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UNITÀ TEMATICA N. 13
FILOSOFIA DELLA RELIGIONE
E DINTORNI

La religione e la filosofia affrontano i problemi ultimi di senso del mondo e della vita. La filosofia della religione studia razionalmente i metodi e le pratiche della religione in generale e delle religioni storiche, a partire dalle tre abramitiche

Autore

Luigi Lombardi Vallauri

La cosa "Risurrezione"
quarant'anni dopo (1972-2012)

Articolo, 2012

 

Inviato il 1/10/2020




Amici attenti mi chiedono cosa penso o sento oggi sulla "risurrezione" di Gesù, oggetto di mia ricerca appassionata negli anni sessanta, quando la studiavo a Bologna presso il centro di scienze religiose fondato da Dossetti. Lavoravo ai piedi di uno scaffale di josephologia, che completava opportunamente quelli di cristo e di mariologia. Dossetti mi seguiva anche spiritualmente, e a Monteveglio ebbi da lui un insegnamento prezioso su come lentamente andava tirato lo sciacquone del bagno. Oh ricordi lontani, cosa rimane di allora in me oggi? Allora ero un eroe dello studio e del pensiero, un giovane padre profondamente cristiano che ancora portava in sé il rimorso di non essersi, come una percentuale alta dei maschi della sua famiglia, fatto gesuita. Sulle tracce del mio maestro Guitton "pensavo (e sentivo), nella forma drammatica dell'aut-aut, che se Gesù non fosse risuscitato, vana era ogni fiducia che qualcosa dei miei pensieri, dei miei ricordi, dei miei amori, dei miei atti si salvasse dal nulla, vana ogni attesa della creatura di essere liberata dalla schiavitù della corruzione per accedere alla libertà della gloria dei figli di Dio (Rom. 8, 21), incondizionata la vittoria ultima della morte sul mondo dell'uomo". Dicevo: "se un organismo culturale planetario (l'Unesco per esempio) dovesse finanziare una ricerca avente priorità assoluta, sarebbe proprio la "risurrezione" di Gesù che consiglierei di assegnarle come oggetto"; chiamavo questa ricerca "anastaseologia", precisandone la natura esclusivamente razionale: "non si dovrà in alcun punto abbandonare il terreno rigorosamente positivo del verificabile-falsificabile scientifico 'normale'". E su queste basi finalmente edificavo il quasi monumentale articolo del 1981: Anastaséologie. La Résurrection de Jésus comme problème scientifique, cui si riferiscono gli amici attenti menzionati all'inizio.
 
Partivo dall'ipotesi fondamentale che una fede così estrema come la fede nel Risorto professata dalla prima generazione cristiana non fosse nata per generazione spontanea, non potesse non aver avuto una causa adeguata; dunque la fede post-crocifissione doveva essere stata effetto, non causa, dei "fatti" risurrezionali testimoniati (tomba vuota combinata con apparizioni dotate di eccezionale ascendente/varietà/potenza taumaturgica); qualcosa di simile alla "risurrezione" della fede cristiana doveva essere accaduto. Oggi mi sembra meno inverosimile una sequenza causale di questo genere: come grande personalità carismatica, Gesù in vita aveva certamente abbagliato i sensi esterni e interni dei discepoli, in alcuni dei quali lo "scandalo" della morte in croce non aveva estinto la vetero-fede semplicemente messianica; esaltati da questa fede essi se lo sono visto "apparire davanti" in forme a volte anche "materiali". Quanto al non-discepolo Paolo, il Gesù "risorto" da lui combattuto poteva diventare un'ossessione antagonista capace di procurargli il formidabile "incontro" foto-acustico sulla via di Damasco. Mi sembra insomma meno inverosimile che all'origine della fede nel Risorto, diciamo della neo-fede postpasquale, ci siano dei fatti paranormali realmente vissuti dai testimoni, fatti a loro volta originati dalla vetero-fede prepasquale e dalla connessa attesa smisurata di una vittoria del Signore sulla morte. Una volta sorta la neo-fede in alcuni testimoni privilegiati, la leggenda agiografica poteva fare il resto, per esempio tessere i racconti evangelici della tomba vuota. In sintesi: vetero-fede genera "apparizioni" che generano neo-fede che genera narrazioni leggendarie complementari.
 
Sono sicuro che il Luigi Lombardi anastaseologo 1981 avrebbe molte, forti, analitiche obiezioni a questa ipotesi riduttiva. E io stesso ne ho una globale: è un'ipotesi poco interessante. Perciò suggerisco: proviamo a prendere sul serio come reale il superfatto Risurrezione: a chiederci "come sarebbe se fosse".
 
Le mie proposte saranno artigianali. Io non sono più quell'eroe dello studio e del pensiero, non sono più quel cristiano profondo visitato dal dubbio razionale, sono uno sgomento-di-vivere innamorato non corrisposto della perfezione, un insegnante apofatico di mistica laica, un nonno poetico inteneritissimo dai nipotini, un economista-ecologista araldo del primato dei beni non esclusivi, un animalista teorico impegnato e quasi vegan, un signore anagraficamente non gìovane per il quale è calzante la frase di Socrate in Hölderlin: "Wer das Tiefste gedacht, liebt das Lebendigste". Di fatto sono uno che vive prescindendo dal pensare la cristologia e l'anastaseologia. Se dovessi dichiarare il mio luogo filosofico indicherei “l'alto crinale che separa e unisce, che sovrasta pur appartenendo inscindibilmente a entrambe, le vallate Occidente e Oriente. L'Occidente abbandonato a se stesso può degenerare nella macdonaldizzazione; l'Oriente abbandonato a se stesso può degenerare nella superstizione; solo un Occidente  che accetti le intimazioni di spiritualità dell'Oriente, solo un Oriente che accetti le intimazioni di scientificità dell'Occidente possono offrire la necessaria-come-il-pane visione sapienziale della vita a un'umanità laica per sempre".
 
Ciò detto, svilupperò (artigianalmente, ripeto) due scenari di "presa sul serio realistica" della cosa Risurrezione: uno riguardante il Risorto medesimo, il suo stato ontologico attuale; uno riguardante noi come resurrecturi, come futuri corpi gloriosi.
 
1. Primo scenario: il corpo divinizzato (sic!) del Risorto.   
Primo dato: non riusciamo a rappresentarci la cosa "Dio", l'Essere Necessario, eterno, immateriale, creatore ex nihilo di questo e di tutti i possibili universi. E’ di rigore un radicale apofatismo.
Secondo dato: non riusciamo a rappresentarci il modo in cui il corpo di Gesù "vero uomo" in terra, un corpo esattamente uguale al nostro, sia anche un "corpo di Dio", un "corpo divino". È di rigore un secondo radicale apofatismo.
Terzo dato: dobbiamo ritenere, in base alla smaterializzazione del Golgotha e alle multiformi apparizioni, che il corpo del Risorto era diverso da quello fisiologico, biologico-molecolare, di Gesù in terra. Anzi: con l'Ascensione del Risorto all'Oltre, il suo corpo è diventato un non-più-in-alcun­ modo-terreno "corpo di Dio", e precisamente il corpo del Dio Logos, del Dio  Figlio, del Dio-2 presente nel Dio Trinità.
Problemi. Visto dal basso: in che senso può un corpo umano restare umano diventando il corpo di un Dio non più "nascosto", "incarnato", ma di un Dio interamente palese nella sua stessa essenza, nella sua gloria divina? Non si abolisce, un corpo umano comunque inteso, nell'insostenibile splendore dell'Assoluto eccedente ogni rappresentazione? E lui Gesù uomo, cosa sente, "lì", come ci si trova? C'è ancora?
Visto dall'alto: con l'ascensione definitiva di Gesù all'Oltre, l'Essere Necessario "Dio-2 della Trinità" diventa corporeo: si trova ad avere per sempre, imperdibilmente, come suo, un corpo darwiniano. E precisamente quel  corpo: di sesso maschile, di lineamenti semitici, di capelli lunghissimi eccetera. Certo, un corpo non fisiologico; ma non non-fisionomico. Ora: come può una forma animale contingente non sfigurare lo splendore immodificabile della non-figura divina? Non esclude,  la forma divina,  ogni, anche immateriale, materialità? Se il Dio Seconda Persona è per sempre umanizzato, il Dio Trino è asimmetrico: la Prima e la Terza Persona si trovano a convivere con  una  collega  darwiniana, anche-bipede, anche-senziente eccetera. Esse non si distinguono, quanto a percezione del mondo materiale, da un handicappato sensoriale totale; Lei sì. Dunque un corpo umano, sia pure ipertrasfigurato, aggiunge qualcosa a un Assoluto? a l'Assoluto? E cosa prova, cosa esperisce, così accessoriato, l'Assoluto?
È di rigore un terzo radicale apofatismo.
 
2. Secondo scenario : i corpi gloriosi degli uomini risorti.
Scenario più importante. Perché quello che ci concerne davvero non è cosa è accaduto a Gesù in quella tomba remota e poi nell'Oltre (sono fatti suoi), ma cosa accadrà a noi, ai nostri eventuali corpi escatologici, o in quanto "maledetti nel Fuoco Eterno" o in quanto "benedetti nel Regno del Padre" (Matteo 25). Siccome horresco nel pensare l'inferno, mi limito - sorvolando l'effimero purgatorio - all' interminabile paradiso. Con la mia solita fissazione ontologica mi chiedo che genere di entità (ovviamente estranee ai tre mondi popperiani) siano un corpo umano "glorioso", un ambiente sociale "comunione dei santi".
 
E’chiaro che i miliardi di corpi gloriosi suscitati dal gesto formidabile dell 'Onnipotente non saranno organismi materiali nel senso biologico/elettromagnetico; ma nemmeno  potranno  essere puri spiriti naturalmente immortali come le anime di tipo platonico o gli angeli à la san Tommaso. Occorrono  entità che possano dirsi corpi almeno in senso analogico. Ai vecchi fervidi tempi pensavo: saranno mnemobiografie corporee, cioè vite corporeo-mentali interamente compendiate in un ricordo-istante riassuntivo simile a quello che narrano formarsi nel momento della morte. Tutta la vita starà in un punto sovrasaturo inesteso (atemporale, aspaziale: eternale) non molto diverso da quello in cui si raduna tutto-insieme, totum simul, il significato coscientemente compreso di ogni frase, per esempio di questa frase, quale che sia la durata nel tempo o il posto occupato nello spazio dalla frase come significante linguistico materiale. Saremo, pensavo, il significato di noi stessi, il significato delle nostre vite intese come significanti. Dato che le nostre vite sono corporee, i nostri corpi gloriosi saranno delle mnemobiografie corporee-immateriali nel senso abbastanza preciso in cui sono corporee le nostre esperienze sensoriali e immaginative che pure non appartengono alla materia ma alla mente. Saremo dei corpi-per-la-mente, delle menti ricordi-di-corpi.
 
Anche oggi non vedo alternative a questo esperimento di pensiero. Ma è vero, reale, pensiero?
Queste menti senza corpo, questi oggetti-sostanze supporti immateriali di ricordi corporei non sono meno irrappresentabili, meno "koanici", degli spiriti puri; neanche loro sembrano risolvere il nostro problema ontologico.
Ammesso che i corpi gloriosi siano quodammodo pensabili come corpi, resta ulteriormente oscuro in cosa consista la loro gloriosità. Dovrebbe essere anzitutto estetica: moncherini rughe pancette gobbe inestetismi vari dovrebbero sparire; ogni beato dovrebbe avere una statura dignitosa, un'età che corrisponda al tempo della sua maggiore prestanza;  una veste sommamente elegante. Il tutto alla luce di quale sistema valutativo? Se poi, come sembra logicamente necessario, la gloriosità dei corpi ammessi alla comunione dei "santi" sarà anche, anzi soprattutto, morale, ci si può chiedere sul piano diceologico se sia conforme alla giustizia, se sia proporzionata ai meriti, una glorificazione morale dei beati da parte di Dio. La mia perplessità nasce da ipotesi come "commendatore glorioso", "burocrate glorioso", "senatore glorioso", rispettabili mnemobiografie in giacca e cravatta trasfigurate miracolosamente (ma temo che il concetto di miracolo etico sia contraddittorio) in fulgori di santità eterna. No: una gloria propriamente morale non può essere erogata per grazia.
 
Dunque: corpi biologici no; puri spiriti no; corpi immateriali poco si capisce; corpi gloriosi per bellezza sembra curioso; corpi gloriosi per santità sembra esagerato; risiamo all’apofatismo se non allo scetticismo.
 
Due-tre glosse molto alla buona. I corpi gloriosi saranno prevalentemente cinesi, il paradiso dell’uomo planetario va immaginato  come un ambiente prevalentemente  cinese. Infatti un Dio rispettoso (o forse autore) dei diritti umani fondamentali non può né non risuscitare i cinesi né, solo perché cinesi, precipitarli nell'inferno. Dobbiamo quindi, noi occidentali, prepararci a una "comunione dei santi" fatta prevalentemente di irrifiutabili acquisizioni interattive di miliardi di dettagliatissime mnemobiografie cinesi; spaesatissime, a loro volta, nell'incontrare le nostre. Ci sarà spaesamento anche diacronico: potrà, un paleoantropo della savana, acquisire  intuitivamente  la mnemobiografia  di un  nato  in mezzo ai treni, ai libri, ai computer? Quanto tempo ci vorrà per smaltire tutti gli incontri? Come farà, il Gesù  futuro giudice del mondo,  a valutare, facendone dei beati o dei dannati, persone appartenenti a culture per lui completamente aliene? Non sarà un po' spaesato anche lui? Sapranno, i corpi gloriosi dei padani, convivere, amandoli fino alla beatitudine, con milioni di corpi gloriosi di musulmani immigrati? Verranno capite tutte le (migliaia di) lingue? O si parlerà un inedito  superesperanto?  O ci si leggerà nel pensiero, un pensiero necessariamente non linguistico? (ma cosa ci si dice, non linguisticamente?). L'evento collettivo più adatto a fare da icona terrestre al raduno soprannaturale, nel giorno del giudizio, dell'intera umanità di tutti i tempi è il Kumbha Melā (fino a trenta milioni tra sadhu e pellegrini);  ma rispetto al Kumbha Melā escatologico, se l'umanità vive per qualche altro millennio, sarà poco più che un granello di sabbia in una spiaggia. Che folla eteroclita smisurata!
 
A proposito del paleoantropo. Uno scenario delicatissimo, da ambientare nella savana primeva; è quello del commiato tra il primo ominide resurrecturo e il suo appena più rozzo genitore: "papà mi dispiace tu non risorgerai io sì, d'altra parte lo capisci non si può far risorgere tutta la filiera degli australopiteci, comunque pensa che meraviglia tutti noi tuoi discendenti non destinati all'inferno vivremo eternamente come corpi gloriosi, papà ciao ti voglio bene".
 
 

Avvertenza. Lo scritto che precede può sembrare baldanzoso. In verità questo ritorno, su richiesta, al groviglio problematico Risurrezione è stato per me destabilizzante. Non ho finito di fare i conti col cristianesimo, con la sua sublime struggenza, con i suoi giganti visionari.E comunque il lavoro critico di fantasmagoria ontologica razionale è stato per così dire doppiato da un ben diverso lavoro consistente nello sdraiarmi al buio e·lasciar agire su di me il nudo impatto laico della realtà: la nientificazione finale di noi coscienze risvegliate, di noi sensazionali successi cosmici sorteggiati a un destino di semplicemente essere stati! Non solo: forse anche il laico rilutta a raffigurarsi i due cadaveri decomposti di Gesù e di Maria, a pensare i due superEsseri come prede anche loro della phtorà, della corruptio, dell 'andare-in-malora che paolinamente asservisce tutte le cose. Glielo impone lo spirito scientifico, glielo ostacola una specie di pudore. Di fronte a simili oggetti l'atteggiamento più saggio è forse un "nobile  silenzio ", un prescindere altamente informato.

 

Riferimenti autobibliografici. L'articolo del 1981 si trova nel  volume  Terre. Terra  del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre, Milano, Vita e Pensiero, 1989. La citazione sul crinale Occidente-Oriente proviene da Corso  di filosofia   del  diritto,  2a  edizione,  Padova,  CEDAM,  2012. Il passaggio dal Luigi Lombardi 1981 all'attuale è spiegato in Nera Luce. Saggio su cattolicesimo e apofatismo, Firenze, Le Lettere, 2001. Venti lezioni di mistica laica si trovano sul sito www.lombardivallauri. it/LL V