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UNITÀ TEMATICA N. 9
LA DIFFERENZA DI GENERE

Autore

Palmiro Togliatti

L'EMANCIPAZIONE DELLA DONNA

UN PROBLEMA CENTRALE DEL RINNOVAMENTO

DELLO STATO ITALIANO E DELLA SOCIETÀ ITALIANA

Discorso pronunciato alla I Conferenza femminile

del Partito Comunista Italiano, Roma, 2-5 giugno 1945.

da Palmiro Togliatti, L'emancipazione femminile, discorsi alle donne, piccola biblioteca marxista, Editori Riuniti, 1965.

 

Inviato il 26/12/2020

da Tamara Alderighi




Compagne, non ho bisogno di dire molte parole per esprimervi la soddisfazione della direzione del nostro partito nel vedervi riunite così numerose in questo primo Convegno nazionale delle donne comuniste. Abbiamo ascoltato con soddisfazione i rapporti che avete fatto sulla vostra attività; siamo lieti e fieri di constatare quale spirito vi ha guidato nel lavoro delle vostre organizzazioni e vi anima oggi nei lavori di questo convegno. Siamo lieti e fieri di vedere qui unite per la prima volta, venute da tutte le parti d'Italia, delle combattenti, delle militanti, delle lavoratrici aderenti al nostro grande partito e che si impegnano a dedicare la maggior parte possibile delle loro energie al trionfo delle idee e del programma per cui noi combattiamo.

 

Sin dall'inizio dell'attività legale del nostro partito abbiamo posto con grande energia la questione del lavoro che i comunisti devono svolgere in seno alle masse lavoratrici femminili e, rendendoci conto delle difficoltà che in un paese come l'Italia esistono per lo sviluppo di questa attività, abbiamo fatto uno sforzo particolare per trovare forme di organizzazione delle donne comuniste le quali permettessero, prima di tutto, l'adesione al partito di folti gruppi di donne coscienti dei nostri scopi, e in pari tempo permettessero alle donne comuniste e al partito comunista nel suo complesso di dare un contributo notevole alla fotta per l'emancipazione delle donne italiane. Siamo lieti di vedere che, seguendo i consigli che vi abbiamo dato, siete riuscite a ottenere anche nelle zone e regioni più difficili risultati notevoli. Le cifre che ci avete dato di donne iscritte al nostro partito rappresentano una grande vittoria; esse significano che incomincia a esistere in Italia non soltanto in seno alla classe operaia e alle masse lavoratrici maschili, ma anche in seno alle masse lavoratrici femminili un'avanguardia consapevole dei grandi obiettivi per i quali oggi bisogna combattere se si vuol portare il nostro paese a una profonda rigenerazione, se si vuole rinnovarne profondamente la vita economica, politica, sociale.

 

Desidero però immediatamente mettervi in guardia contro un'eccesiva soddisfazione per i risultati da voi raggiunti. È vero che un primo grande passo in avanti lo abbiamo fatto; è anche vero però che questo passo e il progresso notevole ch'esso significa non possono ancora considerarsi sufficienti. In primo luogo riteniamo che le forze che siamo riusciti a conquistare alla nostra organizzazione e al nostro programma non ci danno ancora tutti gli elementi di cui il partito ha bisogno per sviluppare il suo lavoro tra le donne nella misura richiesta dalla situazione; in secondo luogo pensiamo che le forze femminili raccolte oggi nelle nostre fole non sono ancora utilizzate appieno, in modo razionale e giusto, e quindi non rendono ancora tutto quello che dovrebbero rendere. Ci avete detto che ci sono 80 mila donne comuniste iscritte nelle nostre organizzazioni di partito al di sotto della linea gotica. È una cifra che appare imponente soprattutto a chi conosce le condizioni di esistenza delle masse lavoratrici femminili in queste regioni; nonostante però che la cifra sia imponente, se guardiamo al modo come si sviluppa la lotta politica e sociale in questa parte d'Italia, è certo che non sentiamo ancora l'influenza che una grande forza simile dovrebbe esercitare. Questo vuol dire che le nostre forze non sono ancora utilizzate in modo pienamente razionale ed efficace. Questo vuol dire che, dopo il primo grande passo in avanti che avete compiuto, altri grandi passi in avanti devono essere ancora fatti.

 

Inoltre vi invito a fare attenzione al fatto che questo numero di aderenti è molto inegualmente distribuito nelle nostre organizzazioni. Esso è più grande là dove vi sono nuclei proletari discreti, diminuisce proporzionalmente dove tali gruppi sono meno folti, e diventa relativamente molto piccolo per esempio in una grande città come Roma dove pure vi è una grande massa di donne lavoratrici, le quali possono e debbono essere portate da noi a vivere una vita politica nuova, a dare il loro contributo attivo alla ricostruzione del paese.

 

Desidero anche dire alcune parole, all'inizio del mio intervento, di amichevole e fraterna critica per il modo come alcune delle questioni che interessano la vostra Conferenza sono state trattate in alcuni vostri interventi. È senza dubbio molto interessante tutto quello che ho sentito dire da voi, e mi hanno riferito che molto interessanti sono le cose dette dalle compagne che non ho potuto sentire. Vi invitiamo dunque a continuare a dare nei vostri interventi tutto il contributo di cui siete capaci alla elaborazione dei vostri e nostri problemi, e soprattutto vi invitiamo a dare questo contributo in modo che vi sia un fecondo scambio di esperienze fra le compagne· che hanno lavorato in determinate condizioni e sono riuscite a fare granai passi in avanti, e quelle che invece ancora si dibattono di fronte a difficoltà che non riescono a superare. Mi sembra però che avete dato un carattere un po' troppo ristretto al vostro dibattito, come se la questione del lavoro tra le donne fosse essenzialmente e quasi esclusivamente una questione di partito, di riuscire cioè ad avere nel partito molte donne, di riuscire a conquistare molte donne alla nostra influenza, di riuscire a conquistare e eone solidare posizioni che domani possano permettere al partito di affermarsi nel campo elettorale e in altri campi analoghi.

 

Tutto questo è giusto che venga fatto; però lascia, non dico in disparte, ma in seconda linea, la questione fondamentale, quella che dovrebbe stare al centro della vostra attenzione, dei vostri dibattiti e di tutto il vostro lavoro, e che non è questione di partito nel senso ristretto della parola, perché riguarda tutta la società italiana, il grado di sviluppo cui essa è arrivata e il progresso che le vogliamo far fare. Voglio dire la questione della emancipazione delle masse femminili, nel senso più ampio e più profondo. È evidente che per affrontare questo problema e dare alla soluzione di esso un valido contributo abbiamo bisogno di avere molte donne nel partito, abbiamo bisogno di avere una influenza in mezzo a masse lavoratrici femminili che non aderiscono e non possono ancora aderire al partito comunista, abbiamo bisogno di tutto quello che voi state facendo e di molte altre cose ancora, tenendo però sempre presente che cosa è il partito. Il partito è un'organizzazione politica la quale non è e non può essere fìne a se stessa. Il partito è uno strumento politico e di organizzazione che noi costruiamo per impiegarlo a favore delle masse lavoratrici, a favore del popolo, a favore del nostro paese, a favore dell'Italia. Per questo, quando parliamo dei compiti dei nostri aderenti, dobbiamo sempre considerarli in relazione con qualche cosa che sta molto al di sopra del partito stesso, e che è l'interesse generale della nazione italiana.

 

Mi sembra che nelle vostre discussioni non sia ancora venuto alla luce con sufficiente energia questo elemento. Mi sembra cioè che non avete àncora messo nella giusta luce né che tutto H nostro lavoro nel campo che vi interessa è volto a realizzare la emancipazione della donna, né quale è il valore di questa emancipazione nella odierna società italiana, né quali sono le esigenze fondamentali della lotta che per l'emancipazione della donna si deve condurre. Bisogna allargare la visione delle donne che si iscrivono al partito; bisogna far loro comprendere che non lavorano soltanto per questa organizzazione a cui sono venute e alla quale vedo che voi avete cominciato ad affezionarvi ed è bene che vi affezioniate sempre più, ma che il loro lavoro è un contributo indispensabile per riuscire a dare libertà, dignità, vita nuova, lavoro, gioia e benessere a tutte le donne italiane. Bisogna, infine, che noi stessi e voi prima di tutti sappiate esattamente quali sono le profonde trasformazioni della vita economica, politica e sociale italiana che sono legate alla emancipazione della donna e in grande misura la condizionano.

 

Quale è la situazione che sta davanti a noi oggi? Oggi è in corso in Italia un profondo processo di rinnovamento, è in corso quella che non esito a chiamare una rivoluzione democratica. L'Italia si sta rinnovando attraverso la dura prova del crollo del fascismo, della disfatta e della distruzione di tanti beni materiali e morali. Essa si sta trasformando profondamente, e questo processo di trasformazione non è cosa che possa essere limitata a una determinata attività legislativa, o a determinate singole misure economiche o politiche. No: il rinnovamento che in questo momento si inizia per noi è qualcosa di molto ampio, di molto radicale, di molto profondo. Quegli uomini politici i quali pensano o mostrano di pensare che tutto si possa ridurre a far compiere una rotazione al governo ad uomini che già vi passarono e dettero pessima prova più di vent'anni fa, oppure che per accontentare il popolo basti fare qualche leggina nuova o ritoccare qualche articolo di una Costituzione, si sbagliano di grosso. Essi si sbagliano soprattutto perché non si accorgono che, al di fuori e contro le loro volontà conservatrici, un processo di rinnovamento è già in corso ad opera del popolo stesso, che si è risvegliato attraverso le sofferenze, che si è battuto per salvare l'Italia dalla catastrofe, e dal quale sorge un moto rinnovatore che ha una impronta chiaramente democratica, ma nettamente rivoluzionaria, perché tende a creare un regime del tutto nuovo in confronto non solo del fascismo, ma anche degli ordinamenti che lo precedettero. In altre parole, si sta svolgendo in Italia quella rivoluzione democratica che nel nostro paese non è stata mai né condotta a fondo né sviluppata seriamente, che iniziatasi nel secolo scorso ha fatto qualche passo in avanti, ma non è mai riuscita a trionfare.

 

Che cosa sia democrazia e che cosa sia rivoluzione democratica credo di non aver bisogno di spiegarlo. Democrazia è un governo del popolo, nell'interesse del popolo, sotto il controllo del popolo; e una rivoluzione democratica si ha quando un governo siffatto viene conquistato attraverso un profondo sommovimento popolare, che travolge davanti a sé tutte le resistenze, come l'insurrezione nazionale del nord ha trovato gli ultimi residui fascisti e gli invasori tedeschi.

 

Se è vero però che è in corso in Italia una rivoluzione democratica, è vero in pari tempo che la rivoluzione democratica che si svolge oggi nel nostro paese ha una impronta particolare. Vi sono state nella storia molte rivoluzioni democratiche, a incominciare da quella inglese e da quella francese; vi sono stati tentativi di rivoluzione democratica più o meno riusciti in Germania, in Italia, in tutti i paesi d'Europa, ma nessuna di queste rivoluzioni democratiche può essere considerata simile, né soprattutto può essere identificata a quello che avviene oggi nel nostro paese. La rivoluzione democratica che si inizia in Italia nel periodo storico che noi viviamo è una rivoluzione che ha un carattere suo particolare, il quale le deriva dalle condizioni stesse in cui oggi si trova l'Italia. Questo carattere particolare mi pare sia determinato soprattutto da tre elementi.

 

Prima di tutto si tratta di una rivoluzione democratica la quale si svolge in un paese che ha subito più di venti anni di tirannide fascista e che dalla tirannide fascista è stato portato alla rovina. Il fascismo, crollando, ha lasciato intorno a sé un mucchio di rovine, ma soprattutto esso ha lasciato nel paese una profonda aspirazione di giustizia. La maggioranza degli italiani comprende e sente che se il paese vuole essere salvo, i responsabili della sua catastrofe devono essere rigorosamente puniti. Questo fatto dà un'impronta particolare alla nostra rivoluzione democratica perché esclude dalla direzione economica e politica della nazione prima di tutto i fascisti, cioè la parte più reazionaria della società italiana capitalistica, quella parte che è direttamente responsabile oppure complice di tutto quello che è capitato. Oltre a ciò, la maggior parte del popolo sente che se si vuole rinnovar veramente la nostra vita e impedire ogni possibile rinascita reazionaria, non si può affidare il compito della ricostruzione a quegli elementi conservatori che hanno messo l'Italia, nel passato, per quel piano inclinato, sul quale, scivolando, essa è finita inesorabilmente, per necessità storica e politica, nel fascismo, nella disfatta e nella catastrofe. Questa è la prima particolarità della rivoluzione democratica italiana nel momento presente, particolarità che riassumerei dicendo che la nostra rivoluzione democratica si sviluppa in condizioni politiche e storiche tali che escludono dalla direzione del paese gran parte di vecchi gruppi dirigenti borghesi e impongono l'avvento di nuovi gruppi politici e sociali alla direzione di tutta la vita nazionale.

 

Secondo elemento caratteristico è che la nostra rivoluzione democratica si svolge oggi in un ambiente sociale profondamente diverso da quello per esempio in cui si svolsero la rivoluzione inglese, la rivoluzione francese ed anche il risorgimento italiano, che pure ebbe, malgrado le sue debolezze, il carattere di rivoluzione democratica. Nel passato, al tempo dei movimenti rivoluzionari cui ho accennato, la classe operaia era agli inizi della sua formazione, e quindi, se era disposta a battersi e si batteva per la conquista della libertà, non era però in grado di dare a tutto il movimento una impronta determinata, corrispondente ai suoi interessi concreti e alle sue aspirazioni ideali. Oggi la classe operaia ha acquistato una propria forza, un proprio peso sociale, una propria organizzazione, una propria disciplina ed una coscienza che non aveva un secolo e mezzo fa, neanche 50 anni fa. Oggi poi attorno alla classe operaia si raccolgono masse lavoratrici, del braccio e della mente, delle città e delle campagne, nelle quali si irradia la forza e la coscienza della classe operaia e le quali quindi avanzano, con uno spirito nuovo, alla ribalta della storia. Classe operaia e masse lavoratrici chiedono di dare la loro impronta al rivolgimento democratico che si sta svolgendo, e dato il fallimento delle vecchie caste dirigenti reazionarie, esigono di assumere una parte dirigente di primo piano nella soluzione di tutte le questioni che sono poste da una rivoluzione democratica e nella direzione del paese in generale. Questo ha come conseguenza inevitabile che i problemi della emancipazione economica e sociale dei lavoratori e tutte le questioni connesse con essi tendono a ricevere un inizio di soluzione, conforme ai desideri del popolo, nel corso stesso del rivolgimento democratico. Questa è la seconda particolarità della rivoluzione democratica italiana nel momento attuale, particolarità che riassumerei dicendo che la nostra rivoluzione democratica si sviluppa in condizioni politiche e storiche tali che impongono la soluzione, nel corso di essa, di problemi economici e sociali nuovi, i quali non si posero e quindi non vennero risolti nel corso di rivolgimenti democratici di altri paesi e di altre epoche.

 

Terzo elemento caratteristico è che la nostra attuale rivoluzione democratica si svolge in un paese il quale è profondamente disorganizzato, le cui ricchezze sono in gran parte distrutte, che ha un apparato produttivo sconvolto e in parte non più in grado di funzionare, in una situazione quindi in cui si presentano problemi difficilissimi, che interessano da vicino non solo i lavoratori ma tutti gli strati sociali legati alla produzione. L'elemento nuovo consiste qui nel fatto che questi problemi non possono essere risolti facendo ritorno ai criteri tradizionali di direzione della vita economica. Non si può oggi in Italia dire che basta «lasciar fare, lasciar passare», perché, se si dice e se si fa cosi, la inevitabile conseguenza sarà un nuovo sopravvento dei gruppi egoistici e reazionari che già una volta ci hanno portati alla rovina, sarà il trionfo della più vile delle speculazioni e sarà quindi, inevitabilmente, la rivolta materiale e morale non solo dei lavoratori, ma di tutti gli uomini onesti e sinceri. Bisogna adottare un criterio nuovo. Non si può e non si deve escludere la iniziativa privata dal campo della ricostruzione economica, ma in pari tempo si può e si deve escludere la speculazione, si può e si deve esigere e ottenere che l'interesse generale del paese prevalga sugli interessi egoistici di gruppo. Di qui la terza particolarità della rivoluzione democratica italiana nel momento presente, particolarità che riassumerei dicendo che la vita economica del paese, nei suoi aspetti concreti, immediati e urgenti, deve essere regolata secondo principi di giustizia sodale e di solidarietà nazionale.

 

Queste mi sembrano essere le principali caratteristiche nuove della rivoluzione democratica che si sta svolgendo oggi in Italia e di qui deriva che tutte le questioni, sia economiche che politiche, le quali oggi si presentano al popolo italiano, devono essere risolte in un modo diverso da come vennero risolte dalle rivoluzioni democratiche precedenti, o nel corso di esse, e che la stessa democrazia che si forgia oggi nel nostro paese deve avere una impronta particolare. Essa non può essere puramente e semplicemente il vecchio regime parlamentare borghese che esisteva tra di noi prima del fascismo, non può essere nemmeno una semplice riproduzione dei regimi che uscirono dalle rivoluzioni borghesi democratiche del secolo scorso, ma deve essere una democrazia di tipo nuovo, una democrazia antifascista, popolare, progressiva; deve essere un regime il quale tenga conto di tutte le esperienze che il popolo ha fatto nel corso dei decenni della oppressione e della miseria, e che sulla base di queste esperienze costruisca una società nella quale ciò che è avvenuto nel passato non possa più ripetersi, nella quale nuovi gruppi politici e sociali, cioè la classe. operaia, le masse lavoratrici, prendendo la direzione della vita nel paese, diano ad essa una impronta nuova. Questa è la democrazia per la quale noi combattiamo. Ed è per questo che ci troviamo in disaccordo con elementi di altri partiti politici i quali pur fanno parte del fronte unito del Comitato di liberazione nazionale, i quali però ancora non riconoscono e non comprendono questa novità, e quindi si oppongono alle trasformazioni economiche e politiche verso cui tendono le aspirazioni popolari e che sono una necessità della nostra vita nazionale. A questi elementi indichiamo ancora una volta il pericolo e la impossibilità del permanere di una direzione politica che non possegga l'energia necessaria per governare in modo nuovo, avviando il paese a quelle trasformazioni ché saranno decise dai rappresentanti del popolo riuniti in Assemblea costituente, e frattanto distruggendo tutti i residui fascisti, restaurando davvero la libertà e iniziando la ricostruzione con spirito di giustizia sociale e di solidarietà nazionale. Noi non vogliamo si crei un distacco, che presto diventerebbe un abisso, tra la direzione del paese e le masse popolari che anelano a un rinnovamento profondo. La nostra posizione è quindi la sola che consente di mantenere la necessaria unità tra popolo e governo, e quindi la sola che tende a creare una normalità di vita democratica.

 

Non ho l'intenzione di indicare qui quali sono le misure concrete di rinnovamento politico e sociale che noi proponiamo. Sapete che essenzialmente si tratta della proclamazione della Repubblica, di una profonda riforma agraria e di una profonda riforma del sistema industriale e bancario. Come vedete, si tratta in parte di rivendicazioni che la classe operaia non pose e non poteva porre nel corso di precedenti rivoluzioni democratiche. Accanto a queste rivendicazioni di carattere economico e politico generale, vi sono però altre esigenze di rinnovamento, di natura sociale e morale, che oggi si presentano e dovranno essere soddisfatte. Tra esse pongo in prima linea quella della emancipazione della donna.

Nessuna delle rivoluzioni democratiche dei secoli passati ha risolto il problema dell'emancipazione della donna. La donna usci dalla rivoluzione francese senza un riconoscimento della parità dei suoi diritti civili e politici. I giganti che proclamarono i diritti dell'uomo, non ebbero la capacità e il coraggio d'arrivare alla proclamazione dei diritti della donna, e non li ebbero per ragioni di ordine economico e sociale ben determinate. La legislazione civile e politica uscita dalla rivoluzione francese e che costituì poi il modello per la legislazione di quasi tutti gli Stati d'Europa, è una legislazione che sancisce l'inferiorità della donna. Per quello che riguarda le condizioni di fatto, benché molte donne d'eccezione e masse di donne del popolo, in Francia, per esempio, avessero strenuamente combattuto contro la tirannide e per la libertà, le società che uscirono dalle rivoluzioni democratiche borghesi del secolo passato erano società nelle quali la donna non aveva la parte che le spetta nella costruzione e direzione della vita economica, politica e sociale. Il problema dell'emancipazione della donna incominciò ad affacciarsi soltanto dopo parecchi decenni, per una spinta data dalla evoluzione stessa del capitalismo, che attirava le donne a un'attività produttiva, e soprattutto per l'influenza esercitata dallo sviluppo del movimento per l'emancipazione della classe operaia.

 

Oggi siamo arrivati a un tale punto di sviluppo economico e di risveglio della coscienza popolare, e sono tali le esigenze che a noi si pongono, che l'emancipazione della donna deve essere uno dei problemi centrali del rinnovamento dello Stato italiano e della società italiana. Se vogliamo effettivamente condurre a termine in Italia una rivoluzione democratica, che trasformi inostri istituti politici, la nostra vita economica e il nostro costume, dobbiamo risolvere il problema dell'emancipazione della donna e risolverlo sotto tutti i suoi aspetti, e cioè sotto l'aspetto economico, politico, sociale e morale, nel senso più vasto della parola. Se non riusciremo in questo compito non potremo dare alla democrazia italiana quella impronta nuova, popolare e progressiva che vogliamo darle.

 

Non nascondiamoci però le difficoltà. Esse derivano dal fatto che la donna nella società italiana ha sempre visto misconosciuti i propri diritti, è stata sfruttata e oppressa. Non solo essa non ha mai goduto di pieni diritti civili e politici, ma di fatto non è stata ammessa o è stata ammessa solo in parte e attraverso grandi resistenze a partecipare a una attività produttrice e costruttiva.

 

La situazione della donna italiana è sempre stata, anche nell'ultimo secolo, una delle più arretrate in confronto a quella delle donne degli altri paesi. Se voi scorrete la nostra storia, trovate raramente figure di donne le quali si affermino con una loro personalità, come le trovate invece nella storia di altri paesi.

Perfino nella nostra letteratura lo riconobbe uno dei più grandi nostri pensatori, Francesco De Sanctis all'infuori della Francesca di Dante non vi è figura di donna che abbia una propria marcata personalità. Beatrice, Laura, sono immagini ideali astratte, più che donne vere, e dal loro capostipite, discende la galleria di figure femminili di convenzione, senz'anima e senza sangue. La Lucia dei Promessi sposi è una povera donna del popolo, la quale a tal punto non riesce ad avere una propria personalità che perfino per distinguere nel modo più elementare il bene dal male, ha bisogno che venga a spiegarglielo un frate. Non parliamo poi della letteratura moderna dove la donna è ridotta a strumento insignificante di piacere altrui, perdendo persino la robusta salute delle borghesi del Boccaccio, e dai cosiddetti grandi romanzieri della fine del secolo passato questa immagine di degenerazione scende giù giù, alle novelle, alle riviste a grande tiratura, ai racconti cinematografici e infine alle riviste pornografiche o quasi pornografiche, con un processo di avvilimento e degradazione che culminò nel periodo fascista. Le grandi figure umane di donne, create da uno Shakespeare, da un Racine, da un Goethe, da un Tolstoj, nella nostra letteratura non le troviamo, e questo . è specchio fedele della posizione arretrata occupata dalla donna nella società italiana. Perfino nei racconti popolari l'elemento femminile diventa qualcosa di generico ed evanescente - la fata benefica che soccorre il bambino perduto nel bosco - non si incarna in figure realmente viventi, come si trovano, per esempio, nella letteratura popolare dei popoli slavi. Anche nel risorgimento che fu, malgrado tutto, epoca di risveglio nazionale e popolare, la donna è da noi madre, moglie di eroi, ma non è eroina essa stessa, nel senso attivo della parola, non partecipa in primo piano alla lotta per la liberazione del paese. La Cairoli, la Garibaldi, la Confalonieri, sono eccezioni, e sono grandi donne quasi per riflesso di altre personalità che le dominano, piuttosto che per se stesse, per un loro pensiero e per una loro azione. E qui, compagne, sta la grande importanza, quasi vorrei dire la grande novità storica di quello che è accaduto nel corso· degli ultimi anni e degli ultimi mesi nel nostro paese, quando delle donne sono entrate a far parte delle organizzazioni clandestine di combattimento per la libertà e contro il fascismo, quando delle donne hanno vestito la uniforme del combattente della libertà, hanno preso le armi, hanno dimostrato di avere raggiunto un cosi alto grado di responsabilità civile e politica, una cosi marcata personalità per cui hanno potuto affrontare il sacrificio e il martirio, hanno potuto toccare le più alte vette dell'eroismo.

 

Ho sentito che avete celebrato in questa Conferenza le donne del nostro partito e di altri partiti, le donne del popolo che si sono sacrificate, che sono cadute combattendo. Credo però che si dovrà valorizzare il loro eroismo e il loro sacrificio molto più di quanto non sia stato fatto fino ad oggi, perché questo è nella storia d'Italia un fatto nuovo, che veramente può significare l'inizio di un rinnovamento morale, politico e sociale profondo per grandi masse che fino a ieri sono state escluse dalla vita politica, a cui è stata negata quella parità di diritti che spetta ad ogni persona. Queste donne nuove, cadute per la libertà e per la patria, la Anna Maria Enriquez, la Vittoria Nenni, l'Irma Bandiera, le sorelle Arduino e cento e cento altre, voi avete il dovere di farle diventare cosi popolari che il loro nome sia conosciuto da tutte le donne italiane. Se mi permette di fare una proposta, vorrei si facessero a milioni delle immagini a colori di queste donne per distribuirle alle donne del popolo che le conservassero insieme alle immagini dei santi. Esse sono cadute per voi, per la vostra emancipazione; esse ci hanno dato la certezza della vittoria della causa femminile, perché hanno fornito alla nazione intera la prova che la donna italiana è capace di rinnovarsi, è capace di dare nelle prime file il suo contributo alla nuova storia d'Italia. Ciò che esse hanno fatto, e soprattutto il grande numero di queste combattenti è cosa così nuova che perfino sorprende. Quando l'energia nuova delle donne entra con così grande impeto nella vita di un popolo, vuol dire che per questo popolo è veramente spuntata l'aurora di un grande rinnovamento. Guidate dall'esempio trascinatore di queste martiri, le donne italiane sapranno emanciparsi da ogni arretratezza e da tutte le servitù, sapranno essere in prima fila nella costruzione d'un nuovo regime democratico e nella soluzione di tutte le nostre odierne difficoltà.

 

Ho parlato della tradizionale arretratezza delle masse femminili italiane. Non credo però, compagne, che la colpa di questa arretratezza debba esser messa in relazione col fatto che le donne italiane sono profondamente legate alla religione cattolica. Non lo credo prima di tutto perché vi sono paesi, in Europa e in America, dove le donne, pur essendo profondamente legate alla religione cattolica o a quella protestante, hanno fatto grandi passi avanti sulla via del progresso civile e politico, conquistandosi una netta personalità e un posto notevole nella vita della nazione. Inoltre, se cercate bene nella storia del nostro paese, trovate che le sole donne che ebbero una loro personalità marcata, inconfondibile, furono delle religiose, come Santa Chiara, partecipe della fondazione di quel moto francescano che fu all'inizio un moto di rinnovamento sociale con impronta comunistica, o come Santa Caterina, che parlava a tu per tu con re, con principi e imperatori, e dibatteva con loro tutti i più gravi problemi del suo tempo. Non credo, dunque, che la religiosità delle donne italiane sia la causa della loro arretratezza, come non credo che questa religiosità possa essere un ostacolo alla lotta delle donne per la loro emancipazione e per la democrazia, a meno, s'intende, che non intervengano elementi di propaganda conservatrice e reazionaria estranei all'animo della donna ed estranei anche al vero sentimento religioso.

La vera causa dell'arretratezza delle donne italiane deve essere cercata nell'arretratezza dei rapporti economici e quindi nell'arretratezza dei rapporti civili che regnano nel nostro paese. Ciò è vero prima  di tutto per le campagne, in cui i residui del feudalismo, risorto anche là dove prima tendeva a scomparire e rafforzatosi dappertutto, tra di noi, dopo il Rinascimento, vivono ancora e sono più o meno sensibili in quasi tutte le regioni dell'Italia centrale e meridionale. L'arretratezza delle donne poi deriva dal fatto che i rapporti sociali e civili arretrati si trasferiscono dalle campagne nelle città e a quasi tutti gli strati della popolazione maschile e femminile, entrano nella famiglia e vi creano una atmosfera particolare di disuguaglianza e di oppressione, dando origine a una famiglia che in alcune regioni d'Italia è ancora di tipo schiettamente feudale.

 

Altro motivo che determina l'arretratezza delle masse femminili è che in Italia non vi è stata mai una vera vita democratica: vi sono stati regimi che si chiamavano liberali, istituti che si chiamavano democratici, ma una vera vita democratica, e cioè una direzione dello Stato esercitata dalle masse lavoratrici attraverso i loro rappresentanti liberamente eletti e sotto il controllo delle masse, una tale vita politica non è mai esistita e noi dobbiamo oggi conquistarcela. Il progresso della donna che si è verificato negli altri paesi europei dopo la prima guerra mondiale, da noi non vi è stato, anzi, proprio in questo momento è intervenuto il fascismo, con una serie ai misure accortamente studiate e applicate con un'opera di controllo e repressione che si estendeva a tutto il paese, spingendo la donna di decenni e decenni indietro dall'accesso al lavoro produttivo. Vi sono state leggi, circolari, direttive speciali emanate dalla Camera dei fasci, le quali tendevano a escludere le donne dalle fabbriche, dagli impieghi, dalle professioni libere, e persino dalle scuole. Vi è stata una legge fascista che faceva pagare doppie tasse alle studentesse delle scuole medie e delle università. Vi fu persino un segretario del partito fascista, Augusto Turati che non capisco come non abbia trovato ancora il suo Piazzale Loreto, che fece un discorso in cui protestava persino perché le donne andassero in Chiesa, in quanto ciò le distoglieva dai loro compiti casalinghi. La bestiale campagna demografica ha fatto il resto. Le conseguenze di tutto ciò sono state tragiche per la donna italiana. Nelle provincie meridionali, nella Campania, in Calabria, in Basilicata, il regime fascista ha arrestato il processo di eliminazione dell'analfabetismo femminile. La cifra delle donne che sanno leggere e scrivere, dal '21 al '36, non aumenta più con lo stesso ritmo con cui era aumentata nei 20 o 50 anni precedenti. Il fascismo ha portato alla donna la ignoranza e la schiavitù, e l'ha corrotta con la diffusione di tutta una letteratura di cattiva lega che tendeva a diffondere in mezzo alle masse di donne tenute lontane dall'attività produttiva, dei germi veri e propri di degenerazione.

 

Per far sparire tutto questo si deve svolgere un grande lavoro, parte integrante della battaglia per l'emancipazione della donna italiana. Questa battaglia è per noi, che siamo democratici in modo conseguente, di importanza vitale.

 

Se la democrazia italiana vuole affermarsi come democrazia nuova, antifascista, popolare e progressiva, deve emancipare la donna. Cosi essa potrà assumere quella impronta che impongono i tempi e che il popolo vuole, e crearsi una base incrollabile.

 

La democrazia italiana ha bisogno della donna e la donna ha bisogno della democrazia. ·Questo vuol dire che tutte le questioni legate alla formazione e affermazione di un nuovo regime democratico, sono strettamente legate anche alla emancipazione delle donne, all'avvento delle donne alla vita politica e alla libertà, in modo che esse riescano, attraverso un grande rivolgimento di natura sociale e morale, ad acquistare nella società italiana il posto che è stato loro negato finora, e che invece sono capaci di tenere.

 

La democrazia italiana ha bisogno della donna per profondi motivi. Sulle rovine del fascismo noi vogliamo costruire un'Italia nuova, e non la vecchia Italia reazionaria, conservatrice, ipocrita e corrotta. Se ritornassimo alla vecchia Italia da cui già una volta venne fuori il fascismo, accadrebbe inevitabilmente che il fascismo, o un regime reazionario simile, ci afferrerebbe di nuovo, ci riporterebbe indietro, ci precipiterebbe ancora una volta nella catastrofe. Noi non vogliamo eliminare il fascismo soltanto nel senso che vogliamo condurre a fondo e con giustizia l'epurazione, allontanare i fascisti e i filofascisti dall'apparato dello Stato, punire quelli che devono essere puniti secondo il senso di giustizia del popolo. Vogliamo eliminare dalla coscienza degli italiani quelle che sono state le idee generatrici e direttrici del fascismo, i principi su cui era basata la società fascista e che sono principi profondamente contrastanti con l'animo femminile.

 

Vogliamo una società che non sia costruita sulla menzogna, sull'inganno del popolo da parte di una ristretta cricca di dirigenti senza scrupoli, unicamente occupati a fare i loro interessi. Quando si parla di giustizia sociale, giustizia sociale deve esserci. Quando si parla di avvento del popolo al governo della cosa pubblica, di governo nell'interesse di tutto il popolo, sotto il controllo del popolo, così deve essere realmente.

 

Vogliamo un'Italia nella quale sia eliminato completamente dagli animi e non possa più ispirare l'azione del governo lo spirito di aggressione, di rapina, da cui sono usciti gli armamenti, le guerre coloniali, l'autarchia, la rovina della nostra economia, e da cui infine è uscita questa ultima guerra criminale che ha strappato alle donne i figli e i mariti, che ha sfasciato le famiglie italiane, che ha disgregato tutta la società italiana e ci ha condotti alla catastrofe. L'avvento della donna alla vita politica come forza autonoma, che abbia coscienza di quello che si fa attorno ad essa, che sia capace di giudicare secondo il suo buon senso e di imporre una determinata linea di condotta ai dirigenti di tutto il paese; è necessario, è indispensabile se vogliamo ottenere questo risultato, fondare un regime di pace e fare dell'Italia un fattore di pace anche nei rapporti internazionali.

 

Abbiamo bisogno di liquidare nel nostro paese lo spirito di violenza e sopraffazione dei privilegiati contro i poveri, dei possidenti contro gli sfruttati; di creare uno spirito di fraternità e solidarietà nazionale tra tutti quelli che lavorano, uniti tutti per impedire che la reazione risorga, per rivendicare i loro diritti e creare una società nella quale il lavoro non sia più sfruttato. Le donne, che hanno un senso di fratellanza e di solidarietà più vivo che gli uomini (forse perché sono rimaste per tanto tempo lontane da questa aspra lotta in difesa di posizioni privilegiate di casta) possono dare un contributo decisivo per liquidare i residui dell'odio reazionario che ancora vive in tanta parte della società italiana, e che è un ostacolo cosi grande alla costruzione di un regime di vera libertà.

 

Quando vediamo infine i compiti immediati, enormi, che stanno davanti a noi in questo paese devastato, saccheggiato, distrutto, nel quale i lavoratori non chiedono altro che di riprendere a lavorare per produrre nell'interesse proprio e nell'interesse di tutti, chiedono di non produrre ancora una volta per degli ignobili speculatori, sentiamo che la donna, libera ed emancipata, stretta attorno alle sue organizzazioni, può dare un contributo decisivo, può essere una delle forze le quali riescano a imporre a tutto il paese una politica di solidarietà nazionale, sociale ed umana, affrettando cosi la soluzione di tutti i problemi della ricostruzione economica e politica.

 

In un paese cosi profondamente sconvolto, in cui sono venuti meno tanti di quei legami di solidarietà che uniscono gli uomini nel lavoro e nella vita di tutti i giorni, abbiamo bisogno in particolar modo di ricostruire e difendere la unità familiare. Abbiamo bisogno di una famiglia rinnovata, di una famiglia che non abbia più l'impronta feudale, che ha avuto e che ha tuttora in molte regioni di Italia, che si liberi dalla corruzione e dalla ipocrisia che vi ha fatto entrare il fascismo, e sia un centro di solidarietà umana elementare. È per questo che siamo contrari a porre qualsiasi problema che tenda a rompere o affievolire la unità familiare. Della famiglia italiana vogliamo fare non solo un centro di solidarietà, ma anche un centro di lotta contro il dilagare della corruzione provocato dalla politica delle classi dirigenti fasciste, contro la piaga vergognosa della prostituzione, soprattutto nelle grandi città, dove sono passati eserciti che sembra si siano comportati secondo la vecchia norma dei conquistatori, per cui le donne non sarebbero che strumento per rallegrare gli ozi dei soldati. Abbiamo bisogno di difendere la famiglia, infine, per risolvere il problema dell'infanzia. Ci sono troppi bambini in Italia che vanno scalzi, che hanno perduto i loro genitori, che soffrono, che non mangiano sufficientemente e che si corrompono, che se non vengono salvati dalla situazione in cui si trovano non potranno diventare giovani robusti, uomini audaci e coraggiosi. Vogliamo che nella famiglia e attorno alla famiglia italiana difesa e rinnovata, crescano bambini sani, che imparino di nuovo a ridere e a giocare, che vadano tranquillamente a scuola, che escano dall'inferno materiale e morale nel quale molti di loro si trovano ora e da cui dobbiamo trarli ad ogni costo.

 

Per tutto questo, compagne, quando ho sentito negli interventi di alcune di voi che esistono punti di dissenso, di contrasto e alle volte di lotta aperta fra voi, donne di un partito democratico avanzato, e le donne iscritte alle organizzazioni cattoliche, mi sono in parte meravigliato e soprattutto dispiaciuto. Non vedo perché non vi possa essere una collaborazione stretta, di tutti i giorni, tra le donne comuniste, socialiste e altre di idee avanzate, che possono essere anche religiose esse stesse, e la grande massa di donne che non sono ancora deste a una vita politica, oppure quelle donne che, rideste ad una vita politica, aderiscono a un partito come quello della Democrazia cristiana. Non vedo perché nel trattare e risolvere le questioni della donna, della famiglia, dell'infanzia e cosi via, nello affrontare con spirito di solidarietà nazionale e sociale le nostre più gravi difficoltà, non possa esservi una collaborazione proprio con le donne che hanno sentimenti religiosi. I sentimenti religiosi delle donne non sono in contrasto con quello che noi riteniamo debba essere fatto oggi per rinnovare la società italiana, anzi, possono essere di aiuto per comprendere meglio e meglio diffondere quello spirito di giustizia, di fraternità e di solidarietà che le donne comuniste vogliono far trionfare nella vita politica del nostro paese. Quanto alle calunnie di cui voi siete oggetto, è certamente doloroso che queste calunnie vengano lanciate da uomini che si dicono ministri della verità e i quali, continuando in questo modo le stupide e ingiuriose campagne del fascismo contro la classe operaia e contro il nostro partito, dimostrano di non sapersi liberare dall'abitudine di un regime che era basato sull'impostura. Quello che la classe operaia e i comunisti sono e sanno fare per il loro paese, lo abbiamo dimostrato con l'azione e col sacrificio ed è scolpito nel cuore del popolo, che non dimentica e non si lascia ingannare. Voi fate bene a respingere con la più grande calma ogni calunnia e a lasciare ad altri la grave responsabilità di rompere l'unità del popolo oggi cosi necessaria. Soprattutto, però, continuate ad operare come i migliori amici del popolo e difensori dei suoi interessi contro i suoi nemici. Sarà questo il miglior modo di strappare la maschera ai calunniatori e costringerli a vergognarsi delle loro cattive azioni. Noi continuiamo ad essere i campioni dell'unità popolare, e tanto più lo vogliamo essere nella lotta per la emancipazione femminile.

 

La emancipazione della donna, infatti, non è e non può essere problema di un solo partito e nemmeno di una sola classe. Esso interessa tutte le donne, fatta eccezione, s'intende, di quei piccoli gruppi legati per motivi di interesse alle caste dirigenti privilegiate, responsabili della rovina in cui ci troviamo e che non vogliono che il popolo rinnovi l'Italia secondo le sue aspirazioni. All'infuori di questi gruppi, si deve realizzare la unità di tutte le donne italiane, considerate nel loro complesso come una massa che ha interessi comuni, perché è tutta interessata alla propria emancipazione, alla profonda trasformazione delle proprie condizioni di esistenza e quindi a quel rinnovamento di tutto il paese senza cui questa trasformazione non è possibile.

 

Per questo, quando ci hanno chiesto che cosa volevamo per le donne, abbiamo dato una risposta molto semplice. Prima di tutto abbiamo detto alle donne: se volete dare un effettivo aiuto all'Italia nel proprio risorgimento, rivendicate tutti i diritti delle donne, lottate per il riconoscimento completo di questi diritti, e soprattutto della parità completa con gli uomini nella vita politica, economica e sociale. Nella misura in cui riuscirete a rompere tutte quelle catene che hanno impedito alle donne di affermarsi come una grande massa progressiva e di formarsi una loro personalità, voi renderete un servizio all'Italia intera. In conformità con ciò, abbiamo lottato perché venisse concesso alle donne il voto attivo e passivo nelle elezioni amministrative e politiche, senza tenere nessun conto delle conseguenze che avrebbero potuto derivarne per il nostro partito. Qualunque sia il modo come le donne voteranno, esse debbono ottenere il riconoscimento di questo diritto politico elementare. Quelle donne che oggi non hanno ancora compreso la soluzione giusta che deve essere data a determinati problemi, voteranno secondo la loro coscienza e la loro convinzione, ma non sarà mai detto che il partito comunista, partito delle libertà e del progresso, sia capace di porre, per uno stretto interesse di partito, anche la più piccola barriera al progresso e alla emancipazione delle masse femminili.

 

La seconda cosa che abbiamo detto alle donne è di unirsi per creare una grande organizzazione nella quale si trovassero insieme, discutessero il oro problemi, elaborassero le loro rivendicazioni, facessero venire alfa superficie della vita nazionale le loro dirigenti, di qualunque convinzione politica fossero, cercassero insomma una grande forza organizzata e unitaria che potesse dare un contributo effettivo alla rinascita dell'Italia.

 

Compagne, questo è l'orientamento che abbiamo dato come partito comunista alle nostre compagne dirigenti del lavoro femminile del partito. Quando si è trattato della creazione dell'Unione delle donne italiane abbiamo invitato queste compagne a dare il loro contributo con tutte le loro forze alla creazione di una grande associazione femminile senza partito; senza fare nell'interno di questa organizzazione nessuna questione di tendenza o di prestigio, e soprattutto senza cercare in nessun modo di fare di questa organizzazione uno strumento del partito comunista.

 

L'Unione delle donne deve essere unicamente uno strumento di lotta di tutte le donne per la conquista dei loro diritti, e della libertà. Su questa posizione siamo oggi, e ci manterremo domani e sempre.

 

*   Discorso pronunciato alla I Conferenza femminile del Partito Comunista Italiano, Roma, 2-5 giugno 1945.