrapposizioni
Un nuovo soggetto politico della sinistra deve interrogarsi e agire una democrazia in cui chi decide, cosa si decide, come si decide siano avulsi da semplificazioni, scorciatoie elitarie, populismi e personalismi laederistici. Una sinistra che fa costituzione e democrazia a partire da un assunto troppo spesso considerato eretico: la libertà. Sono le libertà che fondano le ragioni dell'uguaglianza, del rispetto della dignità degli esseri umani e della natura, che possono mettere al bando mercificazioni, dissipazioni delle intelligenze e delle risorse naturali. Su questi processi, sulla radicalità di questi percorsi, sui cambiamenti nel sentire di sé di tanta parte del mondo del lavoro abbiamo iniziato e dobbiamo continuare una riflessione, sapendone le parzialità. Su di essi dobbiamo intensificare ricerche, ragionamenti, pratiche di relazione per capire di più e meglio esperienze straordinarie agite ad esempio nella raccolta di firme per l'acqua pubblica o nella resistenza operaia a Melfi e a Pomigliano. Al tempo stesso dobbiamo saper fare cultura, mettendo in campo quelle innovazioni straordinarie, quei saperi che si stanno sedimentando sui beni comuni.
Costruire oggi, dar vita ad un nuovo soggetto politico della sinistra, significa innanzitutto mettere in un cassetto parole il cui senso è stato distorto; disvelare l'insignificanza di finte contrapposizioni, la contrapposizione tra riformismi e radicalismi. Significa mettere da parte pratiche autoreferenziali, politiciste; significa mettere al bando teorie su due o più sinistre, contrastare i tanti ceti politici che di queste teorie han fatto la ragione della loro esistenza, della loro sopravvivenza.
Individuare nuove categorie interpretative
Quei saperi, quelle culture, quelle innovazioni che possano oggi essere alla base di un'identità della sinistra che va costruita, che può essere, se guardiamo con occhi attenti le nuove soggettività già in campo a cui spesso abbiamo rivolto lo sguardo con indifferenza, con gli occhi del passato, non del presente e del futuro. E' un lavoro difficile e certamente lungo, ma non impossibile; soprattutto è un lavoro ineludibile se vogliamo un nuovo soggetto politico della sinistra. Il paradosso di una sinistra che non c'è; lo smarrimento di tante e tanti non potremo capirlo, contrastarlo inseguendo partiti, partitini, i loro politicismi, i loro ceti politici , i loro personalismi. E' un lavoro difficile che richiede analisi e conoscenza della realtà, attrezzi nuovi, nuove categorie interpretative. Soprattutto riflessione e ragionamenti su ciò che è già accaduto, si è sedimentato, sta determinando regressioni, nuove forme di sfruttamento e schiavitù come insegna la vicenda Fiat; analisi sul significato profondo di quell'imposizione a rinunce di diritti, di salario, di libertà per consentire all'impresa di essere competitiva in un mercato, le cui regole sono sempre più nelle mani del capitale finanziario; certamente non nelle mani della politica.
4. Studiare i processi decisionali contemporanei
L’avvento dell’economia globale e la perdita di ruolo della politica
D'altra parte da tempo l'economia si è sottratta al prevalere della politica; di più la politica ha perso il suo ruolo, la sua capacità di interrogarsi, di intervenire, di rappresentare la vita di ognuno e di tutti. La politica ha smarrito il senso stesso della rappresentanza, e non solo per leggi elettorali sbagliate e inique, leggi che hanno indotto la sinistra, in larga misura, a cancellare se stessa; non solo per la riduzione forzata di percorsi, di forme della democrazia alla governabilità, a questa sorte di totem a cui larga parte della sinistra si è affidata ,inseguendo scorciatoie ingegneristiche e politiciste.
Invero l'economia globale, la finanziarizzazione dell'economia ha dettato regole, ha imposto un dominio sulle risorse materiale e su quelle umane mentre crescevano domande, richieste di guardare avanti, di rendere più forti le spinte al cambiamento e la politica si separava dalla vita, dalla vita quotidiana delle persone. Anche a sinistra domande su chi e cosa rappresentare; da chi prendere e dare parola; sul potere e sui poteri, sui conflitti da agire; su cosa e come produrre, sulla centralità del lavoro umano venivano eluse, sottovalutate, vissute come impaccio e ostacolo al dispiegarsi di una ricerca del consenso, all'inseguimento del centro e dei voti moderati. All'origine della crisi della politica, della crisi e dello smarrimento della sinistra sono i mutati contenuti e modalità di agire del capitalismo, della finanziarizzazione dell'economia. Sono le illusioni, le ideologie sulle riforma dei mercati agite senza interrogarsi sulla impossibilità di dettare regole; l'illusione di piegare il mercato ad una maggiore giustizia sociale, al sostegno dei più deboli in un'economia globale che dettava essa alla politica contenuti e regole, stabiliva e condizionava l'uso delle risorse. Un'economia globale che imponeva e impone il suo dominio, determinando e condizionando nel profondo il modo d'essere e di vivere. Illusioni tanto più errate quanto più avanzava la finanziarizzazione dell'economia. Illusioni disvelate, messe a nudo dalla crisi di un'economia di carta che ha riproposto, ripropone domande sul ruolo delle istituzioni sovranazionali, su una governance debole e inefficace, sulla necessità dell'intervento dello Stato da più parti invocato. Basta guardare al dibattito che si sta sviluppando laddove si è originata, si è addensata questa crisi, la crisi di un'economia di carta, e le misure, le scelte che sta mettendo in campo il governo di Obama.
L’egemonia planetaria della cultura capitalistica generalizza il “pensiero unico” e osanna il potere del “dio denaro”, dominatore assoluto di ogni altro tipo di risorse, umane ed ambientali.
Si e' determinata [così] una rottura storica, la cui estensione e significato è da tempo davanti a noi, nei nostri stili di vita, nel nostro agire. Sono entrate in crisi le civiltà industriali, le civiltà occidentali che abbiamo conosciuto; sono entrate in crisi forme, contenuti, istanze di welfare state e culture in esse sedimentate. E' entrato in crisi anche il valore del prodotto, il suo costo umano e materiale. Ciò che conta è la ricerca senza limiti di guadagni in conto capitale; l'assoluta libertà di circolazione dei capitali; lo stravolgimento del nesso tra reddito da lavoro e guadagni da attività speculative. Ciò che conta è il potere enorme di condizionamento della vita umana, insito nel dominio pervasivo della comunicazione, nella formazione del senso comune, nei valori e nel significato delle libertà, dei diritti, dell'esistenza umana. Ciò che conta è il potere, sono i poteri di ristrette oligarchie finanziarie di liberarsi da ogni controllo politico. Oligarchie finanziarie nelle cui mani è il potere di decidere sulle risorse del mondo; il potere di "formare" bisogni, culture, modi di pensare e di vivere; il potere di imporre regressioni storiche nella riduzione dei diritti e non solo dei livelli salariali ;il potere di cancellare anche il diritto alla creatività, all'autonomia, al dispiegamento delle intelligenze, di quelle risorse che segnano valori e qualità, significati dell'esistenza. Tutto deve dipendere, dipende dal denaro e ad esso si riconduce; tutto dipende dalle borse e dai mercati, dalle speculazioni finanziarie, dall'economie di carta. Tutto e a questo tutto si sono adeguate troppo facilmente forze politiche e sociali. Si sono adeguate in larga misura culture e letture della realtà, di una realtà che si pensava e si pensa immodificabile; al più permeabile a qualche istanza moderata, a qualche proclamazione riformista. Una lettura della realtà a cui sfuggivano, sfuggono le potenzialità, la ricchezza delle risorse umane, la domanda di autonomia, le contraddizioni che segnano il tessuto vivo della società.
5. una delle cause fondanti della crisi attuale della sinistra: l’abbandono della ricerca sul capitalismo
Ma all'origine della crisi della sinistra, e non solo di quella cosiddetta moderata, c'è anche l'abbandono, il ritrarsi da una ricerca, da una pratica, da lotte per agire una cultura della trasformazione. L'abbandono, il ritrarsi da una ricerca sul capitalismo, sui rischi e i limiti di categorie economicistiche e sulle contraddizioni che esse determinavano nella vita delle persone, dei lavoratori; lavoratori ridotti a merce. In nome della modernità e della flessibilità si è dato agio al consolidarsi di nuove forme di sfruttamento, ad un vasto processo di precarizzazione, ad un attacco senza precedenti a garanzie, conquiste sociali e sindacali. Si è cancellata la centralità del lavoro e dei lavoratori anche sul terreno simbolico e, con esso, il senso, il portato del dettato costituzionale, disconoscendo il nesso forte che la Costituzione scrive tra questione sociale, questioni istituzionali, riforme. Disconoscendo il portato più innovativo del dettato costituzionale, il suo essere un progetto di inclusione e di partecipazione. Sono diventati prevalenti le ragioni della governabilità e della efficacia; la riduzione della politica a messaggi mediatici, personalizzazione e ruoli delle leadership, preminenze delle oligarchie dirigenziali. Intanto i rapporti di forza tra capitale e lavoro si rovesciavano,si sono rovesciati. Deperivano Stati, leggi, culture. L'economia globalizzata, il capitalismo globalizzato e finanziarizzato non erano, non sono più, in larga misura, costretti a misurarsi con diritti, domande di libertà, di dignità,di equità sociale. Rapporti di forza rovesciati che hanno investito non solo il terreno dell'economia; hanno determinato l'aggravarsi di quella enorme iniquità, insita nella distribuzione delle ricchezze e nella dissipazione delle risorse umane e ambientali. Rapporti di forza rovesciati tra economia e politica, tra capitale e lavoro che hanno cancellato valori, stanno mutando il significato dell'esistenza, stanno segnando la vita quotidiana.
6. Fare tesoro del contesto attuale
Leggere la realtà per individuare contraddizioni e conflitti di una moderna questione sociale
Leggiamo attentamente la realtà. Siamo di fronte ad una moderna questione sociale, di cui dobbiamo intendere le contraddizioni; contraddizioni e conflitti che hanno cambiato le ragioni dello stare insieme, della convivenza civile. Contraddizioni e conflitti dentro ognuno di noi, che ci dicono dell'impossibilità alla lunga di imprigionare, mercificare, ridurre a "residui"gli esseri umani, il capitale umano, le domande di autonomia. I conflitti sono nelle cose, davanti a noi; investono la sfera economica e distributiva,la proprietà e i beni comuni, l'ecosostenibilità dell'ambiente e lo sviluppo. Il conflitto investe modelli di vita, qualità dell'organizzazione sociale, informazione e formazione, autoaffermazione degli individui. Il conflitto investe il potere enorme di condizionamento insito nel dominio pervasivo delle comunicazioni. Investe quel rapporto tra media e forme di economia; quel confine labile tra reale e virtuale. Oggi non contano più le persone, i beni reali, ma le aspettative, i messaggi che investono la vita quotidiana.
Trovare nella realtà la sintassi di un nuovo senso dell'essere, dell'agire, del dirsi sinistra
Diventa dunque fondamentale ripartire da una lettura della realtà per interrogarsi sulle nuove soggettività, sui soggetti dei conflitti e uscire dagli stereotipi, dalle ipocrisie sulla flessibilità, sulla precarietà. Diventa urgente interrogarsi su quella tragica deprivazione di futuro a cui sono condannate le giovani generazioni . Diventa urgente interrogarsi su quanto la vita di ognuno di noi rischia di essere priva di senso, rischia di essere meno libera. Da qui, dallo scavo e dalla riflessione su questa trama di pensieri, pratiche politiche, percorsi di partecipazione possiamo dirci, far vivere le ragioni e l'urgenza di un nuovo soggetto politico della sinistra. Da un'idea di società, di democrazia che in modo aperto non rinunci a riflettere, a sperimentare forme, a dirsi parole, a costruire senso su percorsi, su rappresentanza del lavoro moderno. Dalla valorizzazione del lavoro creativo.
Una sinistra che sa che nel lavoro creativo, nel lavoro moderno sta la principale contraddizione, la leva contro il dominio delle oligarchie finanziarie, contro un'idea,una pratica di riduzione del fattore umano a variabile dipendente, precaria, insicura, a "scarto". Una sinistra che sa che il lavoro moderno, il lavoro come bene comune può creare società; può sostenere, aiutare la formazione di un nuovo capitale cognitivo, relazionale, sociale. Può produrre non solo merci , ma servizi, relazioni; può rapportarsi in modo creativo con tutto ciò che rappresenta l'ambiente sociale e culturale; può sottrarre se stesso e la natura al dominio, alla mercificazione, valorizzando ricerche, tecnologie, scienza per agire rispetto, coscienza del limite, parzialità. Può ritessere legami sociali, diritti, cittadinanza. Una società inclusiva che valorizzi le persone, la loro originalità, la loro sostanza umana e non rinunci ad essere,a fare comunità . Una comunità in cui i legami sociali non sono più affidati essenzialmente al denaro,al dominio del mercato e delle sue logiche finanziarie. Da qui possiamo ridare senso e sostanza, nuovo fondamento alla democrazia costituzionale, ad una pratica di rappresentanza che trova le sue fondamenta in quel lavoro che tesse trama sociale, sviluppo della persona, comunità.
Radicare il nuovo soggetto politico in una moderna critica al capitalismo
Un nuovo soggetto politico della sinistra che si fonda, si radica in una moderna critica al capitalismo, in un anticapitalismo che si misura con le domande dell'oggi: piena cittadinanza del conflitto, dei conflitti; centralità e valorizzazione del lavoro, bene comune; nuove forme di partecipazione; rinnovamento della cultura e dell'agire politico; un'etica pubblica che superi le rotture determinatesi nel patto costituzionale.
7. Fare Costituzione: interrogarsi sulla nostra idea di societa’
Ricontestualizzare la Costituzione
Questo, tutto questo può significare fare costituzione; in primis ricontestualizzando, nominando l'uguaglianza dei differenti come misura universale del valore simbolico e politico della cittadinanza; come legame tra individui, costruito nell'autonomia dei soggetti e sulla libera scelta di un legame comunitario.
Ricontestualizzare la Costituzione,sapendo che la rinegoziazione del patto di cittadinanza viene prima simbolicamente e politicamente; che la crisi della politica,dei partiti è crisi di sistema; che la scissione della politica dalla vita quotidiana ha determinato un rigetto e un'estraneità verso tutti, anche verso sinistre afasiche,inconcludenti, spesso vissute come inutili. Sapendo che la crisi della politica, la crisi della sinistra ha, d'alta parte, provocato antidoti praticati e agiti con la consapevolezza di chi si sottrae alla delega, non intende più delegare, neanche attraverso l'esercizio del voto. Con la consapevolezza di chi ricerca, agisce nuove pratiche; di chi ha riflettuto e riflette su una rappresentanza che non può esaurirsi in una rappresentazione, spesso in una finzione, essendo in larga misura sconosciuti, misconosciuti i soggetti da rappresentare. Sperimentando nuove forme della politica, il fare rete a partire dai territori; sperimentando percorsi di partecipazione nuovi:una politica che prende parola e dà parola in una relazione tra soggetti che si misurano quotidianamente con la fatica di una ricerca del consenso che rifugge da principi di maggioranza, che si costruisce innanzitutto attraverso il riconoscimento,il rispetto dei diritti delle minoranze; che fa dell'assunto, del principio - una testa, un voto - non un'arida e burocratica modalità di voto, ma un esercizio di responsabilità e di "costruzione"di libertà.
Una idea di società di donne e di uomini basata sul riconoscimento di alcuni valori universali
Ricontestualizzare, fare Costituzione, mettendo in campo, agendo, interrogandoci sulla nostra idea di società. Una società di donne e uomini fondata sulla valorizzazione delle differenze e delle diversità; sul riconoscimento di alcuni valori universali che un patto universalistico deve saper nominare, a partire dalla passione della libertà, dell'uguaglianza, dell'autonomia che fondano il desiderio di cittadinanza. Un'idea di società aperta, multiculturale, inclusiva. Un'idea di società, le cui precondizioni e coordinate sono laicità, cultura del limite, rispetto e valorizzazione dell'ambiente, della natura, diritto alla formazione, a quel sapere critico che fonda la libertà, le libertà. Un'idea di società in cui i nuovi saperi simbolici sono agiti come prerequisiti della democrazia e di una politica che parla alla vita. Un'idea di società che parla un linguaggio condiviso; un linguaggio che va oltre le grammatiche separate, le paure, le solitudini, i recinti e costruisce conoscenza, formazione e autoformazione. Costruisce la sintassi di un nuovo senso dell'essere, dell'agire, del dirsi sinistra.