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UNITÀ TEMATICA N. 2
ANIMALI

Quattro prospettive etiche: animalismo ambientalista, animalismo animalista, animalismo umanista, animalismo spirituale. Traduzioni giuridiche

Autore

Luigi Lombardi Vallauri

L’OBIEZIONE DI COSCIENZA LEGALE
ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE,
EX VIVISEZIONE

La teoria coscienzialista, la teoria contenutista

 

Inviato il 16/05/2019

La legge 413 del 1993, vanto del diritto italiano, prevede il diritto all'obiezione di coscienza (odc) contro la ieri "vivisezione", oggi - pudicamente - "sperimentazione animale". Viene così allargato l'esclusivissimo club delle due sole odc legali: al servizio militare e alle pratiche mediche di interruzione della gravidanza. Il saggio analizza in profondità la struttura delle tre odc canoniche e critica la teoria coscienzialista pura, secondo cui la legge 413 tutelerebbe non il bene animale ma solo la coscienza dell'obiettore. Le conseguenze teoriche e pratiche sono fondamentali.

 




da Luigi Lombardi Vallauri, Scritti animali, Capitolo IX, Gesualdo Edizioni, Gesualdo 2018.

 

1.Scienza” e “fede”

 

L’incredula costernazione, la rabbia, lo sdegno, il disprezzo che merita la mente degli scienziati vivisettori privi di orrore e di scrupoli per le cose che facevano[1] mi sembra superabile solo dall’incredula costernazione, dalla rabbia, dallo sdegno, dal disprezzo per la mente di quei pontefici e teologi che si sono conferiti l’autorità solenne di giustificare in nome di Dio il trattamento degli animali come cose senzienti da usare, uccidere, far soffrire a volontà. Il Pio IX che proibiva la creazione di un ufficio di protezione degli animali a Roma, sulla base del principio tomistico che gli uomini hanno dei doveri solo verso i loro simili e non verso gli animali[2]; il Pio XII che invitava le maestranze del mattatoio di Roma a «non lasciarsi impressionare dai gemiti delle bestie, più che dai colpi di maglio sui metalli roventi»[3] sono due anelli di una millenaria catena di insensibilità, errore, sopruso autoritario in materia etica. Il fisiologo francescano Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, avrebbe, forte del duplice magistero, saputo riunire in sé la duplice barbara cecità scientista e cattolica: «C’è ben poco di quanto ha fatto Bernard che non sia stato ripetuto da questo famoso “padre” francescano nelle dimostrazioni ai discepoli, ai quali insegnava la “ginnastica del silenzio”, ossia il taglio delle corde vocali delle vittime, perché la gente di fuori “non capisce”»[4]. Il fatto che la massima autorità etica dell’Occidente, il “Dio” dei tre monoteismi ebraico, cristiano e islamico, abbia gradito, comandato, l’eccidio anche atroce di animali e di uomini[5] insegna per sempre che né in cielo né in terra esistono autorità etiche alle quali delegare il giudizio; l’etica deve ignorare il principio di autorità; l’etica è un paesaggio intellettuale razionale, interamente costituito da tesi e argomenti[6]. Gli argomenti teologici non sono rilevanti[7]. Sono invece rilevanti, e probanti, gli argomenti scientifici (anatomici, etologici) e di comune esperienza a favore della tesi – confermata del resto dalla ratio scientifica stessa della pratica vivisettrice che non avrebbe senso effettuata su entità totalmente diverse dagli uomini – della tesi, dicevo, che gli animali considerati dalla l. n. 413/1993, ossia i vertebrati e segnatamente i mammiferi, sono suscettibili di provare, in forme anche estreme, angoscia e dolore. Ed è ugualmente ben fondata, sul piano filosofico, la tesi che i suscettibili di angoscia e dolore, di subire danno sentito, meritano tutela[8].

 

2. Il club delle obiezioni

Sono dunque scientificamente e filosoficamente ben fondate le numerose norme legislative volte a ridurre l’angoscia, il dolore, il danno sentito[9] inerenti al trattamento umano degli animali. E dunque è ben fondata, sotto il profilo del bene oggettivo protetto, la l. n. 413/1993 sull’obiezione di coscienza alla ieri “vivisezione”, oggi – pudicamente – “sperimentazione animale”.

Oltre che ben fondata, questa legge, una volta tanto non recezione di eurodirettive, ma abbastanza originalmente italiana, è – per collocazione sistematica nell’ordinamento – altamente significativa. Essa infatti viene ad allargare l’esclusivissimo club (prima di lei, due membri) delle obiezioni di coscienza (odc) legalmente riconosciute: quella al servizio militare (l. 15 dicembre 1972, n. 772; l. 8 luglio 1998, n. 230), quella alle pratiche mediche di interruzione volontaria della gravidanza (l. 22 maggio 1978, n. 194). Prima della l. n. 413/1993 si poteva sostenere, e io stesso ho sostenuto, che le odc legali rientravano tutte nell’area coperta dal “principio generale dell’ordinamento giuridico” (cfr. art. 12 disp. prel. cod. civ.) «non uccidere esseri umani». Lo strumento eccezionalissimo dell’odc legale risultava allora strettamente confinato nel, ma anche coestensivo al, perimetro assiologico della protezione del bene altissimo vita umana: con ciò forse perdendo (in base al citato principio) il suo carattere di “eccezionalità” ai sensi dell’art. 14 disp. prel. cod. civ. e divenendo quindi utilizzabile analogicamente, in particolare contro l’embrionicidio in vitro e l’embriotrofia letale[10].

Con la l. n. 413/1993 l’inflizione di afflizione agli animali, in quanto prima e unica condotta legalmente obiettabile non consistente in una soppressione di vita umana, si vede dunque riconosciuto un rango negativo molto alto; per converso la non sofferenza grave, il non danneggiamento grave degli animali assumono un molto alto rango positivo, forse addirittura di bene almeno prima facie bilanciabile con la vita e la salute umane.

Sembra infatti plausibile che la giustificazione delle pratiche vivisettrici, nell’ordinamento italiano come modificato dal corpus delle leggi anti-dolore-animale degli ultimi decenni, non possa più trovarsi in qualunque interesse umano solo perché umano, per esempio nella futile cosmesi o nel mostruoso studio, fine a se stesso, del dolore animale estremo[11] e forse nemmeno nella difesa dell’ambiente e della salute di altri animali, ma possa solo trovarsi negli interessi/diritti umani alla vita e alla salute, entrambi di rango costituzionale.

Il ragionamento sarebbe di questo tipo: la sperimentazione animale è indispensabile a tutelare la vita e la salute umane; essa quindi rientra tra i doveri inderogabili di solidarietà previsti dall’art. 2 Cost., tra i servizi essenziali che lo Stato (per es. ex art. 32 Cost.) deve comunque assicurare; se la legge ammette l’odc all’adempimento di un dovere costituzionalmente inderogabile, ebbene può farlo solo per tutelare un bene di rango altissimo, paragonabile a quello dei beni che l’odc rischia di ledere.

La struttura delle tre odc canoniche sarebbe allora uniforme: un bene altissimo (rispettivamente la difesa militare della Patria, la vita/salute della donna gravida, la vita/salute umana in genere), tutelato dalla norma legale che funge da “regola”, confligge con un altro bene altissimo (rispettivamente la vita del nemico, la vita del concepito, la non sofferenza/il non danno dell’animale), tutelato dalla norma legale che, introducendo l’odc, funge da “eccezione”. Tre strutture parallele, identicamente impostate su due livelli. Il bene – non sofferenza/non danno – dell’animale verrebbe bilanciato, nella terza struttura, con il bene vita/salute umana in genere; verrebbe accolto, sia pure come minor, in un quartetto di beni oggettivi altissimi: accanto a Patria, vita umana, salute umana.

 

3. La teoria coscienzialista

Chi trovi inaccettabile questa linea interpretativa della legge, che la vede fondata sul bene oggettivo protetto, ne proporrà verosimilmente un’altra, che la vede fondata invece sul bene/valore soggettivo: la coscienza umana, la sua costitutiva libertà di orientarsi, il suo inviolabile diritto di esprimersi, la dignità ontologica suprema della persona umana. La legge tutelerebbe – a fronte della vita e della salute oggettive umane – la soggettività umana. Sarebbe la dignità dell’obiettore, non quella dell’animale, a essere protetta dall’odc legale.

La seconda linea interpretativa si trova corroborata anche testualmente dall’art. 1 della legge, che parla di «obbedienza alla coscienza, nell’esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione» riconosciute dai grandi testi giuridici internazionali.

Portando al limite questa linea interpretativa, si potrebbe sostenere che la l. n. 413/1993 non fa corpo (anzi, corpus) con le leggi sopra ricordate di protezione degli animali, e segnatamente con il d.lgs. n. 116/1992 in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici, ma fa corpus con i grandi testi internazionali appena menzionati e, nella Costituzione italiana, con norme quali gli artt. 2 (diritti inviolabili dell’uomo), 19 (diritto di professare liberamente la propria fede religiosa), 21 (diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero); ancora più profondamente e comprensivamente, l’odc della l. n. 413/1993 discenderebbe, come corollario, dal supremo principio personalistico che fonda, permea, interpreta ogni norma dell’ordinamento; principio che in caso di contrasto è chiamato a correggere non solo la legislazione ordinaria, ma la stessa Costituzione, consentendo, al limite, di individuare norme costituzionali anticostituzionali.

In questa ipotesi la l. n. 413/1993 si limiterebbe a esplicitare, con riferimento a un caso tra tanti, quello che già si sapeva in generale: ossia che la Costituzione e i grandi testi internazionali recepiti con valore paracostituzionale nell’ordinamento italiano positivo, riconoscendo la libertà di coscienza della persona come diritto umano inviolabile, conferiscono per ciò stesso a ogni cittadino il diritto di formulare odc a qualunque legge, o comando legalmente valido, contrastante con le convinzioni personali profonde.

Propongo di chiamare “contenutista” la teoria dell’odc come concessione eccezionale, riservata volta per volta al legislatore ordinario, senza la cui esplicita “interposizione” costituirebbe un illecito in molti casi penale; concessione che per la sua eccezionalità non potrebbe essere motivata che in base all’eccezionale rilevanza dei contenuti (beni, valori) protetti appunto, in contrasto con la legge “regola”, mediante odc.

E propongo di chiamare “coscienzialista” la teoria dell’odc come diritto soggettivo di rango costituzionale, spettante, in base al principio personalistico della libertà di coscienza, nei confronti di ogni legge, senza bisogno di esplicita, singola concessione legislativa. Secondo questa teoria, recente ma autorevole e che sembra guadagnare terreno[12], non eccezionalmente, ma in tutti i casi e in linea di principio la coscienza anche di un unico, isolato cittadino prevarrebbe, dentro il minuscolo ma inviolabile perimetro di sua competenza, sulla volontà pubblica sovrana espressa dal Parlamento. Tra la coscienza e la legge (come, secondo il famoso brindisi del cardinale Newman, tra la coscienza e il papa) prevarrebbe la coscienza. Nessuna legge potrebbe imporre al singolo, comandando o anche vietando[13], di andare contro coscienza. Legge e coscienza non si fronteggerebbero come grandezze antagoniste, viste l’una con favore, l’altra con disfavore tranne casi rarissimi, dall’ordinamento giuridico; ma si confronterebbero come grandezze complementari di pari rango, di pari normalità e normatività, sia pure in diversi ambiti e con diversi effetti e diversa portata. S’invertirebbe l’onere della prova: non già l’odc avrebbe bisogno di una legge apposita per dimostrare la propria giuridicità/costituzionalità, bensì dovrebbe dimostrarsi conforme alla Costituzione e ai principi supremi dell’ordinamento, allegando inviolabili diritti e inderogabili doveri, quella legge che – eccezionalmente! – escludesse l’odc nei propri confronti. Il diritto all’odc sarebbe universalmente presunto[14].

Il filosofo del diritto farà qui un momento di sosta – quasi stupefatto dall’audacia filosofica della storia – di fronte alla visione dell’ordinamento giuridico positivo dischiusa dal principio della pari dignità costituzionale di legge e coscienza: è come se l’architettura terrestre del diritto divenisse ubiquitariamente traforata di cielo, recependo nella struttura stessa il grido di Antigone.

 

4. Difficoltà del coscienzialismo

Sebbene io senta in pieno l’impatto del fascino del coscienzialismo assoluto, non posso non segnalare difficoltà e paradossi, almeno su due versanti.

Su un primo versante diverrebbero superflue (verrebbero, in certo modo, abrogate) tre leggi altamente significative, costate storiche battaglie. I beni/valori difesi da queste leggi (la vita del nemico, la vita del concepito, il non-dolore/l’integrità/la vita dell’animale) sarebbero indifferenti, almeno per quanto riguarda le tre leggi, all’ordinamento giuridico. Una volta riconosciuto il diritto all’odc come un diritto costituzionale generale, le leggi cadrebbero dall’ordinamento come tre rami secchi, i tre “grandi rifiuti” messi in risalto dal legislatore storico si appiattirebbero nella Flatlandia[15] dai contorni indefiniti dei rifiuti costituzionalmente opponibili a qualsiasi legge dello Stato. In particolare la l. n. 413/1993 decadrebbe a ridondante gesto retorico, un patetico riproteggere la coscienza umana già protetta in ben più alto e centrale loco che in una periferica legge ordinaria. Tutto ciò sembra anti-intuitivo, come sembra ermeneuticamente problematico, in generale, concludere all’inutilità delle leggi interpretate.

Conseguenza del coscienzialismo puro sarebbe che la ratio contenutistica delle tre leggi non potrebbe essere utilizzata, insieme con quella di altre norme tutelatrici degli stessi beni/valori, per formare, via interpretazione sistematica, “principi generali” ai sensi dell’art. 12 disp. prel. cod. civ. In particolare la l. n. 413/1993, non concernendo il dolore e il danno degli animali, non costituirebbe in nessun modo un argomento induttivo a favore di un principio generale “non far soffrire/non danneggiare (inutilmente) gli animali”, principio che andrebbe desunto in toto dal corpus delle leggi animaliste, con cui la l. n. 413/1993 nulla avrebbe in comune.

Anche questo è controintuitivo.

Su un secondo versante il coscienzialismo puro, comportando, come abbiamo visto, la presunzione generale di obiettabilità, imporrebbe al legislatore o all’interprete l’onere della prova della non obiettabilità di un numero indefinito di prescrizioni legislative, per esempio di tutte e ciascuna le norme penali. Non è impensabile che individui o gruppi si ritengano, in coscienza, autorizzati/obbligati a compiere furti, rapine, distrazioni di pubblico denaro, occupazione di immobili pubblici o privati, al limite omicidi, in vista di una più alta, “rivoluzionaria”, giustizia; non è impensabile che credenze e tabù religiosi impongano comportamenti omissivi o commissivi che per il diritto statale configurano reati o comunque attentati a precetti importanti; non è impensabile che mafiosi arcaici e altri adepti di subculture obbediscano in coscienza a codici morali incompatibili con quelli incorporati nelle norme giuridiche statali e internazionali. Non c’è praticamente norma nei confronti della quale sia impensabile una – autentica, non pretestuosa – odc. Il legislatore, pena l’incostituzionalità, dovrebbe dare lui la prova della non obiettabilità di ogni sua legge; e la prova sarebbe laboriosa, perché la libertà di coscienza e di manifestazione del pensiero è un valore di rango altissimo, che può inchinarsi solo a valori costituzionalmente ancora più alti.

 

5. Coscienza e bene animale

Tutto questo crea grande imbarazzo. Bisogna trovare una soluzione che salvi sia il principio del valore altissimo della libertà di coscienza, sia – insieme – il principio che ha come valore la coscienza ispirata a veri valori[16].

Ora, mentre la legge democratica non manifestamente anticostituzionale può presumersi ispirata a veri valori, non altrettanto può dirsi di ogni libera manifestazione di coscienza di privati. La soluzione equilibrata sembra dunque consistere nel presumere la fondatezza dell’odc prevista da una legge, e nel concedere la più ampia facoltà di prova (ma pur chiedere la prova) della fondatezza valoriale dell’odc sine lege. Questa soluzione toglie l’assurdo dell’obbligo fatto al legislatore di argomentare norma per norma la non obiettabilità prima ancora che un’obiezione si sia manifestata, e toglie l’altro assurdo dell’odc oziosa formulabile a volontà. Si profila un arricchimento interattivo tra coscienza pubblica, espressa nella legge democratica, e coscienza privata richiesta di argomentare seriamente il proprio rifiuto di obbedire.

Se si accetta questa linea, che contempera contenutismo e coscienzialismo, la l. n. 413/1993 non è superflua: è una conferma molto significativa, direi eccezionalmente significativa, della rilevanza molto alta del bene non-dolore/integrità/vita animale nell’ordinamento italiano. È vero che l’art. 1 fa riferimento principale ai diritti della coscienza obiettante, ma probabilmente per motivi tattici, temendo i suoi estensori che un riferimento al bene animale come bilanciabile col bene umano indebolisse il consenso; in ogni caso si tratta non di coscienza in genere, ma di coscienza che rifiuta la sperimentazione animale; e conosciamo ormai gli esiti paradossali cui condurrebbe il coscienzialismo puro. Quella rilevanza, già ben desumibile dal corpus delle altre leggi animaliste, riceve, con l’odc opponibile anche contro una sperimentazione animale ipotizzata utile alla salute/vita umana, una consacrazione più alta, che rende il bene animale, almeno nel perimetro della coscienza, legittimamente bilanciabile con il bene costituzionalmente superprotetto della salute/vita umana. È questo per noi il punto centrale.

 

6. Corollari

Stabilito – con forza, mi sembra – il punto centrale non è difficile derivarne alcuni corollari.

      Lesioni del bene animale gravi come la sperimentazione e l’uccisione previste dal d.lgs. n. 116/1992 appaiono giustificabili solo in vista di seri, se non vitali, interessi umani. Tra questi non sembrano rientrare né la conoscenza fine a se stessa della fisiologia animale né tanto meno l’esplorazione “scientifica” dei limiti estremi della sofferenza animale. Più generalmente, la l. n. 413/1993 non può non pesare in senso ulteriormente restrittivo sui limiti posti dal d.lgs. n. 116/1992 alla sperimentazione animale e sull’orientamento “giurisprudenziale” del ministro nel concedere eccezioni (le deroghe).

Unica giustificazione della sperimentazione animale essendo la sua utilità per la salute e la vita umana seriamente minacciate, l’eventuale dimostrazione scientifica della scarsa o nulla trasponibilità dei risultati della sperimentazione animale in ambito umano avrebbe, sulla liceità giuridica della sperimentazione, un effetto devastante. Non solo la scienza, anche il diritto colpirebbe il cattivo (non bravo, non buono) scienziato. Ora, la critica scientifica alla sperimentazione animale ha già in mano, se non una dimostrazione completa, molti solidi argomenti[17].

      Lesioni del bene animale gravi come la caccia e la mattazione diventano giuridicamente molto problematiche. La caccia forse più della mattazione, perché questa presuppone lo stordimento, la caccia no. E non è chiaro perché infliggere all’animale «dolore, sofferenza, angoscia e danni durevoli» (d.lgs. n. 116/1992 passim) sia consentito al ricercatore scientifico solo eccezionalmente, in mancanza documentata di metodi alternativi (e l’uccisione dev’essere umanitaria, l’omissione dell’anestesia dev’essere autorizzata dal ministro della sanità), mentre il cacciatore può infliggere alla sua vittima dolore, sofferenza, angoscia, danni durevoli e morte senza alcuno dei limiti or ora menzionati. La libertà di crudeltà concessa al cacciatore costituisce un’anomalia giuridica nell’ordinamento italiano come qualificato dal corpus delle leggi animaliste potenziato dalla l. n. 413/1993.

      Lesioni del bene animale gravi come il sacrificio religioso ebraico e islamico, due tra le residue mattazioni che possono essere compiute legalmente senza stordimento, costituiscono anch’esse un’anomalia giuridica.

Sicuramente né la caccia né il sacrificio monoteista sono veramente utili alla salute e alla vita umane, unico bene serio che l’art. 727 cod. pen., il d.lgs. 116/1992 e la l. n. 413/1993 consentirebbero di bilanciare con lesioni gravissime del bene animale, superando in qualche modo l’anomalia.

      L’anomalia giustifica l’analogia, intendo l’estensione dell’odc legale dalla sperimentazione della l. n. 413/1993 ad altre fattispecie analoghe, ossia ad altre condotte crudeli o dannose quali appunto la caccia, il sacrificio monoteista e per alcuni aspetti la stessa mattazione. Infatti, come abbiamo visto, la l. n. 413/1993 contribuisce a rafforzare il già solido principio generale “non far soffrire/non danneggiare (inutilmente) gli animali”. Posto questo principio, l’autorizzazione all’odc prevista nella l. n. 413/1993 non può ritenersi norma “eccezionale”, da “non applicarsi oltre i casi considerati nella legge stessa” (ex art. 14, disp. prel. cod. civ.), perché appunto rientra nel principio. Dunque può applicarsi oltre il caso previsto. E dunque alla caccia, al sacrificio, per certi aspetti alla mattazione. Questo argomento, di linea “contenutistica”, è rafforzato dagli argomenti invocabili a favore della linea “coscienzialista”, che non ha nemmeno bisogno di leggi da sfruttare analogicamente e che anzi – portata al limite – rende “eccezionale” la non obiettabilità di qualunque legge o condotta legale.

      Non so immaginare in concreto le fattispecie: guardie di parchi protetti, o di riserve, che si rifiutano di uccidere animali ecologicamente eccedentari? rabbini o altri sacrificatori monoteisti che si rifiutano di immolare? veterinari che si rifiutano di uccidere animali pericolosi per la produzione? Tutti, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 413/1993 («Nessuno può subire conseguenze sfavorevoli per essersi rifiutato di praticare o cooperare all’esecuzione della sperimentazione animale»), esigendo di conservare il posto vuoi di guardia, vuoi di rabbino, vuoi di veterinario? Aspettiamo i casi proposti dalla realtà. In linea di diritto le odc menzionate sono proponibili senza l’onere della prova della loro fondatezza valoriale, fondatezza che si desume dalla ratio della l. n. 413/1993 e dal principio generale animalista.

      Un ultimo corollario, o un’ultima glossa. Là dove l’odc, generalizzandosi, mettesse a repentaglio beni essenziali, oggetto di doveri inderogabili, quali la difesa della Patria ai sensi art. 52 Cost. o la salute e la vita della donna ai sensi della l. n. 194/1978 sull’aborto, la stessa odc legale potrebbe diventare problematica; e lo Stato dovrebbe comunque assicurare la tutela di quei beni, l’adempimento di quei doveri. Se, nonostante il potenziamento delle ricerche alternative previsto sia dal d.lgs. 116/1992 che dalla l. n. 413/1993, la sperimentazione animale risultasse davvero indispensabile alla salute/vita umana, lo Stato dovrebbe in teoria garantirne l’espletamento – per usare i termini dell’art. 9 della legge sull’aborto – anche attraverso la mobilità del personale. Ma probabilmente la sperimentazione animale non è indispensabile alla tutela della salute/vita umana; e certamente l’odc ex l. n. 413/1993 non rischia al momento di generalizzarsi. Quanto alla caccia, al sacrificio monoteista e alla stessa mattazione ordinaria, sicuramente la loro scomparsa per odc generalizzata non metterebbe a repentaglio beni essenziali, oggetto di doveri inderogabili. Lo Stato non dovrebbe quindi assicurare a ogni costo, “anche attraverso la mobilità del personale”, la caccia, il sacrificio monoteista e la mattazione.

 

7. Glosse 2012

Sulle obiezioni di coscienza

 

1. Come precisa B. Randazzo, Obiezione di coscienza (dir. cost.), in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, vol. IV, Milano, Giuffrè, 2006, le figure di obiezione di coscienza espressamente previste dalla legge ordinaria sono quattro: al servizio militare, all’interruzione volontaria della gravidanza, alla sperimentazione animale e alla procreazione medicalmente assistita (art. 16, l. n. 40/2004). Mentre, fino al 2004 l’obiezione di coscienza alla vivisezione si trovava in compagnia di due obiezioni a togliere la vita, dopo la l. n. 40/2004 si trova anche in compagnia di un’obiezione a dare la vita: il rifiuto, secondo coscienza, di uccidere, è stato affiancato dal rifiuto, secondo coscienza, di far nascere. Ora, considerando che la sperimentazione animale implica praticamente in tutti i casi non solo l’inflizione di dolore e il maltrattamento, ma anche l’uccisione dell’animale, con lieve forzatura si può confermare che le prime tre obiezioni legali erano accomunate dal principio nonviolento del rifiuto di uccidere (il nemico, l’embrione umano, l’animale). In questo quadro, l’obiezione di coscienza medica alla fecondazione, voluta dalla gerarchia cattolica italiana, sembra costituire un’anomalia.

 

2. Con la sostituzione del servizio militare volontario professionale al vecchio servizio militare obbligatorio (l. n. 231/2000 e d.lgs. n. 115/2001) è caduto, nella normalità dei casi, il motivo per compiere l’obiezione di coscienza prevista dalle ll. nn. 772/1972 e 230/1998. Tuttavia rimangono validi e interessanti i principi ispiratori dell’obiezione e del suo riconoscimento giuridico; e rimangono due ipotesi eccezionali in cui essa potrebbe ancora sensatamente esercitarsi. Infatti l’art. 2, comma 1, lett. f), l. n. 231/2000 prevede, accanto al normale reclutamento di volontari di truppa, il ricorso a «personale da reclutare su base obbligatoria, salvo quanto previsto dalla legge in materia di obiezione di coscienza, nel caso in cui il personale in servizio sia insufficiente [...], nei seguenti casi: 1) qualora sia deliberato lo stato di guerra ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione; 2) qualora una grave crisi internazionale nella quale l’Italia sia coinvolta [...] giustifichi un aumento della consistenza numerica delle Forze Armate»; e l’art. 7 d.lgs. n. 215/2001 dopo avere stabilito, al comma 1, che «il servizio obbligatorio di leva è sospeso a decorrere dal 1° gennaio 2007», dispone, al comma 3, che «nei casi previsti dall’articolo 2, comma 1, lettera f), della legge 14 novembre 2000, n. 231, il servizio di leva è ripristinato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri». Qualora, dunque, non sia possibile colmare le vacanze di organico mediante il reclutamento o il richiamo di volontari, e nei soli casi di stato di guerra o di grave crisi internazionale, il ritorno a un (circoscritto) servizio militare obbligatorio potrebbe ancora giustificare una (circoscritta) obiezione di coscienza legale, tuttora vigente nell’ordinamento giuridico italiano.

 

Caccia e pesca

Nel par. 6 la caccia è ritenuta più problematica, eticamente e giuridicamente, della mattazione. Ora, è vero che la caccia e la pesca comportano l’uccisione degli animali senza lo stordimento previo, e in questo senso sono più crudeli della mattazione. Ma bisogna aggiungere che il maltrattamento è, nell’insieme, minore: i selvatici vivono una vita quasi secondo natura (dico quasi perché spesso non mancano i disturbi antropici), certamente preferibile alla pseudo-vita degli animali da macello negli allevamenti intensivi. La contraddizione con i principi generali del rispetto della vita e del benessere degli animali è forse più grave nel caso della mattazione.

Alcuni altri asserti del par. 6 andrebbero ritoccati in base alla normativa entrata in vigore dopo il 2001. Soprattutto il Titolo IX-bis del codice penale e l’art. 13 del Trattato di Lisbona rafforzano molto il corpus delle leggi di tutela degli animali, e conseguentemente le considerazioni riconducibili a un’interpretazione sistematica delle fonti. Ne esce consolidata quella che ho chiamato teoria “contenutista” dell’odc alla sperimentazione animale, e indebolita la teoria “coscienzialista”. Si è molto allargata la base sulla quale costruire il principio generale, che formulavo nel par. 4, “non far soffrire/non danneggiare (inutilmente) gli animali”.

 

Vivisezione

Imperatrice nuda di Hans Ruesch, che ho citato alla nota 1, è ancora oggi insostituibile per la ricchezza informativa, il valore scientifico, l’altezza morale, la lucidità filosofica e psicologica della denuncia. Infatti l’editore Rizzoli, che l’aveva distribuito nel gennaio del 1976, fu costretto dall’establishment chimico-farmaceutico a ritirarlo dalla circolazione, fingendolo esaurito, già due settimane dopo l’uscita in libreria. La vicenda è ricostruita da Ruesch nella nuova edizione ampliata, Civis, 1989. Imperatrice nuda appartiene a quella forse ventina di libri sull’orrore dell’umano che tutti dovrebbero conoscere.

 

Effettività

Un’ultima glossa deve riguardare l’effettività della l. n. 413/1993, che può suddividersi, secondo gli ambiti, in effettività giudiziaria, amministrativa e negoziale.

Riproduco, per comodità, le norme in questione:

- Art. 3, comma 5: «Tutte le strutture pubbliche e private legittimate a svolgere sperimentazione animale hanno l’obbligo di rendere noto a tutti i lavoratori e gli studenti il loro diritto ad esercitare l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale. Le strutture stesse hanno inoltre l’obbligo di predisporre un modulo per la dichiarazione di obiezione di coscienza alla
sperimentazione animale a norma della presente legge».

- Art. 4, comma 3: «Nelle università gli organi competenti devono rendere facoltativa la frequenza alle esercitazioni di laboratorio in cui è prevista la sperimentazione animale. All’interno dei corsi sono attivate [...] modalità di insegnamento che non prevedano attività o interventi di sperimentazione animale per il superamento dell’esame. Le segreterie di facoltà assicurano la massima pubblicità del diritto all’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale».

I più recenti dati disponibili risalgono al 2004, come risulta da una tesi di laurea che ho seguito nel 2007 e da un mio controllo 2010 presso il competente ufficio LAV. Effettività giudiziaria: nessuna condanna per atteggiamenti omissivi nell’applicazione della legge. In particolare una denuncia-querela presentata al Procuratore della Repubblica di Perugia nei confronti del rettore e dei presidi delle principali facoltà scientifiche di Perugia risultava, dopo oltre due anni, non archiviata ma priva di seguito processuale (l’addebito era omissione di atti di ufficio). Effettività amministrativa: nel 2004, secondo un’indagine della LAV, poteva presumersi che il 70% delle facoltà scientifiche italiane avesse dato attuazione al disposto dell’art. 4, comma 3, ma solo nella parte relativa all’obbligo di pubblicità; i dati concernenti le strutture non universitarie erano mancanti, ma presumibilmente del tutto negativi. Una lettera-diffida inviata dalla LAV a tutti i rettori e presidi delle facoltà scientifiche italiane otteneva ventiquattro risposte su quarantotto atenei; solo sette si dimostravano già adempienti, altri quattordici sembrano avere adempiuto in seguito alle sollecitazioni della LAV. Effettività negoziale: non è stato possibile raccogliere alcun dato sul numero di obiezioni di coscienza, nemmeno di quelle dichiarate presso le facoltà universitarie.

Gli sviluppi prevedibili sono, forse: a) una modesta ma costante crescita del numero delle obiezioni, in conseguenza di una sensibilizzazione etica e scientifica propiziata anche dal diritto animale; b) una modesta ma costante decrescita delle occasioni di obiettare propiziata dall’affermarsi dei metodi sostitutivi.

 

 

 

[1] Si v. H. Ruesch, Imperatrice nuda, Milano, 1977; estratti in I diritti degli animali, a cura di Silvana Castignone, Bologna, 1985, pp. 67-75; D.G. Mayo, Contro una giustificazione scientifica della sperimentazione su animali, in Etica e animali, a cura di Luisella Battaglia, Napoli, 1998, pp. 293-328; Vivisezione: gli animali sperimentali nella ricerca scientifica e nella vita quotidiana, a cura di Franco Travaglini, Roma, 1992, con ampia bibliografia.

[2] A. Linzey, Teologia animale: i diritti animali nella prospettiva teologica, Torino, 1998, p. 18 e nota 75.

[3] P. Zeller, Immagini della natura: pensare ed insegnare l’ambiente, Bari, 1994, p. 81.

[4] Stando al resoconto di H. Ruesch, Imperatrice nuda, cit., p. 73. Ancora su Gemelli: Mannucci in Vivisezione, cit., pp. 68 ss., che cita anche i numeri 1288 e 1290 di “Civiltà cattolica” del 1904. Sui tomisti (Taparelli d’Azeglio, Cathrein) e su altre prese di posizione cattoliche recenti si v. la nota 25 a p. 86 del bellissimo doppio volume I filosofi e gli animali, a cura di Gino Ditadi, Este, 1994.

[5]Rinvio al mio Sul significato di eventi non accaduti, in Aa.Vv., Interpretazione del sacro e interpretazione giuridica, in “Ars interpretandi”, 1999, 4, pp. 201-214 (sull’Antico Testamento); Id., La violenza istituzionale cristiana: storia o essenza?, in “Filosofia e teologia”, 1999, 2, pp. 321-330.

[6]Ne parlo in Un’etica sola, laica-universale?, in Bioetica”, 1994, 1, pp. 138-143.

[7] Patetica, anche se ben intenzionata, l’intrapresa di Linzey di derivare i diritti animali, come “teodiritti”, «dalla dottrina tradizionale di Dio come Padre, Figlio e Spirito Santo», ritenuta la sola capace di fornire argomenti davvero probanti contro la sperimentazione animale (A. Linzey, Teologia animale, cit., passim, in particolare cap. 6).

[8]Abitare pleromaticamente la Terra in Aa.Vv., Il meritevole di tutela. Studi per una ricerca coordinata da Luigi Lombardi Vallauri, Milano, 1990, in particolare le pp. LXXIV-LXXXVI.

[9] Per la distinzione tra dolore e danno: L. Battaglia, Etica e diritti animali, Roma-Bari, 1997, in particolare le pp. 95-106.

[10]Si v. il mio contributo in Bioetica, potere, diritto (1984), ora in Terre, cit., in particolare le pp. 139-145.

[11] Si v. le opere citate supra, nota 1.

[12] A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, voce del “Digesto IV ed., Disc. pubbl.”, X, Torino, 1995, pp. 240-261; V. Turchi, Obiezione di coscienza, voce del “Digesto IV ed., Disc. priv.”, sez. civ., XII, Torino, 1995, pp. 518-551. Nello stesso senso S. Grassi, Il servizio civile per un nuovo modello di cittadinanza, in Aa.Vv., Studi in onore di Leopoldo Elia, Milano, 1999, pp. 685-706: «La libertà di coscienza del cittadino diventa un presupposto dell’intero ordinamento», «un elemento costitutivo di un “patto di cittadinanza” più rispettoso delle ragioni della coscienza di tutti e dunque elemento di coesione sociale e politica» (ivi, p. 692 e, citando Rodotà, p. 699).

[13] È pensabile, oltre che la consueta odc omissiva a un ordine di fare, un’odc commissiva a un ordine di non fare: T. Maunz-G. Dürig-R. Herzog, Kommentar zum Grundgesetz, art. 4, § 140.

[14] Così Guerzoni citato da A. Pugiotto, Obiezione, cit., nota 27.

[15] Romanzo di Edwin A. Abbott (1838-1926), che narra di un mondo bidimensionale. Pubblicato in Italia da Adelphi, 1996, Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni.

[16] S. Grassi, Il servizio civile, cit., p. 695: «L’obiezione di coscienza trova il suo fondamento non soltanto nella libertà della coscienza ma nei valori che il cittadino tende ad affermare»; p. 697: «la tutela della coscienza deve essere equivalente a quella accordata ai diritti dell’uomo, e cioè “una tutela proporzionata alla priorità assoluta ed al carattere fondante ad essi riconosciuti nella scala dei valori espressi dalla Costituzione italiana” (sentenza n. 467 del 16 dicembre 1991, A. Baldassarre). Ma la Corte riconosce la necessità della “delicata opera del legislatore diretta a bilanciarla con contrastanti doveri o beni di rilievo costituzionale” (ibidem)».

[17]Si v. i lavori di (e citati in) D. G. Mayo, Contro una giustificazione scientifica della sperimentazione su animali, in L. Battaglia (a cura di), Etica e animali, e F. Travaglini (a cura di), Vivisezione, cit., supra, nota 1.