da Luigi Lombardi Vallauri, Scritti animali, Appendice 2, Gesualdo Edizioni, Gesualdo 2018.
0. Generalissimo: lo zoocidio, lo stermino violento; la totale indifferenza all’angoscia, alla sofferenza, all’agonia e alla morte inflitta agli animali; la totale non-empatia; l’approccio solo ecologico e antropocentrico, che contrasta con la lettera e lo spirito delle norme europee e italiane che riconoscono agli animali la natura di esseri senzienti e la meritevolezza di protezione in quanto tali;
1. il carattere non pubblicamente controllabile della quantificazione e qualificazione analitica dei danni; il CIRSEMAF e l’ISPRA dovrebbero essere tenuti a rendere pubbliche le loro stime e i metodi seguiti per ottenerle; non sono oracoli, i loro risultati non sono un assoluto insindacabile;
2. si dà per scontato che la riduzione del danno avvenga mediante l’uccisione: gli articoli 1-5 prevedono esclusivamente la “gestione venatoria”, l’“abbattimento”, il “prelievo venatorio”, il “controllo faunistico” eseguito mediante il ricorso alle armi e alle trappole; per i cinghiali la “girata” e la “braccata”. Solo il comma 4.c) dell’art. 5 menziona, per le aree “vocate”, misure di “prevenzione danni” non meglio precisate;
3. che la riduzione del danno consista praticamente soltanto nell’uccisione degli animali risulta anche dai commi 9 e 10 dell’art. 5 e dall’art. 6 su la “Gestione e valorizzazione delle carni”, che prevedono la trasformazione commerciale delle carni degli animali in “proventi”; gli animali cacciati e abbattuti vengono trattati come “risorsa rinnovabile”, sottoposta anche a “percorsi di riconoscimento di qualità”; è difficile immaginare un linguaggio di più completa reificazione dell’animale come pura merce in vendita.
A mio giudizio tutta l’impostazione è in forte contrasto non solo con l’etica (vedi mia lettera al Presidente Rossi), ma anche col diritto nazionale ed europeo[1].
Prima di varare la legge è indispensabile esaminare a fondo sia l’entità reale dei danni, sia le possibili alternative nonviolente all’intervento armato:
- recinzioni e altre protezioni;
- sterilizzazioni;
- apprestamento di cibo in “mangiatoie” opportune e tutto quello che una fantasia e una nonviolenza esperte possono suggerire, anche recependo esperimenti realizzati in altre regioni italiane e all’estero.
[1] Rinvio a La Questione Animale, ultimo volume da me curato nel Trattato di Biodiritto diretto da Stefano Rodotà e Paolo Zatti, Milano, 2010.