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UNITÀ TEMATICA N. 12
VERSO UNA CIVILTà SOSTENIBILE

Autore

Gianni Tamino

VERSO UNA CIVILTÀ SOSTENIBILE:
decrescita, ricchezza ecologica e beni comuni

Intervento,  VIII Conferenza  e Raduno Internazionale

“L’ECONOMIA DELLA FELICITÀ”in occasione della Giornata Internazionale

della Nonviolenza, Firenze 2 Ottobre 2016.

 

Inviato il 4/01/2021




A questo punto della conferenza, avverto l’esigenza di fungere da sintetizzatore di quanto si è detto fino ad ora. Tuttavia rivolgo le mie scuse anticipate al professor Latouche perché mi avvalgo ancora del termine “economia”: non intendendola come economia umana, ma uso il termine economia nel senso originario,  usato già ai primi dell'ottocento, di economia della natura, la quale inglobava la nozione di ciò che in seguito sarebbe stato definito “ecologia”. Quindi l'ecologia e l'economia della natura sono sinonimi, e l'economia della natura è un'economia circolare; non può che essere circolare e ricordatevi che questa economia della natura circolare, come insegna la fisica, può funzionare solo se la fonte di energia è esterna al sistema (come l'energia solare), perché un energia interna, per motivi di entropia, tende a bloccare il sistema.

 

La vita esiste su questo pianeta da oltre tre miliardi e mezzo di anni, il sistema circolare esiste da oltre due miliardi di anni e questo ci garantisce, fintanto che ci sarà il sole, ancora a circa tre miliardi di anni. Quindi non abbiamo problemi di tempo, il problema siamo noi, se siamo in grado di mantenere la salute dell’ecosistema. Io faccio spesso un esempio agli studenti che mi ascoltano: immaginate un trenino che va in circolo su una singola rotaia. Se il trenino si ferma, significa che non ha più energia: funzionando a batterie (che possono essere paragonate al petrolio che fornisce energia a tutto il sistema attuale), risulta una fine scontata, siccome è risaputo che sono soggette ad esaurimento. Ma se funzionasse ad energia solare questo rischio non c'è: l’unico motivo per cui il trenino possa fermarsi è che il bambino lo rompa, e noi siamo i bambini che rischiano di rompere questo trenino.

 

L'economia circolare, non produce rifiuti ma ricicla e garantisce, in questo modo, che le fonti fondamentali siano continuamente rigenerate; la rigenerazione è  la parola chiave dei processi biologici naturali. Quella rigenerazione grazie alla quale da miliardi di anni c'è vita su questo pianeta, ossia i cicli bio-geo-chimici. In sunto, è grazie all'energia solare ed alla fotosintesi delle piante che gli organismi riescono a garantire un andamento perfettamente ciclico, perché la fotosintesi e la respirazione sono due processi antagonisti delle piante; grazie alla fotosintesi catturano energia solare, producono zuccheri ed espellono ossigeno, il quale sarebbe un veleno, ma fortunatamente viene tenuto costante dalla respirazione cellulare, ossidando gli zuccheri prodotti dalla fotosintesi e ricavando l'energia di cui abbiamo bisogno. A questo punto del ciclo gli esseri viventi producono anidride carbonica ed acqua, le due materie grazie alle quali durante la fotosintesi,con l'energia solare, si sviluppano gli zuccheri e l'ossigeno.

E’ un ciclo continuo, che può continuare per ancora tantissimo tempo, se non viene disturbato. Anche la presenza dell’'acqua è garantita in questo ciclo dall'energia solare.  Va però aggiunto che questo ciclo è garantito da piante, animali erbivori e carnivori, piccoli insetti e soprattutto microrganismi detritivori, che trasformano gli scarti tutto questo ciclo, se fosse garantito da poche piante e pochi animali, nel momento in cui una di queste specie si estingue, si blocca il ciclo. Dunque la cosa fondamentale per l'economia circolare della natura è la biodiversità; senza la biodiversità non ci sarebbe la possibilità di mantenere attivo il ciclo appena descritto. Un miliardo di anni fa questo fenomeno avveniva esclusivamente nel mare, con microrganismi. In seguito, sulla terraferma si svilupparono felci e animali completamente diversi da adesso. Milioni di anni fa la terra apparteneva ai dinosauri, ma i cicli sono continuati perché anche se gli animali e le piante si estinguono, altri prendono il loro posto all'interno di queste successioni. Questo è fondamentale, ma occorre una ampia biodiversità affinché abbia rilevanza.

 

Ogni organismo vivente, per potersi sviluppare, necessita di aria, acqua, cibo, energia; nessun organismo può vivere senza questo, e se tutto ciò è essenziale alla vita, e gli esseri umani riconoscono il diritto alla vita a tutti gli esseri viventi, allora nessuno può attribuirsi la proprietà esclusiva di questi elementi. Sono beni comuni. Oggi, invece, questi elementi, sono gestiti dall’economia attuale (stavolta nell’accezione di Latouche) non come beni, ma come merci; se un bene rimane disponibile indefinitamente, attraverso la pratica della frugalità, non è commercialmente appetibile. Per esserlo deve avere caratteristica di scarsità. Da qui la necessità di rendere scarsi i beni comuni attraverso l’appropriazione, e nel caso dei semi, brevettando (gli OGM sono l’ultima propaggine di questa logica di appropriazione, che è iniziata già con gli incroci creati dalle industrie per ottenere semi ibridi). Questo tipo di economia, che si basa sulla necessità di rendere scarsi i beni comuni e trasformarli in merce, è il mito della crescita e dello sviluppo senza limiti.

 

“Chiunque creda che una crescita esponenziale sia possibile in un modo finito è un pazzo, oppure un economista” (cit. Kenneth Boulding).

Il problema è che proprio negli anni 70, durante i quali operava Boulding, fu fondato “il club di Roma”, preposto a definire i limiti della crescita, cioè già in quell’epoca gli economisti si accorsero che i postulati delle loro economie erano errati. Va aggiunto che noi siamo stati abituati soprattutto nei limiti dello sviluppo, a pensare all’esaurimento delle risorse esauribili: carbone, petrolio, minerali e così via, che sicuramente è vero. Per molti casi abbiamo superato il picco, quando cioè abbiamo una domanda maggiore rispetto alle riserve, ma questo vale per le risorse esauribili. Il dramma è che in questo momento, stiamo esaurendo le risorse rinnovabili, quindi quella famosa rigenerazione è stata bloccata. Questo viene comunicato annualmente dall’organizzazione internazionale che si chiama “dell’over shoot day” ovvero del giorno in cui abbiamo raggiunto il limite di consumo. Da quel momento in poi intacchiamo le risorse che dovrebbero servire al mantenimento dell’ andamento ciclico e soprattutto delle generazioni future.

 L’esempio lampante, è quello della pesca, dove ogni anno si attinge, attraverso l’attività alieutica, più pesce di quanto consentito, con il rischio di negare alla popolazione ittica la possibilità che possa riprodursi. In sintesi, rischiamo di portare a zero anche le risorse che per loro natura sarebbero rinnovabili.

 

Dobbiamo quindi stare attenti a non intaccare le risorse delle generazioni future.

Come?

Consumando meno carne (attualmente la carne ottenuta in allevamenti intensivi, è distruttiva anche per l’ambiente) e più cereali e legumi, che sarebbero ottimo cibo per l'uomo ma che invece si preferisce dare in pasto agli animali.

Va tenuto presente che gli alimenti necessari a produrre una bistecca, sufficiente per un individuo, potrebbero soddisfare dieci pasti.

Un altro fondamentale accorgimento è l’impiego maggiore di energia rinnovabile, oltre che l’implementazione del riciclo: con la rivoluzione industriale abbiamo trasformato quel famoso andamento ciclico del sistema economico in un sistema lineare, che prevede il prelievo di materie prime, le quali diventeranno in parte subito rifiuti, ed in parte beni di rapida obsolescenza, diventando anch’essi rifiuti e inquinamento. Lapalissiano che più rapido sarà il processo di declino dei beni, maggiormente verrà finanziato il progetto di crescita economica. Pertanto la crisi attuale è imputabile soprattutto a questa trasformazione, aggravata dopo gli anni sessanta dalla cosiddetta rivoluzione verde, in seguito alla quale è stato trasformato in lineare anche ciò che era naturalmente circolare.

Ad esempio, in agricoltura è stato ribaltato il concetto di adeguamento all’ambiente, plasmando quest’ultimo a seconda delle esigenze di coltura, con la conseguenza che terre fertili sono state rese sterili e desertiche dall’ipersfruttamento o dal loro errato impiego. Esempio acclarante, la pianura padana, dedicata alla coltura di mais da tempo immemore, è diventata veramente un deserto, che necessita di additivi chimici fertilizzanti per la produzione.

 

E’ necessario andare verso un'economia sostenibile , che non promuova la competizione, ma che sia basata su una logica di solidarietà e di interazione, garantendo un sistema circolare. Un viatico imprescindibile è la cultura del riciclo, che abroghi l’usanza dell’ usa-e-getta per favorire il riutilizzo dei beni e la fabbricazione di beni durevoli.

Facendo un discorso razionale, va sottolineata la differenza tra consumatori primari e secondari: gli erbivori, mangiando direttamente vegetali, hanno a disposizione molto più cibo dei carnivori. Questa logica diventa molto più pregnante se teniamo conto dell’aumento del tasso demografico, che costringe a fare i conti con la necessità di sfamare più individui di quanti ne possa supportare il sistema economico attuale.

Si rende, dunque, necessaria un’economia solidale, capace di trasformare sempre più l'attività produttiva in artigianale; l'obiettivo deve essere quello di soddisfare le esigenze primarie reali di ogni essere umano. Siccome il tema in questione è l’economia della felicità, va rammentato il paradosso di Easterlin, il quale asserisce che all'aumentare del P.I.L. non cresca necessariamente il senso di felicità. Finché la crescita dell'economia è sul modello del secondo dopoguerra, che ha permesso di soddisfare bisogni primari e aumentando il P.I.L. aumentava anche il benessere; man mano che si è imposto il modello di economia consumistica, attraverso la pubblicità, che induce all'acquisto di beni non indispensabili. Tutto ciò instaura un meccanismo competitivo, che spinge gli individui all’isolamento, nel perseguimento dei beni materiali inutili, suscitando sospetto nei confronti degli altri, ed alienazione rispetto alla società. In ultima analisi l’uomo viene privato dell’atto sociale che più lo caratterizza e gratifica come tale: la relazione sociale e l’interrelazione. Dunque, occorre ridimensionare la globalizzazione, abbandonare i supermercati e promuovere un’economia locale, in favore di mercati ed orti sociali, gruppi di acquisto solidale, attraverso i quali si abbattono i costi di trasporto, conservazione, imballaggio, pubblicità ed abbattimento della produzione di sostanze inquinanti. In conclusione, riducendo il P.I.L., abbiamo più relazioni e' più felicità.

 

Citando Alexander Langer, nonché l’enciclica di papa Francesco “Laudato si”, occorre una conversione ecologica, che prescinda da preconcetti religiosi e concetti teologici, ma che richiede soltanto buonsenso e frugalità da parte di tutti gli abitanti del pianeta.